giovedì 27 febbraio 2014

PALCOSCENICO - Rivista di Arte Teatrale diretta da Enrico D'Alessandro - Editrice Ancora Milano 1958 - £ 200



INDICE DELLA RIVISTA
  • Parabola del personaggio di Enrico D'Alessandro
  • Situazione insostenibile del teatro italiano di Gualtiero Gualandi
  • La difficile arte del recitar-cantando di Leonardo Bragaglia
  • Il teatro dei ragazzi all'Angelicum di Carlo Maria Pensa
  • IL TOPO Dramma in tre atti di Carlo Maria Pensa
  • Concorso per un Dramma Cristiano
  • Vittoriano Sardou dopo mezzo secolo di Giacomo Falco
  • Stanno oltre frontiera le commedie italiane di Vincenzo Cappellini
Nell'inserto centrale un omaggio al centenario della nascita della Duse, foto delle rappresentazioni di Il Topo; poi una notizia:

 Capitombolo a Broadway:
La Commedia "Enrico IV" di Pirandello che ha segnato il debutto americano in Teatro della nostra Alida Valli  è stata tolta dal cartellone alla seconda replica. Ce ne dispiace per Alida (nella foto) e le auguriamo una pronta rivincita.

L'articolo più importante, quello politico, tende ad alimentare una polemica mai sopita quella delle sovvenzioni pubbliche ai Teatri Stabili; l'artico è  ripreso da "Lo Specchio" contrario ai Teatri Stabili e sostenitore dell'italianità come condizione per ottenere il finanziamento, ne potrebbe essere altrimenti trattandosi di una rivista fascistoide,

Il concetto di Teatro Stabile venne esposto per la prima volta in un articolo di Paolo Grassi (1919-1981) nel numero di maggio 1946 di Sipario con queste parole fondative:

Ragioni culturali ma soprattutto ragioni economiche tengono lontano il popolo dal teatro, mentre il teatro per la sua intrinseca sostanza, è fra le arti la più idonea a parlare direttamente al cuore e alla sensibilità della collettività, mentre il teatro è il miglior strumento di elevazione spirituale e di educazione culturale a disposizione della società. Noi vorremmo che autorità e giunte comunali, partiti e artisti, si formassero questa precisa coscienza del teatro considerandolo come una necessità collettiva, come un bisogno dei cittadini, come un pubblico servizio, alla stregua della metropolitana e dei vigili del fuoco, e che per questo preziosissimo pubblico servizio nato per la collettività, la collettività attuasse quei provvedimenti atti a strappare il teatro all'attuale disagio economico e al presente monopolio di un pubblico ristretto, ridonandolo alla sua vera antica essenza e alle sue larghe funzioni.

Un anno dopo, insieme a Giorgio Strehler (1921-1997), darà vita al Piccolo di Milano, primo teatro stabile italiano. 

Lo Specchio, orfano del MinCulPop, utilizza la rivista Palcoscenico come cassa di risonanza, e sfiorando il ridicolo riduce i problemi del teatro italiano e delle sovvenzioni ad una questione di italianità. Eccone una perla :

Praticamente, le provvidenze statali tendono a far rappresentare in frettolosi, economici e spesso indecorosi allestimenti le opere nazionali (tanto non sono destinate ad esaurirsi nel giro di poche trascurabili rappresentazioni?) e a incoraggiare, invece, i migliori, più costosi e accurati allestimenti delle opere straniere destinate a priori a prolungare le loro repliche fino ad esaurimento. Ed è così che il denaro che i comici incassano per stroncare il repertorio nazionale va a tutto vantaggio del repertorio straniero.

Un provincialismo e un nazionalismo becero, l'ignoranza come paraocchi che impedisce di vedere la realtà: e cioé che non esiste un teatro italiano, esistono singoli autori, ognuno diverso dall'altro, con caratteristiche proprie. Esclusi alcuni grandi autori il restante del panorama drammaturgico italiano mostra da sempre una  penuria di idee e una mediocrità più volte denunciata da chi si è occupato di teatro: da Croce a Gramsci (nelle Cronache teatrali) per finire con Ennio Flaiano che nel volume Lo spettatore addormentato  ne da un ritratto assai negativo:


http://giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.it/2014/02/ennio-flaiano-lo-spettatore.html


Per concludere: una rivista piuttosto povera di articoli, di argomenti, stampata in economia, che ruota eccessivamente intorno alle idee del suo direttore.

mercoledì 26 febbraio 2014

I MANIFESTI DELL'ALTRA AMERICA - Leoncarlo Settimelli - Vie Nuove - 1975



Questa serie di manifesti sono stati raccolti dalla casa editrice La Pietra, per lanciare l'Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza e successivamente proposti dalla rivista Vie Nuove, da cui sono tratti.

 

La satira come arma di protesta contro la "grande società" statunitense.

 

di

  Leoncarlo Settimelli (*)

I manifesti, o poster, che pubblichiamo sono tutti apparsi negli Stati Uniti tra il novembre 1965 e il maggio 1968, e per la massima parte sono stati disegnati nello stesso periodo.

Guardiamoli bene questi poster americani. Guardiamoli bene perché riflettono le contraddizioni stesse della "grande società" johnsoniana. Di fronte ai fenomeni della vita politica americana noi europei siamo sempre divisi tra due atteggiamenti che sono poi anche i più facili: o li prendiamo per cose terribilmente serie o pensiamo che si tratti di "prodotti del sistema" da liquidare con un tratto di penna. Di fronte al manifesto prevale quasi sempre il secondo. Prevale cioé l'irritazione per le cose di un paese che ci ha abituati al rapido consumo doi ogni prodotto anche culturale. E che anche delle cose serie, fa un prodotto dello stesso consumo.


