martedì 18 gennaio 2011

Andrea Camilleri: SICILIANITA' TRA STORIA E FINZIONE






















Di Camilleri avevo letto solo l' intensa biografia di Lugi Pirandello: Biografia del figlio cambiato (2000), e il divertentissimo "pastiche" La scomparsa di Patò(2000) e di entrambi ero rimasto affascinato, sia per la sua scontata capacità narrativa, che per l'umoristico disincanto con il quale guarda le cose del mondo. Il linguaggio poi è una continua epifania per la grande ricchezza semantica che caratterizza le diverse appartenze sociali dei personaggi.



Il birraio di Preston, che da il titolo al racconto, è un'opera lirica del prolifico (ben 28 opere!) e oggi poco noto compositore italiano Luigi Ricci (1805-1859). Il fatto storicamente provato che tale opera venne scelta dal prefetto di Caltanisetta, il toscano Bortuzzi, per inaugurare il locale Teatro dell'Opera, innescando così il tragicomico susseguirsi di eventi, che sono l'argomento del racconto, è nella celebre Inchiesta sulle condizioni della Sicilia del 1875-76.

I personaggi sono tratteggiati sapientemente con pochi efficaci tocchi e completati da dialoghi che ne caratterizzano la personalità.

Irresistibile la visione (da film muto) dell'ingegnere Gerd Hoffer, inventore di un carro antincendi, con pompa a vapore, all'opera con la sua squadra di pompieri.

Vicissitudini varie accompagnano il tentativo del prefetto di Montelusa di far rappresentare, quest'opera contro il parere dei cittadini di Vigàta, tra improbabili rivoluzionari, funzionari pavidi e uomini di rispetto: su questa varia umanità si posa lo sguardo smaliziato di Camilleri che coglie l'iperbole e il paradosso, l'amara coscienza dell'assurdo in cui viviamo (ieri e oggi) e il dolore sordo per l'immutabilità di questa condizione.

La struttura narrativa, divisa in capitoli il cui incipit rimanda ad altri romanzi che il lettore è chiamato ad individuare, presuppone un Lettore Modello (1), quello che si fa carico di stabilire una precisa scansione temporale ai fatti narrati e li ricostruisce cronologicamente.

(1) U.Eco Lector in fabula

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Andrea Camilleri trova, tra vecchie carte di casa, un decreto ministeriale per la concessione di una linea telefonica privata.

"Il documento presupponeva una così fitta rete di più o meno deliranti adempimenti burocratico-amministrativi da farmi venir subito voglia di scriverci sopra una storia di fantasia".

Nasce così La concessione del Telefono (1998) dove si raccontano le sventure di Pippo Genuardi, proprietario del primo quadriciclo a motore marca Panard & Levassor, acquistata a Parigi in occasione dell'Esposizione Universale del 1889, che decide di chiedere una linea telefonica privata.

Anche in questo agrodolce racconto emergono quei problemi che, dall'unità d'Italia ad oggi, sembrano ineluttabile condizione della gente di Sicilia, tra malgoverno, mafia e stupidità burocratica, ma la mano leggera di Camilleri, la sua carica ironica, riesce a strappare sempre un sorriso.

Ci sono libri fine a se stessi, che si concludono cioè con la semplice lettura e non ne richiedono di ulteriori , altri che rimandano ad altre letture e questi sono quelli che amo di più.

La concessione del telefono ha in apertura una citazione intrigante:


...) e i tribunali militari, e i furti, gli assassinii, le grassazioni, orditi ed eseguiti dalla nuova polizia in nome del Real Governo; e falsificazioni e sottrazioni di documenti e processi politici ignominiosi: tutto il primo governo della Destra Parlamentare! E poi era venuta la Sinistra al potere, e aveva cominciato anch'essa con provvedimenti eccezionali per la Sicilia; e usurpazioni e truffe e concussioni e favori scandalosi e scandaloso sperpero del denaro pubblico; prefetti, delegati magistrati messi al servizio dei deputati ministeriali, e clientele spudorate e brogli elettorali; spese pazze, cortigianerie degradanti, l'oppressione dei vinti e dei lavoratori, assistita e protetta dalla legge, e assicurata l'impunità agli oppressori.....

Luigi Pirandello I vecchi e i giovani
Molto più di un semplice stimolo ad una nuova lettura: nel 150° anniversario dell'Unità d'Italia,
quasi una provocazione a rileggerne criticamente le modalità e risultati.



martedì 4 gennaio 2011

CHARLES ELIOT NORTON MEMORIAL LECTURES


Charles Eliot Norton, (1827-1908) professore di Storia dell'Arte a Harvard, traduttore di Dante: Vita Nova e Divina Commedia, uomo di profonda cultura umanistica, si interessò anche di problemi sociali, pedagogia liberale e persino medicina, per esempio difendendo l'eutanasia, fece parte di un movimento per la dignità della morte assistita in Ohio e Iowa.

Uno dei suoi studenti James Loeb nel 1925, divenuto filantropo, creerà in suo onore le Charles Eliot Norton Memorial Lectures, conferenze annuali, aperte ad un pubblico eterogeneo, tenute da studiosi di fama internazionale con lezioni su ogni forma di comunicazione estetica: poetica, letteraria, musicale o figurativa.

