"Un prezioso vademecum per conoscere ed apprezzare il linguaggio della città eterna", recita il sottotitolo, perché di apprezzamenti, storicamente, il "romanesco" ne ha ricevuti pochissimi, a cominciare da Dante che nel suo De Vulgari Eloquentia afferma che quello dei romani non è un volgare ma un turpiloquio, certo la lingua più brutta fra tutte quelle d'Italia.
Nato come linguaggio popolare, fondato sulla tradizione orale, il romanesco si consolidò nel tempo assumendo una sua specifica fisionomia. Il dialetto romano, da sempre amato e odiato, si caratterizza per le sue espressioni colorite e schiette, allegre e divertentissime. E' un vernacolo soprattutto parlato, ma anche sancito per iscritto da alcuni grandi della letteratura italiana, si pensi a Gioacchino Belli, a Cesare Pascarella o a Trilussa.
Il volume è diviso in proverbi e modi di dire, raggruppati per argomento: l'amore, le donne, la gioventù, l'ozio e il lavoro, mestieri e professioni, la chiesa e i peccati, i soldi e la fortuna, in chiusura un accurato, prezioso e, a questo punto, indispensabile dizionario.
Sembra persino superfluo precisare che proverbi e modi di dire, nella stragrande maggioranza rispecchiano il carattere peculiare del romano, un po' saccente, arrogante, astuto, spaccone, spavaldo, ma anche generoso, smaliziato al limite del cinismo, un po' fatalista e politicamente scorretto, perché fondamentalmente maschilista:
Nei confronti del papato e la religione il romano è decisamente iconoclasta:
Il volume, che si legge o si consulta con vero divertimento, è arricchito da moltissime illustrazioni di B. Pinelli (1781-1835), da alcune xilografie tratte da Iconologia di Cesare Ripa (1555-1645), e altre incisioni ottocentesche.
Nato come linguaggio popolare, fondato sulla tradizione orale, il romanesco si consolidò nel tempo assumendo una sua specifica fisionomia. Il dialetto romano, da sempre amato e odiato, si caratterizza per le sue espressioni colorite e schiette, allegre e divertentissime. E' un vernacolo soprattutto parlato, ma anche sancito per iscritto da alcuni grandi della letteratura italiana, si pensi a Gioacchino Belli, a Cesare Pascarella o a Trilussa.
Il volume è diviso in proverbi e modi di dire, raggruppati per argomento: l'amore, le donne, la gioventù, l'ozio e il lavoro, mestieri e professioni, la chiesa e i peccati, i soldi e la fortuna, in chiusura un accurato, prezioso e, a questo punto, indispensabile dizionario.
Sembra persino superfluo precisare che proverbi e modi di dire, nella stragrande maggioranza rispecchiano il carattere peculiare del romano, un po' saccente, arrogante, astuto, spaccone, spavaldo, ma anche generoso, smaliziato al limite del cinismo, un po' fatalista e politicamente scorretto, perché fondamentalmente maschilista:
Donna che smena er cul come 'na quaja, si puttana nun è, poco se sbaja;
La donna senza marito è come la scopa senza er manico;
Chi cià er matito vecchio, e lo spasseggio der paino, de certo attacca er voto a San Martino;
La donna è come la castagna: bella de fora e dentro la magagna......
Nei confronti del papato e la religione il romano è decisamente iconoclasta:
Piove o nun piove, er papa magna;
Er papa quanno cià bisogno de quatrini, popola er celo (cioè crea nuovi santi);
Beata quela casa che cià la chirica rasa (ossia che ha un prete);
La corte romana nun vò pecore senza lana;
Quanno a Roma ce s'è posto er piede, resta la rabbia e se ne va la fede.
Il volume, che si legge o si consulta con vero divertimento, è arricchito da moltissime illustrazioni di B. Pinelli (1781-1835), da alcune xilografie tratte da Iconologia di Cesare Ripa (1555-1645), e altre incisioni ottocentesche.
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