Ma il discorso cambia quando ci si trova a New York, ad esempio, e gli innumerevoli canali della televisione trasmettono la conferenza stampa di Johnson. O il discorso di Johnson e MacNamara per il Memorial Day. Ho vissuto questo giorno ed è un giorno in cui l'aria si fa abbastanza irrespirabile. Noi, qui in Italia, diciamo "Johnson boia" senza molte preoccupazioni (e ci riesce più difficile attaccare così spietatamente un nostro uomo politico della statura, per fare un esempio, del Presidente della Repubblica). Prendiamo la bandiera a stelle e strisce e ci scriviamo sopra "Vergogna". E' la polizia, poi, che si incarica di strapparla. E siamo in Italia. Immaginiamoci dunque di essere cittadini americani, di vivere l'atmosfera di amor patrio, di essere davanti al televisore ed ascoltare Johnson e MacNamara come qui si assiste ai discorsi di Moro e alle sue pose di prime pietre. In quel caso, il nemico sta li di fronte, sai che in quel paese è lui che comanda, che rappresenta milioni e milioni di americani e l'interesse del grande capitale.

Scendere dunque in strada e vedere esposto in vetrina il poster pubblicato dalla Alexicon Corp, sul quale Johnson, sua moglie Lady Bird e Humphrey appaiono col mitra puntato assume una dimensione nuova. Indubbiamente un fatto coraggioso, qualcosa comunque che è impossibile liquidare come un prodotto del malessere, destinato ad occupare lo spazio lasciato libero ad una opposizione innocua.

Innocua, poi, fino a un certo punto. Perché con questi manifesti sembra essere cresciuta quella forza sempre più violenta rappresentata dal movimento dei negri e della protesta studentesca.

 


Certo, se vogliamo, il poster americano soffre della stessa contraddizione di cui soffre l'opposizione (o gran parte di essa) tradizionale. E cioé quella della identificazione del malessere con il suo rappresentante più esteriore, in questo caso Johnson. 

Voglio dire che i manifesti della rivoluzione russa hanno ben altra profondità politica, così come quelli della recente rivolta francese (entrambi li ha pubblicati proprio Vie Nuove), nascono direttamente dal fuoco della battaglia e ne portano tutti i segni più ardenti.
Negli Stati Uniti la battaglia non raggiunge mai simili temperature. E' perfettamente legittimo e naturale, quindi, che, di fronte alla vergogna di essere parte di un sistema che si costituisce gendarme mondiale e che si identifica con il massacro vietnamita, la gioventùamericana provi un violento desiderio di autodistruzione. Distruzione, cioé, dei miti tradizionali e del tradizionali simboli nei quali l'uomo medio (il principale sostenitore del sistema) identifica i suoi confini naturali e i valori intoccabili.
Zio Sam e Johnson, dunque, in primo piano, accanto alla bandiera degli Stati Uniti, accanto alle sue stelle e alle sue strisce. Ma anche la Coca Cola, il mammismo, gli slogan condizionanti della pubblicità, i mass-media come il fumetto (Paperone è il simbolo del benessere e della spregiudicatezza affaristica) che è a sua volta una componente essenziale del costume americano.
 

Graficamente, come è già stato osservato, il poster americano si distingue dalla scuola europea per la preferenza dei suoi autori verso il fotomontaggio, sull'esempio di Heartfield (il Cristo crocifisso sulla croce uncinata). Ce lo conferma la composizione Johnson-Lady Bird-Humphrey, in cui le teste dei tre personaggi sono montate su quelle di Clyde, Bonnie e il loro compagno di avventure, il grassoccio C. W. Moss. Il riferimento all'epoca e al clima del film è diretto e beffardo; è un richiamo all'epoca del gangsterismo, della affermazione personale ad ogni costo. Cioé a costo delle armi. (....)






Il metodo del fotomontaggio acquista un valore nuovo nel "Processo di Norimberga". Qui i tre personaggi come MacNamara, Rusk e Johnson quantunque evidenziati dal cerchietto bianco, sono semplicemente inseriti, senza forzature satiriche, in mezzo agli imputati del più clamoroso processo della storia. Anche in questo caso l'inequivocabilità della comunicazione è evidente: criminali, simili ai nazisti responsabili di delitti trai più atroci della storia del mondo.  (......)



 




Il "Basta con l'alito cattivo" riconduce, invece, ad una delle componenti più abberranti del meccanismo consumistico e pubblicitario che celebra, negli Stati Uniti, il suo sinistro trionfo. E' uno slogan televisivo, uno stimolo al vivere sano, al mito della pulizia raggiungibile attraverso la sterilizzazione che viene unito alla immagine dello zio Sam nella classica caricatura (cappello a cilindro con le stelle e strisce).






 


Qui tornano anche i colori della, come del resto nel Pax americana, in cui si assume il simbolo della colomba non soltanto nel riferimento picassiano ma in quello più pregnante e attuale, della suddivisione degli uomini politici americani in "colombe" e "falchi".  (.....)













Un altro manifesto tra i più diffusi al Greenwich Village è quello che riprende il famoso disegno di Montgomery Flagg diffuso negli Stati Uniti in occasione della prima guerra mondiale. "Zio Sam vuole te!" Ma al posto del dito puntato dell'originale, qui troviamo che zio Sam impugna una pistola, Ecco dunque un concetto patriottico rovesciato quasi senza alcuna alterazione. Riproporre uno slogan patriottico in una situazione di profondo malessere provocato dalla guerra nel Vietnam significa automaticamente sottolineare l'imperativo come realtà mostruosa ma al tempo stesso coinvolgere l'uomo della strada anche nel senso di indicargli che il supporto della società johnsoniana è proprio il cittadino, tutti i cittadini.