Tra le personalità invitate, dal lontano anno accademico 1925-26 ad oggi , ci sono il poeta T.S.Eliot, i compositori Stravinsky e Copland, il pittore americano Ben Shahn, l'architetto Pier Luigi Nervi, lo scrittore e poeta messicano Octavio Paz, il poeta argentino J.L.Borges, i musicisti Leonard Bernstein e Daniel Barenboim, gli scrittori Nadine Gordimer e Orhan Pamuk.

Per l'anno accademico 1985-86 fu invitato Italo Calvino ed era la prima volta che la scelta cadeva su uno scrittore italiano. Calvino scelse di trattare alcuni valori da conservare nel prossimo millennio (quello attuale) e li individuò in leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità. La sesta lezione consistenza, aveva intenzione di scriverla ad Harvard e, secondo gli appunti lasciati, si sarebbe riferito a Bartleby lo scrivano di Herman Melville. Un ictus se lo portò via per sempre nel settembre del 1985 e gli impedì di tenere quelle le lezioni che furono pubblicate, quindi, postume.

Accade talvolta che il libro più significativo d'uno scrittore sia l'ultimo e addirittura postumo, poichè soltanto in esso egli raggiunge il culmine dell'opera sua, la pienezza dei suoi mezzi espressivi e si rivela compiutamente a se stesso Leggendo le Lezioni americane di Calvino( ... ) la sensazione è che al termine della vita, Calvino abbia prodotto il suo capolavoro, superiore di gran lunga alle molte opere di saggistica e di narrativa che pure ne avevano fatto lo scrittore europeo forse di maggior spicco degli ultimi trent'anni...

Così scriveva Eugenio Scalfari su Repubblica il 2 giugno 1988, in occasione della pubblicazione delle "lezioni" per Garzanti, e concludeva:

Noi abbiamo avuto il privilegio o il caso d'essergli stati compagni mentre il seme di quel suo prezioso Dna cominciava a trasformarsi nell'albero che poi è cresciuto, svelto e nodoso dalle aeree verdi fronde e dalle profonde radici.

Nell'anno accademico 1992-93 l'invito a tenere le Norton lectures fu rivolto ad Umberto Eco, semiologo oltrechè romanziere di successo, e in questa veste l'illustre linguista, accompagna gli affascinati lettori attraverso Sei passeggiate nei boschi narrativi, così articolate:

1) Entrare nel bosco, è un dichiarato omaggio a Calvino
e l'esposizione di due concetti centrali di Eco: Lettore Modello e Autore Modello;

2) I boschi di Loisy, attraversano la novella Sylvie di Nerval (insieme a Joyce,Proust,Poe) vengono analizzati i tempi della narrazione.

3) Indugiare nel bosco
(e nel racconto): il tempo della fabula, tempo del discorso e tempo di lettura (Manzoni, Flaubert, Mickey Spillane, Dumas, Dante);

4) I boschi possibili, tratta del patto finzionale (Coleridge, Kafka, Stout,Stendhal), ma sopratutto afferma: "...leggere racconti significa fare un gioco attraverso il quale si impara a dar senso alla immensità delle cose che sono accadute e accadono e accadranno nel mondo reale. Leggendo romanzi sfuggiamo all'angoscia che ci coglie quando cerchiamo di dire qualcosa di vero sul mondo reale. Questa è la ragione terapeutica della narrativa e la ragione per cui gli uomini, dagli inizi dell'umanità, raccontano storie. Che è poi la funzione dei miti: dar forma al disordine dell'esperienza".

5) Lo strano caso di via Servandoni, qui Eco si diverte a scoprire come, nel romanzo I Tre Moschettieri, Dumas commetta un errore, facendo incontrare a d'Artagnan Madame Bonacieux, di cui è innamorato e geloso, in Rue Servandoni, abitazione di Aramis. Ma nel 1625, anno in cui si svolgono i fatti narrati, non poteva esistere tale via, perchè "l'architetto fiorentino Giovanni Nicolò Servandoni è nato nel 1695, nel 1733 ha disegnato la facciata della chiesa di Saint-Sulpice, e quella via gli è stata dedicata solo nel 1806". (...) "Ma la cosa è più complicata di così. Dov'era Rue des Fossoyeurs in cui abitava d'Artagnan? Ora, questa via esisteva nel XVII secolo e oggi non c'è più per un fatto semplicissimo: la vecchia Rue des Fossoyeurs era quella che oggi si chiama Rue Servandoni".

6) Protocolli fittizi, che conclude le lezioni, riguarda i casi in cui il lettore è portato a leggere il mondo reale come se fosse un romanzo e viceversa, cioè mescolare finzione e realtà. L'esempio più tragico di questa mescolanza tra finzione e realtà è rappresentato da i Protocolli dei Savi Anziani di Sion di cui Eco ricostruisce minuziosamente l'evoluzione: da i templari al romanzo d'appendice I Misteri di Parigi di Eugène Sue, al libello antiebreo di Rachovskij, le successive manipolazioni di Sergej Nilus, "dopo di che il testo viaggia attraversa l'Europa sino a pervenire nelle mani di Hitler". (...) Riflettere sui complessi rapporti tra lettore e storia, finzione e realtà, può costituire una forma di terapia contro ogni sonno della ragione, che genera mostri".