E adesso spunta fuori questo GIORNALE DI UN POETA di Alfred Victor de Vigny (1797-1863), traduzione e prefazione del poeta Adriano Grande (1897-1972), finito di stampare il 20 maggio 1944 in Roma per conto della C.E.R. Edizioni della Bussola nello Stabilimento Editoriale del Giornale d'Italia.
Ma come, ci si chiede, nel 1944 il paese era devastato dalla guerra; è proprio di quei giorni di maggio tra le altre e più gravi, ma non registrate distruzioni, quella dello storico Museo Internazionale della Ceramica di Faenza ad opera di un bombardamento alleato; Roma malgrado la sua condizione di città aperta stretta nella morsa dell'occupazione nazista, a soli due mesi dall'ecidio delle Fosse Ardeatite, viveva la sua vita apparentemente normale, perché anche negli accadimenti più infelici, c'è sempre quella parvenza di normalità che consente all'essere umano di sopravvivere, e poteva quindi stamparsi questo volume e provocare la nostra ingenua sorpresa.
Illuminante della personalità di Alfredo de Vigny, il saggio che a mo' di prefazione Adriano Grande, pone in apertura del volume:
Il ritratto spirituale più perfetto di Alfredo de Vigny, poeta, pensatore ed uomo, coi suoi meriti davvero eccezionali e i difetti che li contrappesano ma eran poi soltanto le superficiali apparenze delle sue qualità d'animo, è contenuto il questo suo « Giornale » che riunisce in se il carattere di una raccolta di massime e di pensieri volta a volta frettolosi o distillati, e quello d'una serie di notazioni di lavoro, con gli elementi di una autobiografia essenziale, d'un colloquio da sè a se stesso.Religioso e ateo, democratico convinto e aristocratico per nascita, educazione e temperamento, antiautoritario e ammiratore delle grandi personalità della storia che come fari illuminano e guidano il cammino delle genti, nemico del livellamento e della mediocrità collettiva e amico fidente del progresso universale: tutte queste contraddizioni erano in lui, e non sembravano tali, poiché egli le fondeva nel giusto equilibrio superiore della poesia. Talchè, sia per la potenza dell'ingegno che per i significati che reggono la sua opera, meglio e più aderentemente di altri scrittori suoi contemporanei, anche grandi, egli può essere assunto a ritratto cosciente d'un'epoca che vide la Francia titubare tra i principi monarchici e quelli repubblicani, oscillare a lungo tra i poli della rivoluzione e quelli della conservazione.
E ancora:
Alcuni pensieri che troviamo nel Giornale del poeta:Possiamo aggiungere che, a bene osservare, tutta la poesia francese successiva al Vigny - fino al Mallarmé incluso e oltre, anche se ciò a prima vista non sembri - trae forse le sue origini spirituali da lui, più assai che da qualunque altro.
La stampa è una bocca costretta a stare sempre aperta, a parlare sempre. Vien da ciò ch'essa dica mille cose di più di quelle che ha da dire; e che sovente divaghi in stravaganze.Succederebbe lo stesso a un oratore, persino a Demostene, che fosse costretto a parlare senza interruzioni per tutto l'anno.DEI GIORNALIIl borghese di Parigi è un re che tutte le mattine, al suo levarsi, ha un cortigiano compiacente, un adulatore che gli racconta venti storie. Non è obbligato a offrirgli da pranzo, lo fa tacere quando vuole e gli restituisce la parola a suo piacimento; e tanto più gli è caro, questo docile amico, in quanto tutti i giorni gli suggerisce la sua opinione in termini un poco migliori di quelli che avrebbe potuto trovare da sé; toglietegli quell'amico e gli sembrerà che il mondo si fermi: questìamico, questo specchio, quest'oracolo, questo parassita poco costoso.Una delle cose che più mi hanno commosso nelle Memorie di Sant'Elena è che quel povero Napoleone non poteva ottenere un esemplare di Polibio per leggervi istruzioni immaginarie sulla guerra che non avrebbe mai più avuto il piacere di fare.
DELLA STAMPAIl « Giornale » copre il periodo che va dal 1824 al 1847. Poi contiene POEMI DA FARE, frammento di Elena, frammento di Fantasie, e il Discorso d'Ingresso all'Accademia di Francia. 256 pagine.
Gli antichi avevano su noi il vantaggio di non conoscere la stampa. Sembrerà singolare, ma è mia convinzione che tale ignoranza, sfavorevole alla rapidità della propagazione delle idee e alla loro conservazione, era favorevole alla purificazione del gusto e alla scelta dei capolavori. Demostene, da qualche parte, dice che copiò cinque volte, di mano sua, le opere di Teucidide. Un poeta o uno scrittore avevano così dei lettori forzatamente attenti, applicati a conoscere e osservare minuziosamente il più piccolo particolare delle bellezze dello stile. Queri lettori sceglievano le cose più belle per moltiplicarle. Come api, non si posavano che sui fiori più belli; tutto il resto veniva sdegnato; ed io non penso gran che bene di ciò che non è pervenuto sino a noi. (...)
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