L'arte del romanzo in quest'opera di Milan Kundera, pur essendo modernissimo nella struttura, raggiunge livelli di perfezione, di completezza e di bellezza formale riscontrabili solo nei grandi classici.
Come tutti i suoi romanzi, anche L'immortalità è diviso in sette parti, di cui solo la terza contiene venti capitoli, mentre le altre sei parti sono costituite da un unico capitolo. Kundera ha spiegato come i suoi romanzi siano concepiti come una composizione musicale, dove ogni parte rappresenta un movimento e ogni capitolo un tempo.
L'autore, che è per sua esplicita ammissione l'io narrante, fin dal primo capitolo ci rende partecipi del processo creativo: la protagonista, Agnes, nasce sotto i nostri occhi dall'osservazione di un gesto colto nella quotidianità intorno al quale l'autore sviluppa l'intreccio.
Questo il magistrale incipit, che val la pena di includere con tutto il primo paragrafo:
Questo il magistrale incipit, che val la pena di includere con tutto il primo paragrafo:
La signora avrà avuto sessanta, sessantacinque anni. La guardavo, steso su una sdraio di fronte alla piscina di un circolo sportivo all'ultimo piano di un moderno edificio da dove, attraverso grandi finestre, si vede tutta Parigi. Aspettavo il professor Avenarius, con il quale mi incontro lì di tanto in tanto per fare due chiacchiere. Ma il professor Avenarius non arrivava e io osservavo la signora. Era sola nella piscina, immersa nell'acqua fino alla vita, lo sguardo rivolto in su verso il giovane maestro di nuoto in tuta che le stava insegnando a nuotare. Ora lei ascoltava le sue istruzioni: doveva aggrapparsi con le mani al bordo della piscina e inspirare ed espirare profondamente. Lo faceva con serietà, con impegno, ed era come se dal fondo delle acque risuonasse la voce di una vecchia locomotiva a vapore (quel suono idillico, oggi ormai dimenticato, che per coloro che non l'hanno conosciuto può essere descritto soltanto come il respiro di un'anziana signora che inspira ed espira forte vicino al bordo di una piscina). La guardavo affascinato. Ero attratto dalla sua comicità commovente (anche il maestro l'aveva notata, perché ad ogni istante gli si contraeva un angolo della bocca), ma poi qualcuno mi rivolse la parola distogliendo la mia attenzione. Poco dopo, quando volevo tornare a guardarla, l'allenamento era finito. La donna si allontanava in costume da bagno facendo il giro della piscina. Superò il maestro di nuoto e quando si trovò a quattro o cinque passi di distanza, girò la testa verso di lui, sorrise e lo salutò con la mano. E in quel momento mi si strinse il cuore! Quel sorriso e quel gesto appartenevano a una donna di vent'anni! La sua mano si era sollevata con una leggerezza incantevole. Era come se avesse lanciato in aria una palla colorata per giocare con il suo amante. Quel sorriso e quel gesto avevano fascino ed eleganza, mentre il volto e il corpo di fascino non ne avevano più. Era il fascino di un gesto annegato nel non-fascino del corpo. Ma la donna, anche se doveva sapere di non essere più bella, in quel momento l'aveva dimenticato. Come una certa parte del nostro essere viviamo tutti fuori del tempo. Forse è solo in momenti eccezionali che ci rendiamo conto dei nostri anni, mentre per la maggior parte del tempo siamo dei senza-età. In ogni caso, nell'attimo in cui si girò, sorrise e salutò con la mano il giovane maestro di nuoto (che non resse e scoppiò a ridere), lei ignorava la propria età. In quel gesto una qualche essenza del suo fascino, indipendentemente dal tempo, si rivelò per un istante e mi abbagliò. Ero stranamente commosso. E mi venne in mente la parola Agnes. Agnes. Non ho mai conosciuto una donna con questo nome.
Dal nome della protagonista, dal suo semplice gesto del braccio alzato per salutare, si sviluppa una storia avvincente, con escursioni in epoche diverse e il coinvolgimento di personaggi della letteratura come Goethe e Hemingway, chiamati nel loro ruolo di "immortali", in una partitura che ha tutte le caratteristiche della polifonia romanzesca, già teorizzata da Kundera nel saggio L'arte del romanzo (Adelphi, 1986).
La lettura è piacevole e avvincente, pervasa da quel sottile humour che è la cifra caratteristica di questo grande narratore contemporaneo.
Dici bene, caro Giorgio: Kundera è proprio un grande narratore. Questo libro non l'ho letto, ma ricordo con vero piacere altre letture, quali "l'insostenibile leggerezza dell'essere", "l'identità" e "la lentezza". Tutti libri godibili. Un caro saluto
RispondiEliminaGrazie Remigio, fa piacere condividere gusti e interessi con persone che si stimano. Un caro saluto anche a te.
EliminaBellissima recensione, splendido l'incipit!
RispondiEliminaHo scoperto Kundera da poco, grazie ai consigli di un caro amico che lo ama molto.
Dopo la lettura de L'insostenibile leggerezza... sono stato conquistato dal suo narrare e mi sono procurato molti altri suoi libri che, pian piano, sto leggendo. Nessuno di essi mi ha finora deluso.
L'Immortalità non ce l'ho, ma qusto incipit mi ha stregato e quindi me lo procurerò presto!
Un caro saluto.
Orlando
Trovo affascinante quando l'artista riesce a coinvolgere il fruitore della sua opera nel meccanismo creativo, Kundera riesce a farlo con grande naturalezza e leggerezza, sempre con una punta di humour. Un caro saluto, Orlando, e buona lettura.
Eliminahai fatto nascere una leggera voglia di ri-leggerlo
RispondiEliminaGrazie, anche per me è stata una piacevole rilettura.
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