La stessa operazione di riproposta è stata effettuata con "La guerra è un buon affare, investici tuo figlio" che è la riproduzione di un vecchio manifesto. L'ironia è sottolineata dall'uso del vecchio carattere tipografico, quello con il quale si identifica in genere la storia del pionierismo e la sua retorica di stampo reazionario. Ma si capisce qual'è il vero obiettivo. Colpire il cliché della madre americana che manda volentieri i figli a morire nel Vietnam. (......)
Va detto che di questi manifesti non tutti sono in libera vendita negli Stati Uniti. Ovvero, non sono facilmente rintracciabili, poiché in molti casi sono stampati da piccole case editrici qyuando non dalle stesse organizzazioni studentesche e vengono venduti per corrispondenza o diffusi in una area circoscritta. Presentarli in una cornice antologica, inoltre, li isola dalla realtà di una larga produzione e, purtroppo, ne diminuisce la forza d'urto.


















(*) Leoncarlo Settimelli (1937-2011) musicista, giornalista, critico musicale, è stato una figura centrale nel panorama culturale italiano, ha fondato e diretto il Canzoniere internazionale, questa la discografia del gruppo:

Il bastone e la carota
1971 - LP Vedette Zodiaco VPA 8132 
La famigliola / Gli ingranaggi / Il bastone e la carota / Il treno degli operai / Quando lo sciopero / Io so che un giorno // Se gli agrari / Ballata per l'anarchico Pinelli / Emigrazione / Contessa / Palermo: dove stà De Mauro? / Alla mattina co' la luna 


Cittadini e contadini
1971 - LP Vedette Zodiaco VPA 8135
E la si liscia la si fa bella / Vanne vanne Cecilia / La mosca dal moscaio / Tu Gorizia addolorata / Prima San Frediano gli era un fiore / I' bambino è della mamma / Trescone / Quando moio io / E me ne stavo mesto a lavorare / Le ragazze della Posta / Occhi miei piangete forte / Hai ben ragion se piangi / Contrasto tra cittadino e contadino

Canta Cuba Libre 
1972 - LP Vedette Zodiaco VPA 8139
Fidel ya liegò / Los barbudos / Guantanamera / Y en eso llegò Fidel / Canto a Camillo / Cuba sì, Yanquis no / Mozanbique de la Cana / Mirala que linda viene / Que linda es Cuba / Somos socialistas / La cuarentena / Por allì vinieron / Decima a Vietnam / Puede ponerse en verso / Hasta siempre (Che Guevara)

Questa grande umanità ha detto basta 
1972 - LP Vedette Zodiaco VPA 8142
Violencia y liberacion / Una è la primavera / Hasta siempre comandante (Che Guevara) / Undici a zero / Saluti al Cile / Presidente Ho chi Minh / Me matan si no trabajo / Il mattatoio / Canzone per Angela Davis / Fedayè / America / Canzone per George Jackson

Gli anarchici 1864-1969
1973 - 2 LP Cetra Folk LPP 212/213
Stornelli d'esilio / Inno della pace / Inno dei lavoratori del mare / Già allo sguardo / Inno dei pezzenti / Quando l'anarchia verrà / Dimmi bel giovane / L'interrogatorio di Caserio / Canto a Caserio / Inno della rivolta / Il maschio di Volterra / Il canto della foresta / Le quattro stagioni
Inno individualista / Addio a Lugano / Inno dei malfattori / Battan l'otto / Figli dell'officina / Amore ribelle / Vorrei che il Vaticano / Stornelli anticlericali / Dai monti di Sarzana / Dimmelo Pietro Gori / Siam del popolo gli arditi / Sacco e Vanzetti / Canzone per Giuseppe Pinelli / Inno del Primo Maggio

Siam venuti a cantar maggio
1974 - LP Cetra Folk LPP 261
Grida alla zampogna / Siam venuti a cantar maggio / O montagnola / Danza resia // Tarantella dell'avena / Contrasto fra un padrone e due contadini / Saltarello marchigiano / C'era una volta un re… / E Maggio è ritornato canta Maggio

Compagno Presidente
LP Cetra Folk LEL 197

Vita, profezie e morte di Davide Lazzaretti
LP Cetra Folk LPP 300

C'è una bella famigliola
LP Cetra Folk LPP 317 

Siam del popolo gli arditi
LP - a cura del Comune di Scandicci

Sicilia. Diario di un'esperienza del Sud
LP Italia Canta

martedì 18 febbraio 2014

COMŒDIA - Edizioni Mondadori Milano - Rivista quindicinale di commedia italiana e straniera e di vita teatrale - 1923 - £ 2,75



C'è poco da fare: quando apro uno scatolone di vecchi libri e riviste e trovo un esemplare come questo, una rivista di teatro vecchio di novant'anni!, mi prende insieme alla commozione anche il rammarico, per quanto la fuga dalla guerra ci ha costretto ad abbandonare in previsione dello sbarco di Anzio; non certo beni preziosi che in casa hanno sempre latitato, ma  casse colme di libri, riviste, lastre fotografiche, negativi, bromoli, fotografie, perché in casa il pane poteva anche mancare, ma non la carta stampata e il superfluo, e i conti presso gli edicolanti e librai erano sempre più lunghi e importanti dei conti del panettiere.


Questa storica rivista nasce nel 1919 e proseguirà nelle pubblicazioni fino al 1935, quando si fonderà con la rivista Scenario, che aveva visto la luce nel 1932. Insieme a Dramma e Sipario hanno fatto la storia del teatro italiano, presentando ogni mese nuove commedie, spettacoli e scritti critici di importanti specialisti e uomini  di teatro.


