Raymond Queneau (1903-1976), scrittore, poeta, matematico e drammaturgo, è stato uno dei più poliedrici uomini di cultura della Francia del XX secolo. I suoi romanzi sono esplorazioni nelle infinite potenzialità della lingua.
I fiori blu (1965) è la più imprevedibile e pirotecnica opera di Queneau, certo la più rappresentativa. L'intreccio della vita dei due personaggi principali che si sognano reciprocamente, è il complesso nucleo del romanzo: Cidrolin, vive in una chiatta ormeggiata nella Senna nel 1964 e sogna le avventure del Duca d'Auge, che a sua volta, accompagnato dai suoi due cavalli parlanti Sten e Stef, attraversa la storia con quattro balzi lunghi 175 anni ciascuno, per incontrare Cidrolin. Non deve sorprendere la struttura matematica del romanzo, poiché nel 1960 Queneau fondò, insieme ad altri, un laboratorio di letteratura potenziale allo scopo di proporre nuove strutture, anche di natura matematica, per espandere la creatività.
L'incipir è illuminante:
Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d'Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all'orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvados.Il Duca d'Auge sospirò pur senza interrompere l'attento esame di quei fenomeni consunti.Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Franchi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane. I Normanni bevevano calvados.- Tutta questa storia, - disse il Duca d'Auge al Duca d'Auge,- tutta questa storia per un po' di giochi di parole, per un po' d'anacronismi: una miseria. Non si troverà mai via d'uscita?
Ecco, l'uscita dalla storia (il disfacimento della storia la definisce Italo Calvino, nella Nota del Traduttore in appendice) è un'altra delle molte chiavi di lettura di questo romanzo (la principale è quella psicanalitica), ma posso assicurare che, nonostante la complessità, il romanzo risulta di piacevole lettura perché il linguaggio usato è un elemento senza peso, che aleggia sopra le cose, e le battute, i doppi e tripli sensi, i calembours si alternano a citazioni colte in un susseguirsi spumeggiante che fanno la gioia del lettore.
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