sabato 15 febbraio 2014

Ennio Flaiano - LO SPETTATORE ADDORMENTATO - Rizzoli 1983 - £ 16.000


Lo spettatore addormentato Ennio Flaiano (1910-1972), in realtà non perde neanche una battuta e mantiene gli occhi bene aperti nell'assistere alle rappresentazioni del nostro teatro contemporaneo. Aveva cominciato prima della guerra - la prima recensione è del 1939 - cogliendo subito lo squilibrio tra la tragedia in atto e le commedie che si recitano nei teatri di Roma e Milano in quei giorni, con l'ironia e il gusto del paradosso che rendono così leggera la sua prosa.

Quieto vivere di Alfredo Testoni
Come sia il titolo di questa commedia lo lasceremo giudicare a quel cronista che in un quotidiano della capitale definiva "inattuale" la denominazione di Pace ed Elvezia per un albergo che appunto questa denominazione si trova ad avere, forse in eredità di un cosmopolitismo umanitario dei primi del secolo. Che sia "inattuale" anche Quieto vivere a noi non sembra poiché se lo spettacolo deve funzionare da giroscopio, aiutarci a ritrovare l'equilibrio della giornata, niente di meglio potrebbero fare, nei tempi così gravi, i tre atti riesumati all'Eliseo dalla Compagnia Cervi-Pagnani-Barnabò.  Così come,  per bilanciare gli eccessi emotivi di queste giornate di giugno, niente di meglio ci resterebbe di andarcene con le valigie al Pace ed Elvezia tra le sue palme infilate nei vasi e i tappeti sdraiati nei saloni come vecchi cani di casa. Le teorie sull'autosuggestione e il dominio della volontà potrebbero fare il resto.

L'ironia, ma anche l'amarezza, nell'attacco di questa recensione rischia di essere incomprensibile se non la si contestualizza: il pezzo è stato scritto il 22 giugno 1940. E cosa era accaduto in quei giorni di giugno da provocare quegli eccessi emotivi che lamenta Flaiano? Molto semplicemente, dopo che la Wehrmacht il 14 giugno aveva occupato Parigi, il 20 giugno le truppe di Mussolini  attaccano una Francia già stremata: per usare un aforisma tanto caro a Flaiano, siamo coraggiosamente corsi in aiuto del vincitore, rimanendo però bloccati dalla tenace resistenza dell'Armée des Alpes, tanto da rendere necessario il determinante rinforzo delle truppe tedesche. Che è un bell'inizio per chi aveva solo bisogno di qualche migliaio di morti per sedere al tavolo delle trattative! 

Ma torniamo allo nostro spettatore addormentato, per notare che, in molti casi, dedica la sua attenzione e il suo interesse non a ciò che accade sul palcoscenico ma al pubblico:

Per permetterci di raggiungere la nostra poltrona tre giovani signori dovettero alzarsi: uno di costoro, che occupava il posto segnato dal nostro biglietto, fu affettuosamente redarguito, da una di quelle accompagnatrici che a Roma si chiamano "maschere" o con più commossa immagine "Lucciole", e  diffidato di prendere posto prima che il "pubblico" fosse tutto affluito.
Dai loro condiscendenti sorrisi di risposta i tre signori si scoprirono per membri della claque, la meravigliosa organizzazione che se poco serve alla fama degli autori è d'immensa utilità per gli attori, che anche negli applausi mercenari trovano sempre un che di vero e di confortante.
All'ingresso sulla scena del primo attore i tre giovani vicini applaudirono con slancio e forza spropositate all'avvenimento: avevano persino cura di tenere concave le palme delle mani affinché gli applausi ne guadagnassero in intensità. Però nei loro battimani c'era tanto di innocente e tranquillo (e sopratutto d'indifferente) e l'inchino di ringraziamento dell'attore fu così buono e compito da farci cadere di colpo ogni proposito d'ironia.
A pensarci bene, la presenza di quei giovani in quel luogo diventava meravigliosa. Si faceva fatica a trovare una qualsiasi relazione tra la scena, gli attori, il pubblico e i colletti indeformabili, i capelli lustri e ricci, i fermacravatte e l'aria sportiva dei nostri vicini: ma le cose meravigliose a teatro non avvengono sempre sulla scena.
Dopo un sorridente periodo di curiosità verso lo spettacolo i giovani si ritrovarono a discutere sottovoce di campionato di calcio, alla fine dell'atto parteciparono agli applausi con una certa stanchezza, quasi su incoraggiamento del pubblico.
Spesso l'ironia di Flaiano si abbatte severa sulla mediocrità dei lavori teatrali presentati:

Questo è il secolo dei surrogati: all'ingegno molti sono riusciti a sostituire l'abilità e l'organizzazione.
Lo spettacolo che danno di sé certi commediografi è persino commovente. Non sprecano un'oncia della loro tiepida ispirazione. Le frasi, le idee che a lavoro finito restano fuori inutilizzate ci par quasi di vederle entrare nelle loro novelle o nei soggetti pel cinema, a sfamare i passerotti.
E, quanto alle "scene", noi ce le immaginiamo pronte a essere agganciate a una nuova commedia, utilizzabili a rovescio, come le quinte dei palcoscenici.
Da queste commedie, come da certi mobili, spira aria di vendita a rate. E ad ascoltarle riprende la malinconia delle giornate di mezza festa, quando la folla passeggia, senza fretta e senza scopo, per le strade coi negozzi chiusi.
Ci sono, appunto, in queste certe commedie, personaggi e situazioni che non sanno dove andare, che fanno quattro passi prima di rientrare nel nulla e guardano un mondo cui somigliano stranamente e che divertono senza entusiasmare.
Commedie di carriera, insomma, che vivono da piccoli risparmiatori, in regola con tutto e in pace con tutti, già vecchie prima di essere "novità". (3 febbraio 1940)

Mi accorgo ora di aver già parlato di questo libro, esattamente nel maggio del 2011, ma avenendolo presentato in tutt'altro modo, inserisco qui il link:

 http://giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.it/2011/05/lo-spettatore-addormentato-di-ennio.html

in modo che si possa confrontare come, a distanza di tempo, di un libro che rileggiamo ci possano colpire cose completamente diverse.
Buona lettura.



 

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