Questo numero presenta la commedia Lazzarina tra i coltelli, tre atti di Rosso di San Secondo (1887-1956), prolifico drammaturgo e romanziere, la cui opera, secondo alcuni, fu messa in ombra dalla grandezza del suo grande contemporaneo, Pirandello.


Scriverà di lui nel 1940 Ennio Flaiano recensendo un'altra sua commedia: In Rosso di San Secondo gli allettamenti del dopoguerra, la filosofia fra autodidatta e lirica dei villeggianti, il desiderio di evasione, gli urti tra la carne e l'anima trovarono il loro orecchio di Dionisio, si amplificarono freneticamente sino a far perdere il senso stesso della loro misura e importanza.
 
Di queste vecchie riviste amo in modo particolare mettere in evidenza le cose minori, ad esempio gli inserti pubblicitari, semplici ed ingenui com'era in uso allora.

In alto il floreale marchio di uno studio fotografico, nella centralissima Via San Paolo a Milano con un numero telefonico a 4 cifre!

Qui a fianco una bella immagine della poltrona Frau, della omonima azienda fondata nel 1912 da Renzo Frau, un cagliaritano pieno di idee e di iniziative vincenti. E' di questi giorni la notizia che gli attuali proprietari del marchio lo hanno ceduto agli americani per 243 milioni di euro.

Qui sotto La Voce del Padrone, un marchio che ha fatto la storia della musica, il cui negozio in via del Tritone 88/89 a Roma è stato per anni un richiamo per gli appassionati e che oggi.... è solo un negozio di scarpe e borse, come ce ne sono a migliaia....











Qui a fianco il trionfo a Londra del Teatro delle Marionette: Il pubblico londinese ha applaudito le marionette italiane sul palcoscenico del "Scala Theatre" con un entusiasmo degno di Tamagno o della Duse. L'arte nostra, affidata a degli attori di legno e di stoppa, ha ricordato agli inglesi che esiste un teatro italiano all'altezza dei tempi per novità e gusto".






E a proposito di marionette ecco qui di fianco l'enfatica presentazione della biografia di Benito Mussolini di Antonio Beltramelli (1879-1930) che all'epoca ebbe notevole successo.













Qui sotto, invece, la pubblicità di un noto purgante che tutti i nostri genitori ci somministravano ad ogni cambio di stagione, perché la saggezza popolare aveva riposto in questa procedura   la certezza di una buona salute. 


















La Pagina dell'Editore ci informa che 

S.E. de Stefani (*), ha onorato con la Sua presenza i nostri Stabilimenti Poligrafici di Verona: S.E. de Stefani, il quale, dopo il grande discorso di Milano, facendo una rapida corsa nel Veneto, ha voluto dedicare parte del suo tempo all'esame di una moderna tipografia e del suo complesso funzionamento. S.E. de Stefani ha ripetuto senza alcuna riserva il giudizio più che lusinghiero per noi espresso già da S.E. Lupi (**) : giudizio che altamente ci onora e che meglio di ogni altro successo corona le nostre lunghe fatiche. Una moderna tipografia è per se stessa un mirabile organismo, in cui la perfezione delle macchine e l'intelligenza dell'uomo collaborano a creare qualche cosa che nei risultati molto somiglia ad un'opera d'arte. Il senso di questa collaborazione non può sfuggire a uomini come S.E. de Stefani, dotati dalla natura, oltre che di uno spirito pratico molto profondo, anche di un gusto artistico poco comune. Le maestranze hanno fatto all'illustre visitatore calorose accoglienze, ed Egli si è accomiatato da noi recando un fascio di fiori colti nei giardini annessi all Stabilimento e offertogli da una giovane operaia.

(*) Alberto de Stefani (1879-1969) Ministro Tesoro e Finanze dal 1922 al 1925                       
(**) Dario Lupi  (1878-1932) Sottosegretario all'Istruzione dal 1922 al 1925

Completano la rivista una panoramica  delle attività teatrali  a Milano, Roma, Napoli, Parigi, Madrid, Vienna, Budapest e Praga

Interessante, per i drammatici sviluppi che vivremo negli anni a seguire, la rappresentazione dal dramma di Tchirikow, Gli Ebrei in scena a Vienna, che qui è solo un presagio:

Un dramma di attualità per i paesi dell'Europa Centrale ed orientale, dove rinasce e si diffonde violento quanto mai l'antisemitismo ha avuto come interprete l'attore Reichert al "Raimundtheater": GLi Ebrei del russo Tchirikow. E' tesi dell'autore: le mura dei Ghetti che dopo secoli poterono finalmente essere abbattute vanno risorgendo più terribili delle costrizioni morali e nei provvedimenti che vari stati vanno prendendo per limitare ogni attività sia materiale che intellettuale degli ebrei. I figli dell'orologiaio ebreo Fränkel si vedono così precluse le vie dell'avvenire. Il maschio si da alle chimere del terrorismo politico, la figlia, la studentessa Lia, si uccide; il padre muore nel sogno disperato di coloro che non hanno una patria pur sentendone uno sconfinato desiderio. (Erminio Giovanardi)

Per la rubrica La Musica un bilancio artistico della stagione alla Scala


Col "Flauto Magico" si chiuse la grande stagione della scala che durò esattamente cinque mesi e dodici giorni. Dal 2 Dicembre al 14 Maggio.
Le recite furono 121 invece delle cento promesse e gli abbonati ne ebbero 65 invece delle 50 d'abbonamento.
Le mattinate furono 15 di cui sei popolari. Complessivamente le recite popolari furono 35.
Sono state rappresentate 15 opere, oltre un ballo, il Mahit di Pick Mangiagalli.
Le novità furono tre: Debora e Jaéle di Pizzetti; Mahit di Pick Mangiagalli e Belfagor di Respighi.
Delle opere della scorsa stagione furono riprodotte Falstaff, Maestri Cantori, Rigoletto, Barbiere di Siviglia, Boris Godunov, Quattro Rusteghi.
Quest'anno il repertorio scaligero fu accresciuto di: Lohengrin, Manon Lescaut, Cristoforo Colombo, Luisa, Lucia di Lammermor, Madame Sans Géne, Flauto Magico, oltre le tre sopracitate novità.
Le opere di autori italiani ebbero 82 rappresentazioni contro 39 di autori stranieri.
Bilancio dunque confortante sotto ogni aspetto!

