Il poco più che ventenne
Pasolini , doveva laurearsi con una tesi sulla pittura italiana contemporanea,
con il suo docente di storia dell’arte Roberto Longhi, ma il professore, siamo
nel 1943, era stato nel frattempo sospeso dall’insegnamento dall’Università di
Bologna in seguito al rifiuto di dichiarare la sua fedeltà alla neo-nata
Repubblica Sociale Italiana e, inoltre, il materiale raccolto per la tesi era
andato perduto con le vicende dell’8 settembre.
Tornato a Casarsa, dopo
le peripezie della guerra,“lontano dagli
amici bolognesi e dubbioso sul proprio destino”, Pasolini, sfumato il progetto di una tesi sull’arte, ma
deciso comunque a concludere il percorso universitario, contatta l’amico
Luciano Serra (1920-2014) perché proponga al professor Carlo Calcaterra (1884-1952) una sua antologia critica sul
Pascoli, “l’unico suo antenato
sopportabile, fra tanto fasto (e soprattutto aspirazione al fasto) della
tradizione prossima”. Calcaterra, così
liberale e paterno con i giovani, tanto
più se apprendisti scrittori, accetta, con il consiglio di approfondire l’argomento dentro di se. La
tesi verrà discussa il 26 novembre 1945.
Di
particolare interesse, per capire gli interessi di quell’eccezionale
adolescente, l’elenco completo degli esami sostenuti da Pasolini a partire
dall’immatricolazione, nell’ottobre del 1939, al 1943.
La cosa che
maggiormente sorprende nella lettura di Antologia
della lirica pascoliana, è la maturità del suo autore, la sicurezza e la
profondità dei suoi giudizi, spesso in aperta antitesi – addirittura - con
quelli espressi da Benedetto Croce ne La
Letteratura della Nuova Italia; straordinario se si considera la giovane
età del neo laureato!
Com’è noto Croce salvava
della poesia di Pascoli solo il tono
idilliaco delle prime Myricae, bollando
le opere successive come “smancerose di
compiaciuta insistenza” e “falsa
religiosità”, “impegnato nella gestione della sua figura di poeta”, in
costante competizione con Carducci.
Al contrario Pasolini,
pur riconoscendo che il Pascoli sia autore delle più ingrate rime della letteratura italiana, ne esalta la
modernità, accostandolo a Verlain e ai simbolisti.
Scrive Pasolini:
Generalmente, sia che adoperi la lingua tradizionale, nutrita di greco e di latino, sia che scriva quasi in dialetto, testimonianza della raggiunta poesia è quello che noi moderni chiameremmo “distacco”, e che per Pascoli non è lontano dall’estetismo del D’Annunzio e dei decadenti. Il momento in cui egli raggiunge la poesia è il momento in cui egli ne è febbrilmente conscio, in cui è fuori dalla scrittura, in cui è preso unicamente dal desiderio della poesia. Allora se non possiamo dire che fa “poesia della poesia”, possiamo ben dire che fa “mito del mito” estendendo a una figura particolare e all’intera visione di un’epoca storica, la suggestione natagli in quella zona del suo cuore che era solamente poetica.
Qualche esempio
dei commenti estetici:
IX
Lontana
Cantare, il giorno, ti sentii: felice?
Cantavi; la tua voce era lontana:
lontana come di stornellatrice
per la campagna frondeggiante e piana.
Lontana si, ma io sentia nel core
che quel lontano canto era d'amore;
ma si lontana, che quel dolce canto
dentro, nel cuore, mi moriva in pianto.
Nota.
Il metro è uno fra i più tipici delle Myriacae: una quartina e due distici di
endecasillabi (abab,cc,dd). Le rime dei distici sono cuore-amore e canto-pianto.
Certo sarebbe difficile immaginarne di più ovvie. Ma in quelle parole c'è
dentro dell'aria, dello spazio, onde le sillabe si allargano in vocalità
inaspettate. Nonché chiudere, aprono il verso, lo spaziano verso un'infinità di
echi. Infatti questa lirica è musicalissima: la si potrebbe chiamare un piccolo
rondeau. Il tema musicale è nella parola lontana. Vi si notino
quelle tre vocali «o», «a», «a» di uguale valore cromatico; la vaghezza
vibrante delle consonanti «nt» prima dell'accento tonico. (Non per nulla
Leopardi annovera questa tra le parole poetiche). Il tema si sviluppa
perfettamente: sia ripetendosi uguale (lontana, lontana, lontana, campagna,
piana, lontana lontano, lontana), sia attraverso finissime modulazioni (cantare,
sentii, sentia, canto, canto, pianto). Come dicevo nell'introduzione,
questa poesia è un breve evaporato romanzo, col suo svolgimento principio-fine.
Ma se vi è assente il canto assoluto e diretto della grande poesia, è però ben
sostituito da quella sottilissima musicalità, che è il canto del Pascoli
duraturo.
Il volume, uscito
nel 1993, recuperato dall’archivio storico dell’Università, contiene, oltre la
tesi, due saggi: Pascoli e Montale del 1947, un altro su Pascoli
del 1955, e tre lettere inedite di Pasolini al Prof. Carlo Calcaterra, relatore
della sua tesi di laurea.
Purtroppo il libro è introvabile...
RispondiEliminaNonostante lo scorso anno si siano sprecate le "commemorazioni" a Pasolini - che personalmente continuo a considerare il più grande intellettuale italiano del secolo scorso, ma che ha ancora oggi tantissimo da dire - la casa editrice non ha pensato di ristampare il volume, evidentemente considerato poco "appetibile" dal pubblico odierno...
Non sorprende questo disinteresse, già i libri di poesia sono un peso insostenibile per gli editori, figuriamoci un libro che entra nello specifico della lingua poetica...! Un caro saluto Orlando.
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