domenica 19 marzo 2023

Ezio Sinigaglia - SILLABARIO ALL'INCONTRARIO - Terrarossa Edizioni - 2023 - € 16,90


Chi come me non possiede gli strumenti metodologici di critica letteraria, deve affidarsi, per la valutazione di un testo, al semplice piacere che ne ricava durante la lettura, al rammarico di doverla interrompere e alla profonda tristezza che lo invade a fine lettura quando deve abbandonare i personaggi a cui si è ormai affezionato.  E' un sistema semplice che funziona in automatico alla sola condizione di porsi nei confronti della lettura con animo aperto, come quando si era ragazzi e la lettura di un romanzo rappresentava un'avventura appassionante che ci faceva dimenticare il gioco e i pasti.

Esattamente quanto è accaduto con la lettura di quest'ultimo lavoro di Ezio Sinigaglia: avrei voluto che il suo sillabario contenesse più lettere per prolungare ancora e ancora il piacere, il divertimento e la commozione nel seguire le vicende dei personaggi di questo sorprendente romanzo, a cominciare dal vecchio Tersi, monocolo sdentato e accumulatore di coccole. Certo, dipende dal ricordo dei troppi animali avuti, che ci hanno riempito e rovinato la vita, se riesco ad immedesimarsi così bene nella determinazione del protagonista di non voler più essere il domestico deĺla propria fauna domestica.

Ma non è un romanzo sugli animali, è un romanzo biografico, sui sentimenti e sul malessere esistenziale che accompagna la nostra vita: si dipana nella forma inedita del romanzo giallo, dove gli indizi vengono profusi all'incontrario dalla Z alla A con momenti di grande tenerezza e di umorismo in cui possiamo riconoscerci e sorridere di noi stessi.

Alla lettera B come bambini ho rivissuto, attraverso l'esperienza del protagosnista, uno stesso dimenticato imbarazzo:
«Restammo un po' così, abbracciati in quel modo infantile, ma dolcissimo che a me sembrava una conquista in sé, degna di essere gustata lungamente: non che non intendessi procedere: al contrario, andavo già elaborando progetti assai confusi, ma ardimentosi di nudità splendenti, di esplorazioni dell'ignoto che davan le vertigini: progetti che mi mettevano paura, va da sé: dei gesti opportuni, dei preliminari necessari non avevo che frammentarie immagini cinematografiche, sparsi e pallidi ricordi letterari, e sull'anatomia con cui mi sarei trovato a fare i conti riuscivo solo ad architettare ipotesi, della cui incongruenza ostettrica e urologica ero beatamente ignaro: e tuttavia il capino di Miele mi pesava sulla spalla con tale disarmata terezza da mitigare molto la paura: sentivo che mi avrbbe lasciato tutto il tempo d'imparare con lei, per lei, che nello sgocciolare lento e dorato del miele dei suoi occhi si sarebbe liquefatta ogni vergogna:...»

 Alla fine delle 232 pagine, con la parola Aldilà si conclude un viaggio che è stato terapia  dell'anima per il narratore e  divertimento molto coinvolgente per il lettore. 

lunedì 12 settembre 2022

FIFTY-FIFTY - Sant'Aram nel Regno di Marte di Ezio Sinigaglia - TERRAROSSA EDIZIONI 2022


 

Giorni fa mi chiedevo: perché continuiamo a leggere letteratura, nonostante ci venga ricordato tutti i giorni come la letteratura sia definitivamente morta, defunta, seppellita? Cosa spinge, milioni di parsone, sane di mente, intelligenti, nel pieno delle loro facoltà, ogni giorno della  loro vita, a compiere quest’atto di necrofilia, a perpetuare questo vizio assurdo, se non l'amore che neanche la morte (presunta) può sconfiggere?

Per dire, si ascolta, si prova, si annusa in giro, si inseguono tracce, si fanno tentativi, poi, un giorno, per caso, il suggerimento di un amico ti svela quello che in fondo già sapevi e che avresti dovuto fare “Hai letto…”. “No.”

Ma come, mi dico, eri rimasto così entusiasta quando leggesti, un paio di anni fa, quella favola erotica medievale, scritta  in un italiano antico, musicale così congeniale alla storia, “L’imitazione del vero” di Ezio Sinigaglia, IL LETTORE IMPENITENTE: Ezio Sinigaglia - L'IMITAZIONE DEL VERO - TerraRossa Edizioni, 2020, € 14,00 (giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.com) da farti confessare a te stesso come l’orgoglioso principio a cui ti attenevi, di non leggere autori viventi, fosse un atto anacronistico e snob, da abbandonare per non correre il rischio del ridicolo.