Segue una Rubrica dedicata all'Operetta, una molto ricca di notizie dedicata ai Filodrammatici e un Notiziario dove si da conto del Movimento delle Compagnie Teatrali, dalle più grandi alle più piccole.

Difficilmente mi è accaduto di sfogliare una rivista di genere così completa. Complimenti al direttore Umberto Fracchia (1889-1930), scrittore, che nel 1925 fondò la Fiera Letteraria che diresse fino al 1928.

sabato 15 febbraio 2014

Ennio Flaiano - LO SPETTATORE ADDORMENTATO - Rizzoli 1983 - £ 16.000


Lo spettatore addormentato Ennio Flaiano (1910-1972), in realtà non perde neanche una battuta e mantiene gli occhi bene aperti nell'assistere alle rappresentazioni del nostro teatro contemporaneo. Aveva cominciato prima della guerra - la prima recensione è del 1939 - cogliendo subito lo squilibrio tra la tragedia in atto e le commedie che si recitano nei teatri di Roma e Milano in quei giorni, con l'ironia e il gusto del paradosso che rendono così leggera la sua prosa.

Quieto vivere di Alfredo Testoni
Come sia il titolo di questa commedia lo lasceremo giudicare a quel cronista che in un quotidiano della capitale definiva "inattuale" la denominazione di Pace ed Elvezia per un albergo che appunto questa denominazione si trova ad avere, forse in eredità di un cosmopolitismo umanitario dei primi del secolo. Che sia "inattuale" anche Quieto vivere a noi non sembra poiché se lo spettacolo deve funzionare da giroscopio, aiutarci a ritrovare l'equilibrio della giornata, niente di meglio potrebbero fare, nei tempi così gravi, i tre atti riesumati all'Eliseo dalla Compagnia Cervi-Pagnani-Barnabò.  Così come,  per bilanciare gli eccessi emotivi di queste giornate di giugno, niente di meglio ci resterebbe di andarcene con le valigie al Pace ed Elvezia tra le sue palme infilate nei vasi e i tappeti sdraiati nei saloni come vecchi cani di casa. Le teorie sull'autosuggestione e il dominio della volontà potrebbero fare il resto.

L'ironia, ma anche l'amarezza, nell'attacco di questa recensione rischia di essere incomprensibile se non la si contestualizza: il pezzo è stato scritto il 22 giugno 1940. E cosa era accaduto in quei giorni di giugno da provocare quegli eccessi emotivi che lamenta Flaiano? Molto semplicemente, dopo che la Wehrmacht il 14 giugno aveva occupato Parigi, il 20 giugno le truppe di Mussolini  attaccano una Francia già stremata: per usare un aforisma tanto caro a Flaiano, siamo coraggiosamente corsi in aiuto del vincitore, rimanendo però bloccati dalla tenace resistenza dell'Armée des Alpes, tanto da rendere necessario il determinante rinforzo delle truppe tedesche. Che è un bell'inizio per chi aveva solo bisogno di qualche migliaio di morti per sedere al tavolo delle trattative! 

Ma torniamo allo nostro spettatore addormentato, per notare che, in molti casi, dedica la sua attenzione e il suo interesse non a ciò che accade sul palcoscenico ma al pubblico:

Per permetterci di raggiungere la nostra poltrona tre giovani signori dovettero alzarsi: uno di costoro, che occupava il posto segnato dal nostro biglietto, fu affettuosamente redarguito, da una di quelle accompagnatrici che a Roma si chiamano "maschere" o con più commossa immagine "Lucciole", e  diffidato di prendere posto prima che il "pubblico" fosse tutto affluito.
Dai loro condiscendenti sorrisi di risposta i tre signori si scoprirono per membri della claque, la meravigliosa organizzazione che se poco serve alla fama degli autori è d'immensa utilità per gli attori, che anche negli applausi mercenari trovano sempre un che di vero e di confortante.
All'ingresso sulla scena del primo attore i tre giovani vicini applaudirono con slancio e forza spropositate all'avvenimento: avevano persino cura di tenere concave le palme delle mani affinché gli applausi ne guadagnassero in intensità. Però nei loro battimani c'era tanto di innocente e tranquillo (e sopratutto d'indifferente) e l'inchino di ringraziamento dell'attore fu così buono e compito da farci cadere di colpo ogni proposito d'ironia.
A pensarci bene, la presenza di quei giovani in quel luogo diventava meravigliosa. Si faceva fatica a trovare una qualsiasi relazione tra la scena, gli attori, il pubblico e i colletti indeformabili, i capelli lustri e ricci, i fermacravatte e l'aria sportiva dei nostri vicini: ma le cose meravigliose a teatro non avvengono sempre sulla scena.
Dopo un sorridente periodo di curiosità verso lo spettacolo i giovani si ritrovarono a discutere sottovoce di campionato di calcio, alla fine dell'atto parteciparono agli applausi con una certa stanchezza, quasi su incoraggiamento del pubblico.
Spesso l'ironia di Flaiano si abbatte severa sulla mediocrità dei lavori teatrali presentati:

