domenica 22 novembre 2020

Valentin M. Berezhkov - IN MISSIONE DIPLOMATICA DA HITLER - CEI 1963 - £ 2.000





http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/russia/3223834/Stalin-planned-to-send-a-million-troops-to-stop-Hitler-if-Britain-and-France-agreed-pact.html

martedì 22 settembre 2020

Curzio Malaparte - MALEDETTI TOSCANI - Vallecchi - 1967


Com'è toscanamente irritante quell'ostentato politically incorrect, Maledetti toscani  pamphlet del 1956, com'è sfacciatamente esibito quella forma di parcellizzazione di un campanilismo atavico,  ma quanto ce lo rende simpatico questo suo voler essere a tutti costi contro, contro tutti, anche contro se stesso. 

Curzio Malaparte, pseudonimo di Kurt Erich Suckert (1898-1957) giornalista, scrittore, regista,  è uno di quei personaggi del secolo scorso la cui opera non si esaurisce nei libri scritti o nelle opere lasciate alla posterità, ma che hanno fatto della loro vita un'opera d'arte.

lunedì 29 giugno 2020

Albertine Simonet - L'INCOMPRESA - Editori Indipendenti -









«Tranquillo, non è il solito romanzetto rosa» mi disse l'anziana signorina della libreria, porgendomi il volume, e anticipando il  rifiuto che aveva letto nella mia espressione, «se le è piaciuta la Sagan, vedrà, la Simonet è ancora più pungente e ironica». A me la Sagan non era piaciuta affatto, forse perché leggendola molti anni dopo il suo clamoroso esordio, non ne avevo colto la carica dissacratoria di quel mondo borghese ipocrita, appena uscito dalla guerra.

«La Simonet è vissuta in una Parigi diversa da quella della Sagan, una Parigi favolosa, alla fine della Belle Époque». La simpatica signorina di mezza età che gestiva la piccola libreria in Prati, doveva avermi scelto come suo lettore ideale, da plasmare secondo i suoi gusti letterari; forse suggestionata da alcuni libri di poesia che avevo acquistato nelle mie prime visite, ed ogni volta che entravo da lei, mi proponeva qualcosa che dovevo assolutamente leggere. Un po' per debolezza, un po' per cortesia e un po' anche per non deludere l'immagine che doveva essersi fatta di me, acquistavo senza fiatare le sue proposte di lettura, senza grosse delusioni veramente, ma anche senza scoperte clamorose: la verità è che cominciavo a stancarmi di questa forma di condizionamento.

 «No, non credo che possa interessarmi» le dissi, restituendole il libro che avevo svogliatamente sfogliato, «non è il mio genere». Mi guardò con aria divertita: «E qual è il suo genere?» mi chiese interessata, senza alcun intento ironico. Bella domanda, mi dissi, qual è il mio genere? La mia passione per la lettura era cresciuta in modo spontaneo e disordinato, senza nessuna regola, neanche quella ingenua che aveva formato il mio idolo di adolescente, Martin Eden: cioè l'ordine alfabetico.

A quel tempo amavo il linguaggio diretto e sincopato degli americani della lost generation, solo da poco, grazie a Lo Scialo di Pratolini, mi ero avvicinato agli italiani e le scoperte erano state tante e coinvolgenti.

«Albertine Simonet è un personaggio centrale di Alla ricerca del tempo perduto, di Marcel Proust. Non mi dica che non l'ha letto?» l'espressione di sorpresa, ma anche di sottinteso rimprovero con la quale mi poneva la domanda, mi lasciò sconcertato e risposi, impacciato, che i molti impegni di lavoro non mi lasciavano il tempo necessario per un'impresa così impegnativa.

 «Si, lo so, è la scusa di tutti i pigri, ma lei dà l'impressione di cercare qualcosa di più dalla lettura, che il semplice passatempo, o la curiosità. Lo so, la recherche richiede impegno, concentrazione, ma ciò che se ne riceve in cambio, ha un valore di gran lunga superiore all'impegno profuso, senza considerare il piacere di esser preso come da un incantesimo».

 Imbarazzato, quasi mi scusai per quella grave lacuna nelle mie letture, che promisi di colmare in tempi migliori.

 Per tornare al volumetto della Simonet, la gentile libraia mi raccontò, per sommi capi, la storia di quel libro. Era la ristampa di una traduzione che era uscita nei primi anni cinquanta ad opera di un letterato italiano, residente da anni a Parigi, che ne aveva curato la traduzione,  amico nientemeno di Colette. Sembra che fu Colette a spingere Albertine Simonet,  cui era legata da affettuosa amicizia, a scrivere questa autobiografia ed a curarne la pubblicazione.

 Non potei fare a meno di portarmi a casa il libro, con la segreta intenzione di regalarlo ad una mia amica, lettrice onnivora quanto accanita.

Come spesso accade, soprattutto nelle case disordinate, il libro della Simonet scomparve nel mare magnum cartaceo e da allora se ne persero le tracce, ma non dispero di ritrovarlo  ora che giudicherei preziosa quella lettura.



(La copertina è una ricostruzione di fantasia, sul ricordo di quella vista tanti anni fa)

sabato 16 maggio 2020

Guy de Maupassant - L'EREDITA' - L'Unità/Einaudi - 1996



Devo averlo già scritto tempo fà, le cose migliori Walter Veltroni le ha prodotte quand'era direttore de l'Unità. Per prima cosa divise il giornale in due fascicoli di cui il secondo, «l'Unità due», si occupava di cultura e società ed era, per me almeno, in quegli anni, più interessante che non la parte che si occupava di politica ed economia. L'altra grande innovazione di Veltroni fu quella di abbinare DVD e libri alla vendita del quotidiano, film di qualità, naturalmente, e libri particolari come questa serie, su licenza Einaudi, di  «Scrittori tradotti da scrittori ».

La società che, con il suo stile essenziale, Maupassant ritrae in questo racconto, è quella della piccola borghesia impegatizia, dove ipocrisia e opportunismo sembrano l'unico elemento unificante

venerdì 21 febbraio 2020

Ezio Sinigaglia - L'IMITAZIONE DEL VERO - TerraRossa Edizioni, 2020, € 14,00


Che felice sorpresa la lettura di questo romanzo di Ezio Sinigaglia, L’imitazione del vero.  Che ininterrotto diletto seguire le vicende di Mastro Landone nella città di Lopezia! Erano anni che la lettura di un romanzo contemporaneo non mi divertiva e coinvolgeva come questo. Merito del clima che si respira in questa narrazione, oscillante tra le Mille e una notte, Decameron e Satyricon.



Ma la sorpresa più grande è l’invenzione di un linguaggio, che è così connaturato alla storia narrata, da rendere evidente che non vi era altro modo di raccontarla che questa, un linguaggio che è, allo stesso tempo, favoloso eppure familiare, come un linguaggio ancestrale, che appartiene da sempre alla nostra cultura.



Questo l'incipit:



Viveva un tempo nella città di Lopezia un artefice di grandissimo ingegno, donde la fama oltre le mura della città ed i confini medesimi del Principato volava tanto che nei più remoti angoli della Cristianità l'eco se ne coglieva. E benché questo si fosse in effetto il mestier suo,  grave ingiuria gli si farebbe chiamandolo col nome di falegname; poiché si era bensì col legno che le sue mani costruivano, ma tali e così fatti prodigi da quelle mani uscivano, che nessuno nel legno da umana scienza costrutti crederli non poteva…




Della storia non parlo per non rovinare il piacere della scoperta, che è, come ha scritto una grande critica letteraria italiana, Mariolina Bertini, "una sollazzevole istoria del XXI secolo"