giovedì 1 febbraio 2018

1894: se il mondo, come al solito, da il peggio di se, lo riscatta da Firenze il miracolo della lettera d'amore di Giorgina a Cesarino (2^ e ultima parte)









In un  mondo che si affaccia nella turbolenta dimensione della modernità, l'elegiaco sprazzo di serenità che le parole di Giorgina infondono, sembrano suggerire una verità eterna: la felicità è nelle piccole cose quotidiane.


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Il nonno sta meglio assai ce lo disse lo zio ieri mattina e poi lo vidi ieri sera da me perché andammo lassù. Dopo desinare mi sentivo un poco stanca fino a che non ho fatto l’abitudine ad alzarmi alle 6 mi fa questo effetto ma poi mi ci abituo e non me ne accorgerò nemmeno più, volevo anzi andare un poco distesa, ma poi pensai: se mi addormento mi entra male alla testa è meglio non farne di niente. Allora incominciai a cifrare cioè a disegnare una infinità di GDV e cos’ è stato un perditempo risparmiato per il giorno di lavoro ed una cosa necessaria che io mi trovo già fatta. Ora manca il più cioè cucire e cifrare, ma con l’aiuto d’Iddio e delle buone persone spero presto di veder fatto anche questo.
Speravo di ricevere la tua lettera alle quattro come al solito e così io la leggevo e subito dopo ponevo a scriverti e continuavo fino alle 17 ½ ora in cui bisogna che mi andassi a preparare per andare al Pian dei Giullari. Chi fa i conti senza l’oste… con quel che segue , dice il proverbio e seguì proprio così anche a me. Figurati che quando le 16 furono vicine scesi giù dalla nonna ad attendere per riceverla più presto, ma aspetta le 16 le 16 e mezzo le 17… niente non verrà mi dicevo ed ogni poco correvo alla finestra ma sempre inutilmente; il postino non si vedeva. Volevo scriverti, ma come fare? Con quell’agitazione che mi metteva addosso l’inutile attesa non mi sarebbe stato possibile di mettere giù un solo rigo, e poi a che pro rattristarti? Davanzo povero Ninuccio mio sei solo solo in codesta bene detta Ischia e non puoi nemmeno udire la tua Giorgina che ti ripete ti amo tanto! Cercai d’ingannare il tempo parlando con la nonna ed anzi lei mi domandò se mi avesse portato male avere in regalo una coroncina. Io le disse che da te non l’avrei voluta, ma da lei si, ed allora me ne regalò una che è qualcosa di grazioso e di bellino. Gliela portò da Roma lo zio Beppe e lei l’ha data a me perché abbia il ricordo suo e dello zio uniti. Quanto mi vuol bene e che pensieri gentili che ha quella nonnuccia mia vero? Finalmente alle 17 ¼ ebbi la cara tua! Come mi batte forte il cuore a quella suonata di campanello! La coroncina mi aveva portato fortuna ed il mio raggio di felicità era giunto. Grazie Ninuccio grazie! Quando lessi la tua prima frase mi sentii allargare il cuore. Ti amo Ninuccio, ti amo tanto e quando sei triste soffro io pure e rido quando ridi. La mia anima è strettamente collegata alla tua, essa ne comprende le pene e le divide, non gusta la felicità che quando tu sei felice.
E’ morto se Dio vuole il mese di Agosto, pace a lui; il settembre è incominciato è un aumento di felicità ma la felicità vera sarà l’ottobre. Non ho ragione? Non pensavi così quando per provare se veramente eri leggiero come ti sembrava, ti saresti magari precipitato dalla finestra? Ma sai come sarebbe andata a finire?  Che l’aria non solo non ti avrebbe sostenuto, ma avrebbe esclamato: “non gli basta di respirarmi tutto il giorno e la notte anche, vuole che gli serva pure di mezzo gratuito per fare un viaggetto, è un poco troppo” e ti avrebbe abbandonato a te stesso lasciandoti capitombolare fino alla madre terra che come mamma essendo più compassionevole sarebbe stata di sotto per riceverti. Siccome però ti avrebbe ricevuto per troppo tempo, è meglio non aver bisogno di questa prova di affetto materno.
Dunque, via, ti è proprio rimasto addirittura indigesto quel fogliettino abborracciato? Battiti dunque il petto ed esclama come nel confiteor mea culpa mea culpa mea massima culpa! Non ti ricordi cosa mi scrivesti una volta ma non adesso? Che nelle mie lettere ti dispiaceva di trovare la carta bianca sia pure un pezzettino. Ora per rimediare a questo inconveniente io riempiva il foglietto, e siccome il benedetto orologio col suo tic tac sembra che dica: “è tardi Giorgina, la posta parte e la lettera resta” , tic tac tic tac”domani Cesarino tuo sospirerà invano la tua lettera e non l’avrà” tic tac tic tac “la Luisa va via non ti aspetta più e per chi farai impostare allora?” E così la sua vocina stridula mi incalzava mi spingeva ed allora io per dargli retta incominciavo a correre correre e giù alla rinfusa tanto per non lasciare ne carta libera ne la lettera a Firenze fino a che do don don suonavano le nove ed io balzavo dalla sedia mettevo giù un Giorgina bistorto e via di corsa a mettere il francobollo a fare l’indirizzo e a dar la lettera alla Luisa. Non ci credi?
Da qui avanti so che se il foglietto resta mezzo bianco, Cesarino non brontola ma anzi è contento di vedere che ho scritto meglio e forse ci trova meno spropositi, per cui non avrò bisogno di correre ma scriverò con tutta calma, sei contento?
Dimmi la verità quanti sbagli trovi nelle mie lettere che butto giù sempre alla svelta senza rileggere e con le idee strane e arruffate come una matassa stata fra le zampine di un gatto? Ma fa niente vero, chi non fa non falla e poi tu ci passi sopra a queste piccolezze, oramai ci hai fatto l’abitudine!! Perché poi vuoi che mi arrabbi se mi dici che mi fanno scrivere poco ecc. ecc.?Sarebbe impossibile tanto so che non è vero e la colpa è sempre mia che voglio scrivere molto e che mi ci metto tardi … tardi ho detto? Ritiro la parola mi alzo apposta alle 6! E’ la posta che parte troppo presto! Ma insomma o l’uno o l’altro. Fatto si è che le lettere erano scritte da ultimo con la massima furia e che se ci avevo pensato poco su dovevo accorgermene subito che ciò non ti poteva dar piacere. Diamine! Però non era sempre il non dover lasciare carta bianca che mi faceva correre dunque se mi spicciavo la colpa era tua. Va bene? Ma scherzo sai, non te ne avere a male, oggi mi sento più contenta era lieta la tua lettera d’ieri ed è così sempre quando le tue lettere sono liete sto più tranquilla, quando tristi mi sento afflitta come se mi fosse capitata una gran disgrazia. Ti voglio tanto bene Ninuccio mio che mi sembra fino impossibile di poter vivere tanto lontano da te, ma è per la tua salute che bisogna fare questo sacrifizio e mi rassegno molto più che i bagni ti fanno tanto bene. Credi ne sono proprio contenta e ne ringrazio il buon Dio, soffri dunque con coraggio Cesarino mio adorato, per amore della tua Giorgina che darebbe chissà cosa per alleviarti codesta sofferenza magari prendendola per se, e pensa che fra breve sarai sano e felice.
Domani o domani l’altro scriverò alla mamma e così le farò gli auguri per la sua festa. Cara mamma, l’amo tanto! Scriverò anche a Marietta ed intanto le dirò che quello che le ha detto quel cattivaccio di Cesarino era una bugia e che io le voglio bene quanto a Fortunata ossia tanto tanto.
Ieri sera dunque andammo al Pian dei Giullari; il nonno come ti ho detto sta benino ma ha il piede destro enfiato ed il medico vuole assolutamente che stia a letto. Dice che si tratta di dolori artritici gottosi. Figurati a lui che è così insofferente! Lo trovai però assai di buon umore e rise e scherzo assai. Mi disse che quando ti scrivevo ti salutassi e ti ringraziassi della premura che ti prendesti per lui. Anche lo zio e la zia ti salutano e stanno bene. Pare che il male del nonno più che altro sia stato causato da strapazzo, perché uno dei giorni scorsi ci fu un bruciamento dal contadino e lui stette ritto assai tempo per vedere i pompieri che spegnevano e camminò anche assai. Speriamo però che sia niente e che continui a migliorare.

