lunedì 4 gennaio 2010

ON THE ROAD di Jack Kerouac


Rileggere Sulla Strada di Kerouac trent'anni dopo. La forza che il libro trasmette è sempre fortissima, ma trova un lettore stremato, non più in grado di desiderare di mettersi la strada sotto i piedi e andare, non importa dove. Colgo una forma di disperazione, nell'inconcludente andirivieni da New York a S.Francisco, che in prima lettura non avevo colto, preso come ero dallo struggimento per il viaggio.

Trent'anni dopo, scopro in Kerouac il linguaggio poetico di un artista solitario, capace di scavare nell'interiorità umana e nel mistero dell'ignoto. Anche la parola poetica cambia: non più usa a descrivere sentimenti ma, soprattutto, per decifrare sensazioni e per illuminare l'oscuro che è in noi, utilizzando un linguaggio polisemico comprensibile solo da spiriti che riescono a percepire le stesse sensazioni.

E pagine intense:

Che cos'è quella sensazione quando ci si allontana dalle persone e loro restano indietro sulla pianura finché le si vede appena come macchioline che si disperdono?.... E' il mondo troppo vasto che ci sovrasta, ed è l'addio. Ma noi puntiano avanti verso la prossima avventura sotto i cieli.

Il romanzo chiude così:

Così in America quando il sole va giù e io siedo sul vecchio diroccato molo sul fiume a guardare i lunghi, lunghissimi cieli sopra il New Jersey e avverto tutta quella terra nuda che si svolge in un'unica incredibile enorme massa fino alla Costa Occidentale, e tutta quella strada che va, tutta la gente che sogna nell'immensità di essa, e so che nello Iowa a quell'ora i bambini stanno certo piangendo nella terra in cui lasciano piangere i bambini, e che stanotte usciranno le stelle, e non sapete che Dio è l'Orsa Maggiore?, e la stella della sera deve star tramontando e spargendo il suo fioco scintillio sulla prateria, il che arriva proprio prima della notte completa che benedice la terra, oscura i fiumi, avvolge i picchi e rimbocca le ultime spiagge, e nessuno, nessuno sa quel che succederà di nessun altro se non il desolato stillicidio del diventare vecchi, allora penso a Dean Moriarty, penso persino al vecchio Dean Moriarty, il padre che mai trovammo, penso a Dean Moriarty.


Una curiosità: On the Road, venne scritto in tre settimane, su un rotolo di carta da telex lungo 36 metri che venne battuto all'asta nel 2001 per una cifra superiore ai due milioni di ollari.

Rilevante, e rivelante, è come Kerouac vede l'insieme della sua opera; nella prefazione a Big Sur (1962) Kerouac scrive:

La mia opera forma un unico grosso libro come quella di Proust; soltanto che i miei ricordi sono scritti di volta in volta e non dopo in un letto di malato. A causa delle obiezioni dei miei primi editori non ho potuto servirmi degli stessi nomi di persona in ogni libro. Sulla strada, I sotteranei, I vagabondi del Darmha, Il dottor Sax, Maggie Cassidy, Tristessa, Angeli della desolazione, Visioni di Cody e gli altri romanzi compreso questo, non sono che capitoli dell'intera opera che io chiamo La leggenda di Dulouz. Voglio, quando sarò vecchio, riunire tutti i miei libri, reinserirvi il mio Pantheon di nomi uniformi, lasciare il lungo scaffale pieno di volumi e morire felice. L'insieme forma un'enorme commedia, veduta attraverso gli occhi del povero Ti Jean (io), altrimenti noto come Jack Dulouz, il mondo della furibonda azione, della follia, e anche della dolcezza soave, veduto attraverso quel buco della chiave che è il suo occhio.

In appendice un saggio di Fernanda Pivano: La beat generation.

A questo indirizzo si può seguire la bella, storica e struggente intervista della Pivano a un Kerouac ubriaco e infelice, come il personaggio che è la voce narrante dei suoi romanzi:
http://www.youtube.com/watch?v=snr0InN_EuU

Una bellissima recensione, che consiglio di leggere a chi fosse interessato all'argomento, è in questo sito:
http://enezvaz.wordpress.com/2009/12/01/sulla-strada-50-anni-dopo/#comment-123





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