giovedì 26 luglio 2018

Dino Buzzati - SESSANTA RACCONTI - Mondadori 1958 -


Rileggo dopo oltre cinquantanni i Sessanta racconti di Dino Buzzati (1906-1972) che nell'ormai preistorico 1958 gli valse il premio Strega, prevalendo su Cassola e Landolfi.

Dico subito che trovo questi racconti strepitosi, e che la forma racconto è particolarmente congeniale a Buzzati, così come a Kafka, proprio per il carattere paradossale e grottesco di queste storie, al limite della favola, immersi in una dimensione fantastica. Peraltro i suoi romanzi, per storia e struttura, si possono definire senz'altro racconti lunghi.

Non si può parlare della produzione letteraria di Buzzati senza tener conto della sua  storia personale, dell'infanzia a Belluno nella Villa S.Pellegrino dove era nato (ed oggi lussuoso B&B), delle dolomiti che lo hanno visto scalatore appassionato, ma soprattutto della sua attività giornalistica al Corriere della Sera dove è stato un apprezzato cronista di nera, raccontando i fatti più inquietanti e sconvolgenti dell'epoca con avvincente chiarezza, ma anche con grande umana partecipazione.

In questi racconti, alcuni molto brevi, la terribilità è data dal normale quotidiano in cui i fatti si svolgono, in attesa che il fato imprevedibile possa colpire inesorabilmente gli ignari protagonisti, come in Qualcosa era successo. Ma spesso è solo l'attesa dell'inevitabile oscuro destino, come in La frana, a provocare quell'inquietudine che assomiglia al disagio, alla paura di scendere nello scantinato al buio - come in Occhio per occhio - nell'ascoltare nella notte insonne un rumore improvviso nella stanza vuota accanto, alla paura di scorgere un'immagine sconosciuta nello specchio.

A volta è di scena la violenza che alberga nel cuore dell'uomo, così può capitare ad una coppia di scendere dal treno in una città sconosciuta ed essere vittime di un tentativo di linciaggio per non aver rispettato una regola conosciuta solo dai suoi abitanti. Per chi ha visto le foto del pogrom di Leopoli del 1941, il racconto Non aspettavano altro rimarrà indelebilmente impresso.

Vanitas vanitatum et omnia vanitas sembra suggerirci Buzzati, disperatamente ateo, ma consapevole del valore esistenziale della Fede, per rendere accettabile l'insensatezza della vita.
Notevole l'attività pittorica di Buzzati

Una nota personale a margine. Negli anni sessanta, quando lessi per la prima volta questi Sessanta racconti, ero iscritto al PCI e ne parlavo con entusiasmo ai compagni della sezione, cercando di fare proseliti, come sempre accade quando si scopre uno scrittore che ci colpisce . Ricordo che ne nacquero discussioni molto accese, non sul valore letterario, che non mettevano in discussione, ma sul fatto che Buzzati (giornalista del Corriere della Sera, figuriamoci!) trattava problemi estranei alla classe operaia, non ne aiutava  lo sviluppo, e così via nell'esaltazione del neorealismo visto come anticamera del realismo socialista.

La cosa divertente, se così si può dire, è che incontrando dopo tanti anni uno dei più accaniti censori di allora, l'ho trovato su posizioni vergognosamente revisionista, addirittura anticomunista, con il vezzo di predicare il valore della poesia, certo che la bellezza salverà il mondo. Prosit!


https://it.wikipedia.org/wiki/Dino_Buzzati

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