Devo essere sincero, parlo di questo libro perché un'amica che stimo me lo ha prestato perché lo leggessi, non lo avrei comprato neanche se lo avessi sfogliato in libreria e constatato che era scritto in modo coinvolgente e appassionato.
Mi avrebbe bloccato anche quel richiamo in copertina Vincitore premio Strega 2011, con il logo dello sponsor, che mi sembra una vera caduta di stile.
Mi avrebbe bloccato anche quel richiamo in copertina Vincitore premio Strega 2011, con il logo dello sponsor, che mi sembra una vera caduta di stile.
Non lo so, forse dipende dal fatto che lego l'immagine del Premio Strega - partecipanti e vincitori - a romanzi con i quali sono cresciuto e che mi hanno formato, opere di scrittori che hanno rinnovato la letteratura italiana contemporanea, da Flaiano a Pavese, da Buzzati a Tomasi di Lampedusa, da Calvino a Moravia, dalla Morante alla Ortese, e poi Volponi, Arpino, e la Ginzburg, e Soldati.... Da un certo momento in poi a me sembra che le ragioni ispiratrici del premio Strega - così come ce le ha raccontate Maria Bellonci quando si inventò questo premio - siano cambiate e rispondano a criteri che mi sono estranei.
Il libro è interessante, la scrittura intrigante, piaciona come si usa dire oggi, con tutti i riferimenti giusti e citazioni appropriate, ma non ho sentito quel cazzotto che ogni tanto la letteratura sfera al mondo, che gli attribuisce un gereroso Sandro Veronesi in quarta di copertina.
L'autore a me sembra sempre troppo compiaciuto di se stesso: come industriale dell'azienda tessile di famiglia, dei successi ottenuti quando gli affari andavano bene, degli aperitivi alla Capannina, ma compiaciuto anche quando diventa vittima del turbo-capitalismo, che ha asfaltato tutto il settore tessile e lo ha costretto a vendere la sua azienda; compiaciuto di aver scelto di essere scrittore, del resto ha ragione: con undici titoli al suo attivo, di cui uno portato sullo schermo e da lui stesso diretto, non è male per un ragazzo nato nel 1964.
Scrive Nesi:
Devo ammettere che non ho quasi mai condiviso le idee del presidente della Bocconi (.....) Questa è la mia gente, professor Monti. La mia gente che in tutta la vita non ha fatto altro che lavorare. Siamo milioni, e mi perdonerà se la coinvolgo in questo libro dolente, in questa disperata battaglia che le parrà di retroguardia, ma è assolutamente necessario che da ora in poi lei si ricordi di noi quando ragiona di politiche comunitarie con le persone più potenti del mondo, altrimenti ci metto poco a mandarle a Milano Tacabanda e i suoi ragazzi, a scuotere i cancelli della Bocconi.
La denuncia portata avanti nel libro nei confronti della classe politica italiana, ma anche europea, di aver tradito le aspettative delle piccole e medie imprese, di averle abbandonate di fronte all'invasione cinese, è forte, ma tardiva e contraddittoria, almeno considerando le scelte operate dallo scrittore quando decide di scendere (o salire) in politica, ma anche quando giustifica la sua famiglia che affitta i capannoni ai cinesi «tutti gli imprenditori pratesi affittano ai cinesi, non vedo perché mio padre o mio zio non possano fare altrettanto», ha dichiarato al quotidiano Il Tirreno lo stesso Nesi nel giugno del 2012. Bah!
Assessore alla Cultura e allo Sviluppo Economico nella Provincia di Prato per il PD, non esita a dimettersi, abbagliato dal progetto di Cordero di Montezemolo, e aderire a Italia Futura, che lascia un anno dopo facendosi eleggere alla Camera dei Deputati (siamo nel 2013) con Scelta Civica di Monti ("Sto con Monti, ha salvato l'Italia"), ma alla fine dello stesso anno è folgorato da Matteo Renzi. Un vero uomo del fare, che sa sempre da quale parte stare, un vincente, come uomo politico e come scrittore.
«Un libro è il prodotto di un io diverso da quello che si manifesta nelle nostre abitudini, nella vita sociale, nei nostri vizi», non so se questo autorevole giudizio si possa applicare a Storia della mia gente e al suo autore, ma tutto sommato chi se ne frega?
Lei parla di “scrittura intrigante, piaciona come si usa dire oggi, con tutti i riferimenti giusti e citazioni appropriate”. Proprio l’altro giorno ho avuto un saggio di ciò. Ho sfogliato in libreria un’opera di un autore “di successo”; sono stato investito da parole come suv, Hummer, Jeep, I-phone, smartphone, Samsung eccetera, tanto che mi è sembrato di sfogliare un catalogo pubblicitario. Eppure, nonostante il mio disgusto, ho percepito immediatamente quanto quel libro fosse destinato al successo, proprio perché nelle sue pagine sono disseminate centinaia di “citazioni giuste” di marchi ed oggetti che fanno la felicità ed il desiderio di molti. Un tempo il lettore cercava nel libro la vicenda eccezionale, quella che nella vita reale non poteva accadere; mi viene in mente il “Viaggio al centro della terra” di Verne. Oggi, invece, il lettore non vuole personaggi complessi, tormentati da crisi di coscienza o da drammatici quesiti morali. Il protagonista deve muoversi e pensare come il lettore medio, guidare un suv o parlare continuamente al telefonino, oppure avere un profilo Facebook. E si può essere sicuri che, con le “citazioni giuste”, il libro sarà un successo. Il lettore vuole leggere vicende in cui possa facilmente immedesimarsi, che non lo costringano a pensare. Non so se lei si riferiva proprio a questo aspetto, ma la sua recensione mi ha fatto riflettere.
RispondiEliminaInnanzi tutto grazie dell'attenzione. Si, mi riferivo proprio a queste facili citazioni, cose e personaggi nei quali il lettore può riconoscersi, così anche quando critica una certa perdita di classe in locali come la "Capannina", sembra di leggere un pezzo scritto da un comico televisivo e cita 6 volte Jerry Calà; trova il modo di dirci come va fatto un buon martini ("una presenza infinitesimale di vermouth e col Tanqueray"). E' dai tempi di Lemmy Caution, quando leggevo i gialli di Peter Cheyney, che non incontravo qualcuno che mi desse la ricetta del perfetto martini. Quando l'autore ci parla delle sue letture le elenca: Guerra e pace, Infinite Jest, Some Sort of Epic Grandeur, A Life in Letters, The Stories of Pat Hobby, The Crack-up (tutte lette in inglese, ci tiene a precisare: ma che bravo!) La figlia gli chiede se la conzone che stanno suonando sia di Neil Young, "ma no: A Horse with No Name è degli America", "suo fratello ha inzeppato il nostro iPod con Harvest, Old Man, Heart of Gold, A Man Needs a Maid, After the Gold Rush. E James Taylor e Bob Dylan. E quando pensavamo di aver finito ecco che suonano The Needle and Damage Done, e poi ancora Knockin' on Heaven's Door. Vogliamo parlare della spledida Joan Didion di cui ha letto, in inglese, The White Album, Slouching Towards Bethlehem, The Year of Magical Thinking, A Book of Common Prayer, Democracy e Play As It Lays?
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