domenica 20 giugno 2010

Lalla Romano - L'OSPITE - Einaudi, 1973 - £ 2.000 di Lalla Romano


Confesso che devo la scoperta di questo dimenticato romanzo di Lalla Romano (1906-2001) al fatto che, per ragioni di spazio, l'incombrante biblioteca del mio fratello più grande è stata ridimensionata, e una parte con grande dispiacere chiusa in scatoloni e affidatimi per una conservazione, la cui durata non è stata precisata.

Ogni tanto cerco di dare un ordine a questa mole di libri, catalogarli; ma più spesso apro a caso le scatole alla ricerca di qualche stimolante o semplicemente nuova lettura.

Così è capitata questa Lalla Romano del 1973, in un romanzo  forse minore rispetto alla sua più nota e importante produzione, ma che a quella si ricollega per il linguaggio, semplice, lineare, asciutto, pervaso da una ironia affettuosa, scevra da ogni sentimentalismo.

Un romanzo con una trama quasi inesistente, senza colpi di scena, che si regge sulla capacità della parola di rendere vivo il racconto del quotidiano, con rimandi, allusioni, riferimenti  alla cultura classica della sua autrice, insegnante di storia dell'arte, ma anche alla capacità propria del poeta di  togliere anzichè aggiungere, per arrivare all'essenziale.

Questo l'incipit:

La notte lo potevo guardare dall'orlo del mio letto, affondato nel suo, dalle sponde altissime: il capo rotondo piumoso rilevato di profilo, il suo profilo così tenue, i piccoli pugni ai lati, e il resto come una enorme chiocciola, sollevato sui ginocchi piegati sotto, avvolto nel vecchio scialle.
Intorno era il mio solito mondo non più mio. Le pile frananti, le torri pendenti dei libri, dei fogli; l'instabile proliferazione delle immagini appuntate dappertutto sui muri e scaffali, con chiodi, con spilli, con puntine da disegno.
Ma chi è L'Ospite:
L'ospite è soprattutto apportatore di gioia; ma essendo la sua presenza - transitoria - intimamente legata alle ultime radici, sommuove il senso della vita, crea nuovi legami fra le cose, le persone, i pensieri.

Difficile sottrarsi al fascino di questa scrittura. 

martedì 15 giugno 2010

LE LETTERE DA CAPRI di Mario Soldati

Che le ri-letture, rispetto alle prime letture, siano più interessanti, più profonde, credo di averlo scritto più volte, aggiungo che anche le sorprese spesso non mancano, sopratutto quando vengono a correggere un ricordo  diverso di quel libro.

E' il caso di questo bel romanzo di Mario Soldati, che gli valse nel 1954 il Premio Strega. Lo ricordavo diverso, un banale fatto di corna, la scoperta, attraverso il ritrovamento di alcune lettere, del tradimento di una moglie. Forse ero troppo giovane alla prima lettura e proiettavo sul romanzo la mia banalità esistenziale.

Innanzi tutto la forma. L'autore, che scrive in prima persona,  è se stesso:  un affermato regista cinematografico. Ma la storia non riguarda lui, bensì un amico americano, che gli sottopone una storia, la sua storia, come soggetto cinematografico.

I due piani narrativi si alternano e i personaggi  disvelano se stessi attraverso lo sbalordimento e l'attrazione di fronte alla mentalità mediterranea, verso un modo di vivere del tutto naturale, quasi pagano.

Non racconterò, ovviamente la storia, che lascio alla gioiosa scoperta di chi vorrà incontrare questo romanzo,
che, dopo l'inflazione neorealista degli anni del dopo-guerrra, rappresentò l'inizio di un ritorno al romanzo d'invenzione, di struttura ben congegnata e incalzante.

sabato 5 giugno 2010

L'ATTENZIONE di Alberto Moravia

E' uno strano romanzo, questo. 

Nel Prologo, che è parte integrante del Romanzo, è lo stesso protagonista, che scrive in prima persona, a spiegarcene il meccanismo narrativo. Un giornalista, alla ricerca dell'autenticità, decide di tenere un diario nel quale annotare quanto accade nella sua vita di tutti i giorni, una raccolta di materiale con l'intenzione di utilizzarlo  in un  romanzo.

Nel diario entra un po' tutto, dalla cronaca giornaliera, a fantasiose evoluzioni di fatti già accaduti, quindi bugie, sogni, considerazioni, ma ogni volta è l'autore stesso a riportare la verità, analizzando i motivi che lo hanno portano a scrivere delle falsità.

Centrale nel Diario, che è propedeutico al Romanzo, il rapporto tra il protagonista e Baba, figlia adolescente di sua moglie, tra tentazioni incestuose e tentativi di creare un rapporto normale all'interno di una famiglia che di normale non ha niente.

Qualcuno ha ritenuto che questo romanzo, per concisione di linguaggio, per asciuttezza morale e artistica, sia il più riuscito di tutta l'opera di Moravia.