Già il titolo, FIFTY-FIFTY Sant’Aram nel Regno di Marte (2022) m’intriga subito e mi lascio risucchiare da una storia che, per il linguaggio non ha uguali, né precedenti, se escludiamo il primo volume di questa incredibile saga che, per ragioni legate al mio disordine mentale, ho letto in un secondo momento, FIFTY-FIFTY, Warun e le avventure conoerotiche del 2021, c’è da dire però che, invertendo l’ordine naturale dell’opera, non ne ha risentito né la comprensione né il divertimento.

Come ci hanno insegnato, non esistono i generi, per questo non definirei mai questo romanzo, come mi è accaduto di leggere, omoerotico, sarebbe considerare una sola componente di questa amalgama di elementi, sapientemente miscelati, che lo compongono; attraversati da una costante vena divertente e divertita, da un umorismo inusuale nella narrativa contemporanea e arricchito da un linguaggio, che audacemente si inventa ad ogni rigo.

Quando si parla del problema dello stile, ecco Ezio Sinigaglia non ne ha uno, se ne inventa uno per ogni storia che scrive, scegliendo quello più appropriato, ed ogni volta e una piacevole sorpresa.

Questo l'incipit: 

Le ultime sei-sette battute sono funestate dall'apparizione delle gengive di Manon. Memento mori. Come se non bastasse Debussy, con i suoi rintocchi sepolcrali. E, per di più, dietro le gengive di Manon, ecco affacciarsi la dentatura famelica di Smokecock. Con i suoi trascorsi di infanticida, la dottoressa sembra evocare un Children's Corner tutto speciale. Unn mucchieto di ossicini bianchi. Che cos'avranno, ambedue, da ridere tanto? Una cosa è certa: Manon ha una notizia sulla punta della lingua. Solo il demone dell'informazione la scoperchia a tal punto. Più la notizia urge, più il labbro superiore sale. E traspare lo scheletro. Proprio come le conduttrici dei telegiornali: più è grossa la catastrofe d'apertura, più salgono le sottanine, e prorompono i coscioni. La Smokecock le fa da passacarte, o da valletta. I suoi coscioni, lei, li mostra sempre con fierezza, indipendentemente dal numero dei morti. Non ha il talento porno-sadico della giornalista, la povera Smokecock. Solo il sadismo inconsapevole, indifferente, asettico dei nipotini di Esculapio.

Notevole, eh? Niente paura, il romanzo è preceduto da un utile elenco dei Personaggi principali, con i loro nomi e soprannomi.

Buona lettura.


mercoledì 15 dicembre 2021

Emilio De Marchi - IL CAPPELLO DEL PRETE - Biblioteca Moderna Mondadori 1960 £ 3.000


   Il cappello del prete, primo romanzo noir italiano, fu edito a puntate, come tutti i grandi romanzi d'appendice, nel 1887  e in volume l'anno successivo per i tipi di Trreves. Alcune fonti indicano la rivista cattolica L'Italia di Milano quella che pubblicò a puntate il romanzo, ma la storia di questa rivista inizia solo nel 1912, e quella che la precedette, L'Unione, nel 1907. Le date non coincidono e rimane il mistero di dove sia stato realmente pubblicato il romanzo, fermo restando il primato del genere, almeno nel nostro paese, anticipato solo

lunedì 10 maggio 2021

Herman Melville - OPERE SCELTE Vol. I - Mondadori - 1982 - £ 30.000


Sto affrontando dopo molti anni dalla prima, la seconda lettura di Moby Dick nella classica versione del giovane Pavese, anche se ho letto, e mi ha molto incuriosito, della ennesima traduzione, la sedicesima per l'esattezza dal 1932, molto discussa, quella di Ottavio Farina per Einaudi, secondo alcuni geniale per il linguaggio scelto, un italiano prezioso e arcaico quello della prima metà dell'ottocento, ritenuto più coerente ai contorcimenti lessicali di Melville, mentre altri, all'opposto, lo giudicano negativamente proprio per questa arbitraria scelta, che complica gratuitamente un testo di per se già impegnativo di suo. 

Comunque, vado avanti con la storica versione di Pavese. La lettura procede spedita, la narrazione è  avvincente, la prosa opulenta, con periodi ricchi e complessi, subordinate e riferimenti articolati, come forse si incontrano solo in Proust.

domenica 22 novembre 2020

Valentin M. Berezhkov - IN MISSIONE DIPLOMATICA DA HITLER - CEI 1963 - £ 2.000





http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/russia/3223834/Stalin-planned-to-send-a-million-troops-to-stop-Hitler-if-Britain-and-France-agreed-pact.html

martedì 22 settembre 2020

Curzio Malaparte - MALEDETTI TOSCANI - Vallecchi - 1967


Com'è toscanamente irritante quell'ostentato politically incorrect, Maledetti toscani  pamphlet del 1956, com'è sfacciatamente esibito quella forma di parcellizzazione di un campanilismo atavico,  ma quanto ce lo rende simpatico questo suo voler essere a tutti costi contro, contro tutti, anche contro se stesso. 