Questo è il secolo dei surrogati: all'ingegno molti sono riusciti a sostituire l'abilità e l'organizzazione.
Lo spettacolo che danno di sé certi commediografi è persino commovente. Non sprecano un'oncia della loro tiepida ispirazione. Le frasi, le idee che a lavoro finito restano fuori inutilizzate ci par quasi di vederle entrare nelle loro novelle o nei soggetti pel cinema, a sfamare i passerotti.
E, quanto alle "scene", noi ce le immaginiamo pronte a essere agganciate a una nuova commedia, utilizzabili a rovescio, come le quinte dei palcoscenici.
Da queste commedie, come da certi mobili, spira aria di vendita a rate. E ad ascoltarle riprende la malinconia delle giornate di mezza festa, quando la folla passeggia, senza fretta e senza scopo, per le strade coi negozzi chiusi.
Ci sono, appunto, in queste certe commedie, personaggi e situazioni che non sanno dove andare, che fanno quattro passi prima di rientrare nel nulla e guardano un mondo cui somigliano stranamente e che divertono senza entusiasmare.
Commedie di carriera, insomma, che vivono da piccoli risparmiatori, in regola con tutto e in pace con tutti, già vecchie prima di essere "novità". (3 febbraio 1940)

Mi accorgo ora di aver già parlato di questo libro, esattamente nel maggio del 2011, ma avenendolo presentato in tutt'altro modo, inserisco qui il link:

 http://giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.it/2011/05/lo-spettatore-addormentato-di-ennio.html

in modo che si possa confrontare come, a distanza di tempo, di un libro che rileggiamo ci possano colpire cose completamente diverse.
Buona lettura.



 

REALTA' SOVIETICA - Associazione Italia-URSS - Aprile 1965 - £ 120



Il faccione sorridente in copertina è quello del tenente colonnello Aleksej Leonov , il primo operaio dello spazio, come venne definito dopo la passeggiata fuori dalla Voskod-2Siamo nel lontano 1965 e l'URSS è decisamente in testa rispetto agli USA nella conquista dello spazio. Mantiene il vantaggio con il primo satellite lanciato nel 1957, lo Sputnik,  con il primo uomo  nello spazio  nel 1961, Yuri Gagarin,  e la prima donna, Valentina Tereškova, nel 1964 e nello stesso anno il primo satellite con tre astronauti a bordo senza tute spaziali, infine l'impresa della Voskhod-2 il 18 marzo 1965 con a bordo: Leonov (1934) destinato alla passeggiata e il maggiore Pavel Beljaev (1925-1970), comandante della missione.

E' naturale  che la rivista dell'Associazione italiana per i rapporti culturali con l'Unione Sovietica - in seguito Italia-URSS - gli dedichi copertina, editoriale e un lungo articolo corredato da numerose foto. L'orgoglio per questa nuova impresa è difficilmente comprensibile oggi, per chi non ha vissuto questa gara per la conquista dello spazio, che possiamo considerare  come la fase creativa della guerra fredda.

Il popolo della sinistra vedeva in questi successi la conferma della superiorità dello stato proletario rispetto allo stato capitalista, ma soprattutto le maggiori possibilità di uguaglianza tra i cittadini:  non era forse il colonnello Leonov figlio di un contadino siberiano? e il maggiore Beljaev un semplice tornitore?

Il fascino di questa rivista era nel racconto rassicurante che veniva fatto della società sovietica, in termini di accesso all'istruzione, alla cultura, alla scienza, allo sport; dove l'uguaglianza sociale era la cifra che definiva quel regime, e per noi comunisti quelle forme di realizzazione di socialismo prevalevano sulle palesi limitazioni delle libertà individuali, che evidentemente la rivista  non aveva interesse ad evidenziare. E poi, ciò che arrivava nella stampa borghese e reazionaria era il dissenso di qualche intellettuale,  quali Daniel e Sinjavskij, prima della pubblicazione in occidente del  dirompente  libro di Solženicyn Una giornata di Ivan Denisovič.

Fa un certo effetto sfogliare questa rivista, vecchia di cinquant'anni, specchio di un mondo che non c'è più: non è solo nostalgia per la nostra gioventù, c'è anche la consapevolezza che quel mondo più giusto per cui lottavamo, quel sole dell'avvenire splendeva solo nei nostri sogni.

Ma torniamo alla rivista, dopo l'editoriale La fantascienza diventa realtà, del direttore Paolo Alatri (1918-1996), storico e deputato PCI,  nel sommario troviamo questi servizi:

Astronautica: Solo nel cosmo - Era il sogno di Icaro, servizio di Dario Dani sull'eccezionale volo di Leonov e Beljaev - Foto Novosti.
Pedagogia: Alla scuola del duemila, l'insegnamento dell'algebra ai bambini di 7 anni, servizio di Vasilij Davydov collaboratore dell'Istituto di Psicologia di Mosca.
Documenti storici: Dalla Biellorussia alla Slesia. Testo di Luigi Caputo. Foto dell'Agenzia Novosti.
Cinema: La Danimarca di Amleto. Servizio di Bonaventura Menato in occasione della "prima" del film di Kozintsev sugli schermi italiani.
Astrofisica: Osservano la nascita delle stelle, il giovane scienziato armeno Grigor Gorzadian che lavora all'osservatorio di Burakan ha svelato un altro mistero del cosmo. Servizio di Vartan Nadirian dell'Agenzia Novosti.
Il poeta della rivoluzione: Disse addio alla compagna vita, in occasione del 35° anniversario della morte di Majakovskij presentiamo alcuni brani delle memorie dello scrittore Boris Filippov.
Seguono le rubriche fisse:
Libri del mese
Dischi
Sport
Scacchi
Filatelia


 Belle e vintage le pagine pubblicitarie, eccone alcuni esempi:





 





domenica 9 febbraio 2014

Marcello Pezzetti - IL LIBRO DELLA SHOAH ITALIANA 2 voll - Repubblica 2014 - € 9,90 cad.


