domenica 24 ottobre 2010

NOI VIVI di Ayn Rand - Baldini & Castoldi - Milano - 1942 XX



Questo libro mi è caro perché era di mia madre: nella seconda di copertina c'è la sua firma. Ricordo che ne parlava come di un romanzo avvincente. Il fatto che parlando di Noi vivi, aggiungesse anche Addio Kira, mi fa pensare che coinvolgesse nel giudizio anche i due film tratti dal libro, che uscirono con questi titoli nel 1942, con Alida Valli, Rossano Brazzi e Fosco Giachetti.

L'autrice AYN RAND, pseudionimo di Alisa Zinov'evna Rozenbaum, scrittrice e filosofa americana di origine russa (S.Pietroburgo 1905-New York 1982) nel 1925, durante un viaggio negli USA, decise di non rientrare in URSS e si stabilì a Los Angeles, dove iniziò la sua attività di sceneggiatrice a Hollywood, lavorando tra l'altro con Cecil B.De Mille.

Il romanzo racconta la storia di Kira, un'eroina estremamente moderna per l'epoca nel racconto (1920) che per difendere e proteggere l'uomo di cui è innamorata, un nemico del bolscevismo figlio di un ammiraglio fucilato perché controrivoluzionario, non esita a diventare l'amante di un funzionario della GPU, la polizia segreta sovietica.

I personaggi descritti, spesso, risentono di uno schematismo, funzionale all'idea di fondo che pervade l'intero romanzo, che è una condanna definitiva dello stato totalitario, illiberale e fondamentalmente corrotto dagli stessi funzionari di partito.

Il fascismo italiano, interessato a pubblicare un'opera antibolscevica, ne fece fare una traduzione nel 1937 da Giuseppina Ripamonti Perego, che ne scrive anche un'interessante prefazione, che così conclude:


Libro dunque che non è solamente piacevole e interessante per il suo intreccio e i suoi caratteri, ma anche per questa sua energica e veridica descrizione delle spaventose condizioni portate ad un popolo infelice da un regime distruttore di quanto vi è di più bello e di elevato nella vita umana: la Religione, la Patria, la Famiglia."


Nel 1942, senza chiedere alcuna autorizzazione all'autrice, il regista Goffredo Alessandrini ne fece due film, appunto Noi vivi e Addio Kira, che ebbero un enorme successo di pubblico , anche perché la gente capiva che il tema del film non era solo contro il comunismo, ma contro ogni forma di totalitarismo, incluso il fascismo. Qualche mese dopo la distribuzione il regime li censurò entrambi.

Per tornare al romanzo, ci sono due parti che emergono dalla complessiva descrizione delle vicissitudini dei protagonisti, e sono: una lunga e lucidissima descrizione di San Pietroburgo, nel Primo Capitolo della Parte Seconda:

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....Pietrogrado non era nata, era stata creata. La volontà di un uomo l'aveva fatta sorgere dove gli uomini non avrebbero scelto di vivere. Un imperatore inesorabile impose la creazione della città e il luogo dove essa doveva sorgere. Gli uomini portarono la terra per riempire un pantano ove non si muovevano che le zanzare. E come le zanzare gli uomini morivano e caddero nella mota brulicante. Nessuna mano volenterosa concorse a costruire la nuova capitale: essa sorse dal lavoro dei soldati, di migliaia di soldati, di reggimenti che ricevevano ordini e non potevano rifiutarsi di affrontare un nemico mortale: fucile o palude. Essi caddero e la terra che avevano portato formò con le loro stesse ossa il suolo della città. Pietrogrado, dicono i suoi abitanti, poggia sugli scheletri.


In quattro meravigliose pagine la Rand descrive San Pietroburgo, e il sottile rapporto che lega i la città ai suoi abitanti, e poi l'importanza della Nevsky, la sua principale via, le Neva il fiume che l'attraversa, con l'elegante porto, i suoi palazzi, con le statue, i ponti, il Palazzo d'Inverno, la fortezza dei SS.Pietro e Paolo, quattro pagine indimenticabili, che svelano l'amore dell'autrice per la sua città natale.