Curzio Malaparte, pseudonimo di Kurt Erich Suckert (1898-1957) giornalista, scrittore, regista,  è uno di quei personaggi del secolo scorso la cui opera non si esaurisce nei libri scritti o nelle opere lasciate alla posterità, ma che hanno fatto della loro vita un'opera d'arte.

lunedì 29 giugno 2020

Albertine Simonet - L'INCOMPRESA - Editori Indipendenti -









«Tranquillo, non è il solito romanzetto rosa» mi disse l'anziana signorina della libreria, porgendomi il volume, e anticipando il  rifiuto che aveva letto nella mia espressione, «se le è piaciuta la Sagan, vedrà, la Simonet è ancora più pungente e ironica». A me la Sagan non era piaciuta affatto, forse perché leggendola molti anni dopo il suo clamoroso esordio, non ne avevo colto la carica dissacratoria di quel mondo borghese ipocrita, appena uscito dalla guerra.

«La Simonet è vissuta in una Parigi diversa da quella della Sagan, una Parigi favolosa, alla fine della Belle Époque». La simpatica signorina di mezza età che gestiva la piccola libreria in Prati, doveva avermi scelto come suo lettore ideale, da plasmare secondo i suoi gusti letterari; forse suggestionata da alcuni libri di poesia che avevo acquistato nelle mie prime visite, ed ogni volta che entravo da lei, mi proponeva qualcosa che dovevo assolutamente leggere. Un po' per debolezza, un po' per cortesia e un po' anche per non deludere l'immagine che doveva essersi fatta di me, acquistavo senza fiatare le sue proposte di lettura, senza grosse delusioni veramente, ma anche senza scoperte clamorose: la verità è che cominciavo a stancarmi di questa forma di condizionamento.

 «No, non credo che possa interessarmi» le dissi, restituendole il libro che avevo svogliatamente sfogliato, «non è il mio genere». Mi guardò con aria divertita: «E qual è il suo genere?» mi chiese interessata, senza alcun intento ironico. Bella domanda, mi dissi, qual è il mio genere? La mia passione per la lettura era cresciuta in modo spontaneo e disordinato, senza nessuna regola, neanche quella ingenua che aveva formato il mio idolo di adolescente, Martin Eden: cioè l'ordine alfabetico.

A quel tempo amavo il linguaggio diretto e sincopato degli americani della lost generation, solo da poco, grazie a Lo Scialo di Pratolini, mi ero avvicinato agli italiani e le scoperte erano state tante e coinvolgenti.

«Albertine Simonet è un personaggio centrale di Alla ricerca del tempo perduto, di Marcel Proust. Non mi dica che non l'ha letto?» l'espressione di sorpresa, ma anche di sottinteso rimprovero con la quale mi poneva la domanda, mi lasciò sconcertato e risposi, impacciato, che i molti impegni di lavoro non mi lasciavano il tempo necessario per un'impresa così impegnativa.

 «Si, lo so, è la scusa di tutti i pigri, ma lei dà l'impressione di cercare qualcosa di più dalla lettura, che il semplice passatempo, o la curiosità. Lo so, la recherche richiede impegno, concentrazione, ma ciò che se ne riceve in cambio, ha un valore di gran lunga superiore all'impegno profuso, senza considerare il piacere di esser preso come da un incantesimo».

 Imbarazzato, quasi mi scusai per quella grave lacuna nelle mie letture, che promisi di colmare in tempi migliori.

 Per tornare al volumetto della Simonet, la gentile libraia mi raccontò, per sommi capi, la storia di quel libro. Era la ristampa di una traduzione che era uscita nei primi anni cinquanta ad opera di un letterato italiano, residente da anni a Parigi, che ne aveva curato la traduzione,  amico nientemeno di Colette. Sembra che fu Colette a spingere Albertine Simonet,  cui era legata da affettuosa amicizia, a scrivere questa autobiografia ed a curarne la pubblicazione.

 Non potei fare a meno di portarmi a casa il libro, con la segreta intenzione di regalarlo ad una mia amica, lettrice onnivora quanto accanita.

Come spesso accade, soprattutto nelle case disordinate, il libro della Simonet scomparve nel mare magnum cartaceo e da allora se ne persero le tracce, ma non dispero di ritrovarlo  ora che giudicherei preziosa quella lettura.



(La copertina è una ricostruzione di fantasia, sul ricordo di quella vista tanti anni fa)