Il primo libro sulla Shoah, l'ho letto nei primi anni '60 quando iniziai a lavorare al magazzino Mondadori di Roma. Nei momenti di calma, specialmente nei pomeriggi estivi, quando il lavoro scarseggiava, passavamo il tempo mettendo ordine, arrampicati sulle scale tra gli scaffali, ma anche leggiucchiando i libri da sistemare. Un giorno mi capitò quel tale libro - non ricordo la collana - era in brossura, bianco, con sopracopertina trasparente e un aspetto innocente: l'autore misterioso, Ka-tzenik 136533, il titolo: La Casa delle bambole.  La sigla che identificava l'autore era il numero che i tedeschi gli avevano  tattuato sul braccio quando era stato internato ad Auschwitz. Un libro terribile, raccontato con una crudezza di immagini che ancora oggi mi sgomenta.

In seguito venne la lettura di Primo Levi: Se questo è un uomo, e La tregua. Entrambi raccontano un'esperienza individuale in un contesto di generale sofferenza, umiliazione e degradazione morale e fisica dell'uomo.

La differenza sostanziale di quest'opera proposta da Repubblica, è che si tratta della testimonianza corale di quei cittadini italiani di religione ebraica sopravvissuti alla deportazione, dopo che il regime fascista, con una legge spregevole, li aveva privato di tutti i più elementari diritti politici, civili e umani.


Marcello Pezzetti, autore di questi due volumi sulla Shoah italiana, è uno storico specializzato nello studio della Shoah e Direttore Scientifico del Museo della Shoah che dovrà sorgere a Villa Torlonia a Roma, consulente storico per i film Schindler's List e La vita è bella  e, non poteva essere altrimenti, bestia nera di tutti i negazionisti.

Renzo Gattegna, presidente delle UCEI (Unione Comunità Ebraiche Italiane), nella prefazione a quest'opera, afferma:

E' il racconto corale di un pezzo d'Italia nel suo periodo storico più terribile, di un'Italia indifesa, abbandonata, perseguitata, straziata, ma che ha trovato la forza di ricostruire una vita dignitosa. Le voci di quell'Italia ci costringono a riflettere sul significato di "minoranza", di "tolleranza", di "convivenza", di "cittadinanza" e di "civiltà".

Dall'Introduzione di Marcello Pezzetti:
L'opera che viene ora offerta al pubblico è dunque il risultato di un lavoro di ricerca lungo e complesso. Un lavoro che è stato doloroso innanzitutto per chi è stato intervistato, spesso consapevole di offrire con grande generosità una parte importante della propria vita che aveva deciso di non rendere mai pubblica, in secondo luogo per i componenti delle loro famiglie, che in molti casi hanno assistito alle interviste e hanno appreso la sorte dei loro cari nei dettagli solo in quell'istante, infine per noi che abbiamo raccolto la loro memoria, dal momento in cui è stato estremamente difficile mantenere un equilibrio tra il necessario rigore scientifico che doveva contraddistinguere il nostro approccio e il coinvolgimento umano che la drammaticità delle testimonianze suscitava.
Le testimonianze iniziano da com'era il mondo di prima,  procedendo in un crescendo che segue l'evolversi degli avvenimenti storici:  dall'occupazione tedesca agli arresti attraverso retate e utilizzando la schedatura di tutti gli ebrei effettuata con la promulgazione delle leggi razziali del '38, le complicità dei fascisti italiani, le delazioni: 500 lire per ogni ebreo denunciato, il saccheggio e la spoliazione continua di ogni loro  avere; l'odissea della permanenza nelle carceri e nei lager italiani: Fossoli e Risiera di San Saba,  poi le partenze verso la Germania, il viaggio allucinante nei carri bestiame, l'arrivo ad Auschwitz dove  le famiglie, tenute unite fino ad allora per impedire le fughe, vengono divise subito con la selezione iniziale: chi è abile per il lavoro si salva momentaneamente, mentre gli altri, anziani, malati e bambini, con l'inganno, direttamente  nelle camere a gas e poi nei forni crematori.

Questo percorso attraverso fasi che sono veri gironi infernali, raccontato direttamente in prima persona, senza alcuna voce narrante esterna al protagonista-collettivo, rende l'opera particolarmente intensa e coinvolgente.

Le leggi antiebraiche del 1938:
La mamma si chiamava Mira Perlof ed era nata in Russia e papà si chiamava Giovanni Bucci. Papà era cattolico non praticante e la mamma ebrea non praticante. (Tatiana Bucci)
La mia era una famiglia di antifascisti. Certo mio padre non è che fosse un militante, però cercava di insegnarci princìpi che erano assolutamente l'opposto di quelli del fascismo. (Piero Terracina)
Mi ricordo che nel '38 sono comparsi dei giornali e delle riviste con gli ebrei raffigurati con delle facce strane, dei nasi, delle orecchie, delle forme che facevano schifo. (Rosa Hanan)
Io frequentavo la scuola italiana gestita dai preti, ero l'unico ebreo in classe, mia sorella quella delle suore. Quando l'insegnante, un frate, mi ha chiamato: "Samuel Modiano, vieni qua!" io credevo che volesse interrogarmi, invece mi ha detto: "Guarda, da questo momento tu sei espulso da questa scuola!" Io gli ho chiesto: "Scusi, ho fatto qualcosa di male?" Non capivo, mi son messo paura, ho pensato: "Quando arrivo a casa papà mi ammazza..." Espulso... era la più grande punizione che potessi avere. Arrivato a casa, ho detto subito a mio papà: "Non ho fatto niente!" Mi ha detto: "Tranquillizzati!" Lo sapeva già. (Samuel Modiano)
A Ferrara c'erano Matilde Bassani, Giorgio Bassani... eran tutti lì, buttati fuori dalle scuole, che davano lezione a noi. (Franco Schönheit)
Il 25 aprile 1943, con la caduta di Mussolini, gli ebrei si illusero che fosse finito il periodo delle persecuzioni; ma il governo Badoglio, però, non abrogò le leggi antiebraiche.

