Domanda: è' credibile Arthur Schopenhauer (1788-1860), filoso del pessimismo quando si propone come qualificato ad erudire su l'arte di essere felici? Che ne sa lui di felicità, se considera lo stesso concetto, un semplice eufemismo?
Per realizzare questo agile libretto, sono stati raggruppati per la prima volta, dallo sterminato fascio di carte che costituiscono gli scritti postumi di Schopenhauer, queste cinquanta massime che, secondo l'indicazione dell'autore, avrebbero dovuto costituire un abbozzo di eudemonologia - cioé l'arte di essere felici; e nella massima n. 44 ne spiega uno dei fondamenti:
La verità principale dell'eudemonologia rimane che tutto dipende molto meno da ciò che si ha, o da ciò che si rappresenta, che da ciò che si è. In ogni possibile occasione si gode propriamente solo di se stessi: se il proprio sé non vale molto, allora tutti i piaceri sono come vini eccellenti in una bocca tinta di bile. (.....)
Apprendiamo, dalla esauriente introduzione di Franco Volpi, che il progetto dell'opera nasce dalla scoperta dell' Oràculo manual e l'arte della prudenza (1647) del gesuita spagnolo Baltasar Graciàn (1601-1658), che Schopenhauer tradusse e cercò, senza successo, di far pubblicare dall'editore Brockhaus. Qui sotto la copertina della prima edizione, il prologo e l'inizio dell'opera di Graciàn.
La validità e attualità delle oltre trecento massime del gesuita spagnolo, vissuto nel Siglo de Oro, viene attestato dal successo ottenuto dalla recente versione inglese dell'opera, con il titolo The Art of Worldly Wisdom: A Pocket Oracle (New York, Currency and Doubleday, 1992), che ha venduto più di cinquantamila copie tra dirigenti e uomini d'affari.
Questo vademecum di Schopenhauer per vivere felici, è, chiaramente, un compendio di principii già enunciati nei secoli passati dai grandi pensatori, da Aristotele, Sofocle, Epicuro, Seneca, Orazio, e quant'altri si sono occupati della saggezza del vivere; perché, non c'è dubbio, l'uomo, nonostante le molteplici invenzioni tecnologiche, rimane sempre lo stesso primate che deve fare i conti con i suoi tarli mentali: l'invidia, l'egoismo, l'avarizia, la brama di potere e di possesso.
Che dire, il nocciolo delle molte erudite massime del filosofo, ispirate dai grandi pensatori della cultura occidentale, sembrano, com'è giusto che sia, i bonari modi di dire di mia nonna Elvira che usava tutto il suo buonsenso per indicarmi la via della saggezza.
Mi feci la stessa domanda quando lessi, molto tempo fa, questo prezioso e godibile libriccino: possibile che uno dei padri del pessimismo possa dare consigli e suggerimenti sul modo di essere felici?
RispondiEliminaEvidentemente si, perché se un autore è caratterialmente ottimista ha, come dire, una sorta di visione “distorta” della realtà e del mondo in cui vive, influenzata dal suo atteggiamento fiducioso e positivo. Se, invece, un pessimista - nonostante la sua nera visione - riesce a trovare barlumi di positività nell’esistenza umana, attraverso determinati comportamenti, ebbene possiamo credergli e prendere per buoni i suoi consigli.
Seguo il suo blog perché lei suggerisce di leggere sempre ottimi libri
http://paroletrapagineingiallite.blogspot.it/
Sono perfettamente d'accordo con Lei, Remigio: quando il pessimismo non si trasforma in una paralizzante rassegnazione, ha meno paraocchi e più spirito critico dell'ottimismo. Grazie per l'attenzione che dedica al blog.
Elimina