martedì 29 agosto 2017

Gianandrea Gavazzeni - LE CAMPANE DI BERGAMO - Mondadori 1953 - £ 1.000


Tra  vecchi libri conservati in scatoloni, ripesco con piacevole sorpresa questo volume della storica collana mondadoriana Il Tornasole, diretta da Niccolò Gallo e Vittorio Sereni, del Maestro Gianandrea Gazzeni (1909-1996). 

Della sua imponente produzione letteraria, prevalentemente saggistica, notevole è la parte diaristica: Le campane di Bergamo (1953) comprende scritti del decennio 1950-1960: viaggi, mostre visitate, libri letti, incontri con musicisti dell'epoca e personaggi della cultura, considerazioni su argomenti musicali, letterari,  artistici.

Incredibile la quantità di personaggi illustri concentrati in quel decennio  che il Maestro Gavazzeni frequentava abitualmente: Toscanini, Goffredo Petrassi, Backhaus, Ildebrando Pizzetti, Callas, De Sabata, Serafin, Franco Alfano... e Berenson, Bacchelli, Cecchi, Corrado Alvaro, Montale, il musicologo Massimo Mila, Gianfranco Contini, Piovene, Bruno Barilli, Landolfi, Attilio Bertolucci, Guttuso, Francesco Flora ...

La scrittura è fluente, precisa, ne risulta una lettura piacevole, che ci rende partecipi di avvenimenti che sono storia: qui il lungo racconto della traslazione della salma di Mascagni a Livorno:

Livorno dal 17 al 30 giurno (1951)
   Partiamo per Livorno con una sicura leggerezza. Come se l'esito del nostro lavoro preparatorio fosse certo. Solitanente non mi abbandono alla fiducia sin quando l'esecuzione non è avvenuta. Chi mi ha dato tranquillità stavolta?
   Discorsi teatrali, vani, ripetuti nel giro di una loro retorica, affidati al gusto della tradizione melodrammatica italiana. Sono la voce di un costume che seguita la sua vita anche nelle esperienze della modernità. Provo il piacere di vivere negli innesti con gli ambienti più lontani. Si appartiene a una realtà, con il trapasso rapido da una verità all'altra. E' vero codesto convenzionalismo della passione teatrale; sono veri gli incontri in ben diverse zone della cultura e della vita sociale.
   Le manifestazioni popolari per l'arrivo del feretro mascagnano. A un'ora del tramonto avviene il trasporto sul Colle del Montenero, al Santuario. Episodi che attestano la presenza della musica in una collettività popolare. Se ne coglie la forma completa essendone partecipi, e pur guardandone il movimento col distacco che già appartiene alla storia di un'epoca o di un artista. Momento memorabile, per l'emozione che passa nella folla, nei gruppi di popolani, nelle figure isolate. Livorno che ama il suo Mascagni. Non credo siano espressioni da confinare nella definizione provincialistica. Sono momenti essenziali di una vita popolare.
   Il feretro sale per il colle, nell'ora lucente. Su un poggio è la villa di Byron, diroccata, bianca, tra il cerchio dei pini marittimi. La gente si affaccia alle soglie, punteggia i sentieri di macchie scure nell'oro grande del giorno.
   Su al Santuario, il cortile gremito, torno torno al portico; giovani frati, chierici alle finestre, come nella composizione di un quadro storico. Il Capitolo del Duomo, gli stendardi, i gonfaloni dei Comuni. Nel fondo il coro, l'orchestra. Si attacca " L'inno al Sole". Per giustezza di calcolo, al punto che il feretro portato a spalle raggiunge il sommo della scalea, il coro prorompe: "Son io la vita..."; dirigendo l'esecuzione non vedo quanto mi accade alle spalle: odo un sussurro mescolato alla musica, come se prendesse murmure il fremito che passa nella folla. Dopo l'esecuzione il lungo discorso di un ministro. L'ascoltano soltanto i più vicini, per obbligo. S'ode a tratti una voce opaca, tediosissima.
   Oltre al suo significato spirituale, seguito a considerare l'episodio nell'ordine di una struttura figurativa. Posso amare le "bottiglie" di Giorgio Morandi: e di Morandi quegli stupendi alberi, pur vagheggiando nella gran scena popolare la possibilità di una composizione pittorica. Come un adagio di Bartok, mi consente altrettanto legittima l'esistenza di certe pagine dell'Iris.
   L'indomani ancora il feretro che passa per le strade della città. All'uso antico, quando feste nuziali e feste funebri illustri duravano più giorni. Sosta dinanzi al teatro: un carro solenne avvolto nel chiaro scuro delle gualdrappe nerissime e del vivo argento. Balconi e finestre stipati di braccia in movimento. E un moto di gambe penzoloni sul muricciolo che limita la piazzetta. Durante la sosta la fiamma delle torce sbiancata per la calura e la luce. Dall'interno del teatro viene il suono di una famosa pagina mascagnana.
   Ho il senso di ciò che si perde di una vita musicale, di ciò che rimane, di ciò che vale, per chi chiede la presenza di codesti attimi. E sento il valore di quanti hanno saputo rispondere anche solo con alcuni momenti di grandezza. Le occasioni per le quali il valore estetico e il valore umano non si dissociano. Invano anche col ferro più sottile, tenteresti dividerli. Spenta la musica il carro si muove. Fiori dalle finestre. Cadono come voci, come esclamazioni. La fiammella delle torce si perde nel fumigare, estinguendosi. Seguono i gonfaloni dei comuni toscani. Ancora per del tempo la folla seguita a ondeggiare nelle strade intorno.
   Rimane una carica elettrica, come uno strano entusiasmo. La maggiore energia sembra venire dai morti. (...)
   Le tre recite dell'Iris. Il teatro è una caldaia di umanità fumante:. Mi piace inserirvi la nitidezza di una esecuzione precisa. "Il sentimento del tempo", come diceva Mozart dell'interpretazione musicale. Una volta tanto mi sembra di averlo raggiunto.

Di notevole interesse, soprattutto per gli amanti dell'Opera, gli incontri e le discussioni di Gavazzeni  con il Maestro Toscanini, dalle quali si evince, oltre che la straordinaria memoria musicale del Maestro, la scarsa simpatia per Puccini.

Attraverso il racconto di questi dieci anni di appassionata attività, si staglia il ritratto di un uomo di incredibile integrità morale, appassionato di arte, letteratura, filosofia e musica, naturalmente, pienamente partecipe del dibattito culturale dell'epoca, critico e molto polemico nei confronti delle innovazioni registiche definite "presuntuose avventatezze". E il riferimento non era a qualche signor nessuno improvvisatosi regista, ma ad un mostro sacro della regia teatrale, Luca Ronconi, "nessuno più potente di lui in quegli anni alla Scala".

Nel link un video realizzato per il centenario della nascita del Maestro Gianandrea Gavazzeni:

https://www.youtube.com/watch?v=MQxFGFmraWE