Ma sai che con codesti pranzi luculliani ti abituerai male davvero? Come farai quando venendo a cena da noi troverai il vassoio di patate rifatte? Indovino la tua risposta è inutile che tu me la dica, lo so che le patate di Firenze saranno più saporite dei polli e dei pasticcini d’Ischia! Le scarpine lucide non mi fanno male e le rimetterò adesso quando dovrò provarmi l’abito bianco. La risposta circa le carte l’hai già avuta percui non aggiungo altro. Tutti ti salutano la nonna ti baci, mi ripete sempre che lei l’ha fatto proprio per contentarti di mandarti quel ritratto e che tu l’hai presa più a benvolere di quanto si merita. Figurati! Scrivile, son certa che la farai contenta.

Per oggi smetto perché la zia Marianna mi aspetta per andare con lei a comprare un vestito.
Ti mando mille baci ed abbracci e sperando ricevere anche oggi una tua che mi consoli mi dico sempre tua
                                  Giorgina              

2 commenti:

  1. Ciao papà, ho letto la lettera di Giorgina: molto dolce, semplice, viva. Un abbraccio, a presto, Paolo

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    1. L'avevo dimenticato quent'era bella nella sua semplicità questa lettera d'amore. Se avessi le capacità narrative di Vasco Pratolini, mi piacerebbe immaginare il seguito. Anche se quello che avrei in mente, considerato il periodo storico e il fatto che Cesarino è un ufficiale di carriera, con le guerre coloniali dell'Italia e la sanguinosa disfatta di Adua , avrebbe avuto sicuramente un finale tragico. Grazie della visita al blog. Un abbraccio.

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