L'altra descrizione, che emerge con forza dal romanzo, e l'interno di un bar alla moda, lussuosissimo, frequentato da equivoci funzionari di partito, nuovi arricchiti con la borsa nera e squallide figure femminili, escort d'epoca. I ritratti di queste tragiche e oscene figure, sembrano tratte dalle tavole espressioniste di Georges Grosz:

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.. Degli uomini erano seduti attorno alle tavole. Lampi gialli sprizzavano dai loro bottoni di brillanti e nelle gocce di sudore sulle loro facce rosse e accaldate....... In un angolo una testa calva e giallognola era china su una rossa bistecca su un piatto bianco. L'uomo tagliò la bistessa grattando la porcellana col coltello e quando un boccone spariva nella sua bocca le carnose labbra rosse sembravano un pezzo di carne penzolante. Dall'altro lato della tavola una fanciulla di quindici anni dai capelli rossi mangiava in fretta col capo incassato tra le spalle; quando rialzava la testa arrossiva dalla punta del corto naso lentigginoso fino al lentigginoso e bianco collo e contraeva la bocca come se stesse per piangere.

Il complesso rapporto che lega Kira ai due uomini della sua vita, può riassumersi nei versi della canzone di Marco Ferradini Teorema, che ipotizza come, più si tratti male una donna innamorata, più se ne conservano i favori e viceversa, naturalmente, come accerterà il buon Andrei Taganov, onesto funzionario del GPU, suicida per amore e per delusione da rivoluzione tradita, come Majakovsky.

Struggente la lunga marcia di Kira nella neve infinita, incurante della fatica disumana, verso il confine Lituano, in cerca della libertà, che arriverà inesorabile, sotto forma di una pallottola che la lascerà esamine sulla neve.


Un albero solitario si innalzava lontano nella pianura. Non aveva foglie. I suo rami sottili e radi non avevan raccolto la neve. Si stendeva pieno della vita di una futura primavera, con sottili rami come braccia nell'aurora che si alzava su una terra sterminata dove tante cose erano state possibili.

Ella giaceva sulla cima di una collina e guardava il cielo. Una mano bianca e immobile penzolava al di sopra del pensio e piccole gocce rosse cadevano lentamente, giù nella neve, al di sotto.

Ella sorrise. Sapeva di morire. Ma ora non importava. Aveva conosciuto qualcosa che nessuna parola umana poteva esprimere. Ed ora sapeva. Aveva atteso questa cosa e la sentiva come se fosse avvenuta, come se ella l'avesse vissuta. La vita era esistita anche solo perchè essa aveva saputo quale avrebbe dovuto essere, ed ella la sentiva ora come un inno senza suono, profonda sotto la piccola ferita che gettava gocce rosse sulla neve, pronda di là donde iscivan le gocce rosse. Un momento o l'eternità?... Importava forse? La vita, non vinta, esisteva e doveva esistere.

Ella sorrise, l'ultimo sorriso a tutto quello che sarebbe stato possibile.

F I N E



3 commenti:

  1. Molto interessante. L'ho messo nella mia lista di libri da leggere.

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  2. Scopro con piacere questa scheda dedicata al romanzo di Ayn Rand, autrice che per me è legata soprattutto a "La fonte meravigliosa", romanzo da cui è stato tratto il film omonimo di King Vidor, con Gary Cooper e Patricia Neal. E' uno dei miei film preferiti: l'ho visto la prima volta quasi quarant'anni fa, in tv. E' un film che mi ha fatto amare l'architettura. La pellicola e il romanzo da cui essa è tratta sono stati accusati di superomismo, sono etichettati "di destra". Ma a me affascina il personaggio dell'architetto Howard Roark che regala a un collega senza talento un progetto per un innovativo complesso residenziale e che non esita a far saltare per aria il cantiere quando si accorge che le sue idee formali sono state stravolte per andare incontro al gusto andante.
    L'autodifesa di Roark al processo che ne consegue è un appassionato atto di amore per la creatività, per l'individualismo, per il coraggio di andare contro corrente. E Roark riesce a farsi assolvere. Purtroppo non ho ancora letto il romanzo da cui è stata ricavata la trasposizione cinematografica (e il nostro blogger mi perdonerà se parlo di un film in un blog dedicato alla lettura), ma il la pellicola è veramente suggestiva, di grande qualità formale e piena di significati nascosti che si apprezzano e si scoprono rivedendola più volte.

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  3. E' forse il primo romanzo "serio" che ho letto, agli inizi dell'adolescenza (siamo nel 58/59). Avevo trovato questa stessa edizione, ma senza copertina, fra le cose dimenticate dagli "sfollati" che avevano soggiornato nella casa natale della nonna, in Brianza. Se nonna lo avesse conosciuto, me ne avrebbe certo proibito la lettura: io lo divorai, gustandolo come tutte le cose proibite. E ancora lo ricordo con precisione.

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