Quando nel lontano 1966 lessi - faticosamente - Una spirale di nebbia, devo confessare di non averlo apprezzato molto, condizionato com'ero da letture diverse che all'epoca mi appassionavano: i narratori americani della lost generation da una parte, e i neorealisti italiani dall'altra. Entrambi i generi erano molto distanti dalla prosa densa di Michele Prisco (1920-2003), la cui scrittura è prevalentemente formata da lunghissimi periodi, con subordinate, che richiedono per essere compresi grande concentrazione.
Ne è prova l'incipit:
Il fatto era questo : che gli uomini riuniti per quel sopralluogo, poco meno d'una decina, avevano tutti le facce giallastre, lui compreso magari. Non pallide, propriamente, piuttosto soffuse da un cereo madore che forse derivava solo da un giuoco di luce : come se la loro pelle, si trovò più tardi a pensare nel tentativo di spiegarsi questa curiosa impressione, si stesse a poco a poco impregnando di tutto il livido scolorito chiarore di quella mattinata sospeso per aria come una specie di fosforescenza. Dovev'essere un fenomeno d'irradiazione, o d'assorbimento, lo capì dopo rimuginandoci sopra, benché ci fosse da considerare anche che lì nel folto del bosco, in quella corta radura ovattata di nebbie seppellite in un silenzio assoluto totale appena incrinato, o ingrandito, dal rumore leggero come un gemito dei loro passi soffocati sul terriccio molle (sulle foglie marcite) e dal fruscio di qualche animale nel sottobosco o dal torbido tonfo d'un frutto che si staccava dai rami gonfi di pioggia, la luce non riusciva in alcun modo a penetrare : e poi si trattava d'una giornata grigia cenciosa gremita di nubi e probabilmente proprio per mancanza di sole i loro volti erano diventati la sola macchia chiara di colore in quel breve spazio dove si supponeva che Fabrizio Sangermano avesse sparato (ma il bossolo non era stato ancora trovato e l'acqua lenta e continua degli ultimi giorni aveva ormai cancellato le tracce di sangue).
Così, come nei giochi di abilità, l'uso e la dimestichezza consente di superare livelli di difficoltà sempre crescenti, anche l'abitudine alla lettura spinge a letture sempre più impegnative, con la conseguenza di riuscire a valutare positivamente ciò che un tempo veniva rifiutato.
E' ciò che accade con questo libro. Ripreso dopo tanti anni, ne centellino ogni pagina, godendo delle difficoltà sintattiche e narrative che Prisco ha disseminato in tutta l'opera, costringendomi a rallentare la lettura, e prolungando il piacere che la complessità mi procura.
Un altro saggio della prosa di Prisco, per stuzzicare la curiosità di quei lettori che vorranno avvicinarsi a questo romanziere:
Sua madre aveva rabbrividito per le parole di zia Cecilia? O forse c'è corrente, entra umido, non sarebbe il caso di chiudere quella finestra? Così s'era voltato e aveva visto la tendina: il vento la gonfiava e l'attorcigliava, la sbatteva contro lo stipite e ce la lasciava un istante afflosciata prima di risospingerla verso la stanza, o forse non era il vento ad agitarla, era proprio la tendina che si moveva per suo conto bianca aerea leggera palpitando sino ad assumere, così gonfia d'aria, quasi una vaga forma corporea, le sembianze d'un fantasma se è vero che i fantasmi di solito si rappresentano come fluttuanti lenzuoli bianchi atteggiati a modellare l'ombra d'un corpo: in tal caso impossibile sbagliare, quello non poteva essere altro che lo spettro di Valeria e l'aveva richiamata qui in mezzo a loro zia Cecilia con una domanda a dir poco incauta ma che pure andava posta e precisata una buona volta, se si voleva concludere finalmente qualcosa.
Impressionante, eh ?
Giovanni Arpino, scrisse:
Una spirale di nebbia è un romanzo che non si può riassumere: si finirebbe per definirlo come un "giallo". Non lo si può piegare secondo i propri schemi interpretativi: scivola di mano come l'acqua. Non gli si può dare una base e lì rimirarlo immobile. E' l'uovo di Colombo, ma perché comportarci come Colombo e tentare abusivamente di metterlo in piedi?
Nel 1966, tra i diciassette concorrenti al Premio Strega, c'erano, tra gli altri, Calvino, Fausta Cialente, Leonardo Sciascia, Luigi Malerba, Gianni Clerici e appunto Michele Prisco. Scrive a proposito Maria Bellonci :
(http://giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.it/2011/06/maria-bellonci-come-un-racconto-gli.html)
Vinse Michele Prisco con Una spirale di nebbia, libro nel quale i critici ravvisarono l'impegno di una contestazione dell'istituto familiare; racconto fittamente rameggiato nel quale molti e diversi fallimenti coniugali confluivano in una specie di nodo poliziesco a significare il fallimento del matrimonio stesso.
Complimenti, è proprio quello che pensavo dopo una prima, rapida, lettura delle prime pagine. Ha bisogno del suo tempo per essere letto, tutto il tempo che ci vuole per immedesimarmi nella storia. Non posso sprecarlo cosi , tra spizzichi e bocconi, in poche ore. Lo conserverò per la pausa estiva. Saluti.
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