Mi piace parlare di questo libro di Marcello Venturi (1925-2008), perché mi sembra rappresenti il caso abbastanza unico dove invenzione letteraria e rievocazione di un preciso, orrendo fatto storico, si fondono armoniosamente e senza forzature.
Prima di tutto, chi è Marcello Venturi? Diciamo subito che è stato un esponente della Resistenza e che i temi della Resistenza sono presenti nelle sue opere fin dal suo primo racconto, Cinque minuti di tempo, che vinse nel 1946, ex-aequo con Italo Calvino (che presentava il racconto Un campo di mine), il premio di £ 50.000 indetto dal quotidiano l'Unità di Genova. Formatosi al Politecnico di Vittorini, una delle riviste di politica e cultura più importanti del dopoguerra, lavorò come giornalista presso l'Unità e, in seguito divenne direttore editoriale, carica che ricoprì per molti anni, della storica collana Universale Economica Feltrinelli, dove svolse meritoria opera di scoperta di nuovi scrittori, tra i quali Camilla Salvago Raggi, di cui pubblicò la prima raccolta di racconti e che in seguito sposò.
(http://giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.it/2013/11/camilla-salvago-raggi-la-notte-dei.html)
(http://giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.it/2013/11/camilla-salvago-raggi-la-notte-dei.html)
Nel 1960 Marcello Venturi, dopo aver letto sulla rivista Il Ponte di Piero Calamandrei, l'articolo di un reduce della divisione Aqui, dove si raccontava per la prima volta dell'eccidio a Cefalonia di 9.ooo tra soldati e ufficiali, trucidati non dalle solite SS ma dalla wehrmacht, dopo essere stati fatti prigionieri, stimolato anche da Feltrinelli, e dopo un viaggio sull'isola greca, decise di scrivere questo libro.
Marcello Venturi, scrittore neorealista abituato a parlare della realtà, imposta il romanzo immaginando che il figlio di un ufficiale morto nell'eccidio visiti, vent'anni dopo, l'isola non tanto alla ricerca di testimonianze, ma di sensazioni visive ed emotive, per cercare di capire cosa avesse provato suo padre nei luoghi dove visse, combatté e morì.
Il racconto è diviso in sequenze che si alternano: il tempo della strage e quello, vent'anni dopo, della visita del figlio del capitano Aldo Puglisi. La costruzione è un meccanismo perfetto, la tensione emotiva che la lettura produce, nonostante se ne conosca il doloroso epilogo, è altissima, anche se la scrittura è asciutta e non indulge a pietismi di maniera.
Questo l'incipit:
Il racconto è diviso in sequenze che si alternano: il tempo della strage e quello, vent'anni dopo, della visita del figlio del capitano Aldo Puglisi. La costruzione è un meccanismo perfetto, la tensione emotiva che la lettura produce, nonostante se ne conosca il doloroso epilogo, è altissima, anche se la scrittura è asciutta e non indulge a pietismi di maniera.
Questo l'incipit:
Avevo scelto il mese d'ottobre, perché in ottobre la stagione balneare, anche in un'isola dello Ionio, è chiusae presumibilmente i villeggianti hanno ripreso i traghetti. Non me la sentivo d'incontrar gente forestiera, gente che non avesse a che fare con l'isola; a me interessava conoscere gente locale, e più precisamente un certo Pasquale Lacerba, oriundo italiano, di professione fotografo; e certa Caterina Pariotis. Mi interessava conoscere l'isola allo stato naturale; come doveva essere stata, speravo , ai tempi del capitano Aldo Puglisi.
Il capitano Aldo Puglisi era mio padre, peer questro mi ero messo in viaggio, volevo vedere i posti dove lui aveva combattuto, dove era morto.
Il libro ricostruisce il criminale atteggiamento delle alte autorità militari che non seppero prevedere le reazioni tedesche alla notizia della firma dell'armistizio, ma anzi, con ordini contraddittori, lasciarono la Divisione Aqui abbandonata a se stessa.
Nel link qui sotto un'interessante intervista rilasciata da Marcello Venturi a Roberto Botta, dell'Istituto per la Storia della Resistenza di Alessandria (ISRAL), su l'eccidio di Cefalonia:
In questo sito testimonianze di ufficiali e soldati italiani della Divisione Aqui scampati all'eccidio:
http://www.ossimoro.it/cefalonia.htm
Nel 1993 poi è uscito un romanzo, Il mandolino del Capitano Corelli, di tale Luis de Bernières che giura di non aver copiato dal romanzo di Marcello Venturi, né essersi ispirato alla testimonianza di Amos Pampaloni, capitano d'artiglieria della Divisione Aqui sopravvissuto all'eccidio. Come se non bastasse, nel 2001, basandosi su questo romanzo, esce il film di John Madden con Nicolas Cage e Pénelope Cruz, la classica americanata, come si può facilmente desumere anche dal titolo, il mandolino fa pensare subito agli stereotipi sull'italianità!
grazie, grazie....Marcello ci manca, sempre...
RispondiEliminahttp://www.flickr.com/photos/cocca59/4515778644/in/set-72157624593719251