domenica 26 settembre 2010

LA REGINA MARGOT di A.Dumas - Editoriale Lucchi - Milano - 1968

Pesca grossa l'altro giorno al reparto Libri Abbandonati della COOP di Genzano: ben cinque volumi della collana I Grande Romanzi Storici di Alessandro Dumas, di cui alcuni ancora con i quinterni da tagliare. Tra questi l'intrigante primo volume del "Ciclo degli ultimi Valois": La Regina Margot.

Margherita di Valois, figlia di Enrico II di Francia e di Caterina de' Medici, detta Margot dal fratello (Re Carlo IX) e sposa di Enrico di Navarra, poi Re di Francia come Enrico IV, le bon Roi Henris, come veniva chiamato dal suo popolo.

Romanzo storico nel quale, l'avversione di Dumas nei confronti della fiorentina Regina Madre, Caterina de' Medici, emerge fortemente, dando così vita ad un personaggio totalmente negativo, le cui nefandezze, intrighi e cospirazioni pone al centro della storia, che parte dalla Notte di S.Bartolomeo e finisce con l'avvelenamento (per errore) di suo figlio Carlo IX.

Al contrario, Caterina de' Medici, fu sostenitrice della tolleranza civile, tentò numerose volte di seguire una politica di conciliazione tra le fazione avverse, ma si guadagnò il poco amabile appellativo di Reine Noire e Dumas, che non è storico ma romanziere, capisce che tali caratteristiche negative sono funzionali al feuilleton, così come lo sono quelle della cattivissima Sally Spectra in Beautiful.

Daltronde in Dumas non cerchiamo la verità storica, ma l'ambientazione precisa, l'avventura, l'intreccio, la suspence che è alla base del romanzo d'appendice, e questi elementi funzionano perfettamente.

A margine va ricordato che Caterina, portando a Parigi i suoi cuochi toscani, fondò la famosa cucina francese, divise nella cucina i cibi salati da quelli dolci, introdusse a corte l'uso della forchetta e fu lei a diffondere tra le dame di corte... l'uso delle mutande.

domenica 5 settembre 2010

F M R ovvero il capolavoro di FRANCO MARIA RICCI

Sono qui riprodotte le copertine della rivista Di Franco Maria Ricci FMR, il cui primo numero vide la luce nel marzo del 1982 e che all'epoca,venduta per abbonamento, costava l'equivalente di € 15,50.




Era una rivista che riusciva a coniugare all'eleganza estrema della forma, un contenuto rigoroso frutto di collaborazioni prestigiose.
Il primo numero contiene un servizio su Gli Astucci Sacri, reliquiari antropomorfi medievali e un esauriente servizio su l'opera di Luigi Serafini Codex Seraphinianus, con una godibilissima presentazione di Italo Calvino che tenta di decifrare il codice.

Nell'universo che Luigi Serafini abita e descrive, io credo che la parola scritta abbia preceduto le immagini: questa grafia corsiva minuziosa e agile e (dobbiamo ammetterlo) chiarissima, che sempre ci sentiamo a un pelo dal poter leggere e che pure ci sfugge in ogni sua parola e ogni sua lettera.
L'angoscia che quest'Altro Universo ci trasmette non viene tanto dalla sua diversità dal nostro, quanto dalla sua somiglianza: così la scrittura, che potrebbe essersi verosimilmente elaborata in un'area linguistica a noi straniera ma non impraticabile. Riflettendo, ci viene da pensare che la peculiarità della lingua di Serafini non dev'essere soltanto alfabetica ma sintattica: le cose dell'universo che questo linguaggio evoca, quali le vediamo illustrate nelle tavole della sua enciclopedia, sono quasi riconoscibili, ma è la connessione tra loro ad apparirci sconvolta, con accostamenti e relazioni inaspettati. Il punto decisivo è questo: la scrittura serafiniana, se ha il potere di evocare un mondo in cui la sintassi delle cose è stravolta, deve contenere, nascosto sotto il mistero della sua superficie indecifrabile, un mistero più profondo che riguarda la logica interna del linguaggio e del pensiero. Le immagini dell'esistente contorcono e accavallano i loro nessi, lo scompiglio degli attributi visuali genera mostri, luniverso di Serafini è teratologico. Ma anche nella teratologia c'è una logica, i cui lineamenti di momento in momento ci sembra di veder affiorare e svanire, come i significati di queste parole diligentemente vergate in punta di penna. Come l'Ovidio delle Metamorfosi, Serafini crede nella contiguità e permeabilità d'ogni territorio dell'esistere.




Il trapasso da una forma all'altra è seguito fase per fase nella coppia umana in amplesso che gradualmente si trasforma in caimano. E' questa una delle più felici invenzioni visuali di Serafini.

Una rivista davvero insolita, preziosamente intelligente, arguta e un po' esclusiva: roba d'altri tempi!