C'era il coprifuoco a Roma, ma abbiamo visto tutta la gente che si riversava nel ghetto: "Ebrei, uscite! Siete liberi! E' caduto il fascismo, è caduto il fascismo!" Il ghetto era diventato il centro di Roma. Tutta Roma era antifascista: tutti quanti là che fossimo a festeggiare, che era finito tutto perché il fascismo era caduto. Sembrava 'a liberazione, insomma. (Settimia Spizzichino)

Era invece era l'inizio della discesa agli inferi.
Venne il 16 ottobre e scappassimo tutti. Fu un macello. (Raimondo Di Neris)
Il 16 ottobre accerchiarono el ghetto e io scappai via. Anvece mio papà rimase lì, dentro casa ando stava. Lo portarono via co mi' sorella, mi' madre e co 'na zia che stava dentro casa nostra. (Settimio Piattelli)
A Regina Coeli siamo stati dentro sedici giorni, al piano tera, cella 302. Celle piccole, più piccole di dove abito. Poi 'ncontrai mi fratello, con gli altri, che andava alle Fosse Ardeatine. Però non sapevamo dove andavano... Chi era con me era gente brava, bisogna dire quello che è. (Erina Fornaro Di Veroli)
Siamo montati su questi camion e hanno cominciato a battere atrocemente le persone che non riuscivano a salire presto. Dopo ci hanno messo dentro i treni. (Rachele Cohen)
Quando ci hanno caricato sui camion per trasportarci alla stazione, un soldato tedesco, una bestia, ha dato molti colpi di bastone sulla testa di mia sorella Virginia, perché aveva detto qualcosa  a mia madre, mentre avevano detto che bisognava stare zitti. (Lea Gattegno)
Una è morta perché quando l'han tirata su le han trovato nella cintura dei marenghi d'oro. Allora l'han pestata a morte con la testa del fucile e l'han lasciata li. Sua figlia invece è venuta con noi sui vagoni. (Graziella Perez)
Sui treni piombati:

Per la stanchezza del viaggio, eravamo in una tremenda confusione soprattutto mentale. Per far posto alla gente anziana o malata, il tempo che mi sono potuto sedere sul pavimento del carro credo che sia stato molto poco. Mio nonno aveva ottantaquattr'anni, avrebbe potuto fare il viaggio in piedi? (Piero Terracina)
Io non avevo sensazioni. Io proprio l'ho tagliate: né pianto, nè preghiere. Mai detto: "Signore, aiutami!", mai. Poi non mangiavo, non mi interessava. (Dora Venezia)
Eh, li urli che facevano i bambini miei... erano miei nipoti, erano piccoli... una tre anni e una qualche mese. Una se chiamava Alba Celeste e una Liana, erano figlie di mio fratello. Erano bellissime. (Leone Sabatello)
Uno, porello, l'hanno mitragliato perché voleva scappà e allora tutto il viaggio a farlo punire così, dissanguato dentro il vagone. (Enrica Zarfati)
Eh, jerimo stupide, mia mama, mie sorele, eco che digo, sempie, non capimo. E dopo i ga lasà là senza magnar, senza acqua... se faseva la pipì, tutto dentro i vagoni, i fioi piangevano. E poi tanta gente malata. Non pensiamo questa cativeria. (Matilde Mustacchi)
Non bevevi, non pisciavi e non andavi di corpo. Uno attaccato all'altro, con tutti i pidocchi, un disastro! Non avevamo più niente, le cose migliori se l'erano prese loro, maledetti" (Stella Benveniste)
Ormai il pudore era finito. Ognuno faceva qualcosa, la parte leggera, diciamo così, e poi si vuotava dall'alto. Naturalmente col vento, nel treno, tutto tornava dentro. (Lucia Franco Gazzolini)
L'arrivo a Auschwitz e la selezione iniziale:

Se non ti sbrigavi a scendere dal treno, ci prendevi le bastonate. Loro non parlavano, non parlava nessuno. Mamma... che andavi a sapere che la portavano direttamente al forno? Non abbiamo fatto in tempo a salutarci, no, perché t'acchiappavano e te buttavano là come stracci. (Silvia Di Veroli) 
Arrivammo all'albeggiare. E quando aprirono questi vagoni, là cambiò tutto, perché cominciarono a picchiare vecchi e donne che non ce la facevano a mettersi subito in fila. Quando hanno aperto le porte è cambiato tutto come se adesso vedi c'è il sole e d'improvviso diventa tutto buio pesto. I bambini li dividevano, li strappavano dalle madri. Era tutto un urlo, un chiasso spaventoso su questa pensilina di questa stazione ferroviaria. La divisione la faceva un sottufficiale: indicava con un frustino come quelli dell'equitazione. Erano più quelli che andavano da una parte. Tanti, diciamo, volevano fare i furbi: questo qua diceva:"Chi è che vuole andare a lavorare, di qua! I vecchi, le donne là!" Allora tanti si buttavano da quella parte. M'hanno chiesto l'età, ho detto la verità: sedici anni e mezzo. Sono stato indicato al gruppo dei lavoratori. (Alberto Mieli)
C'hanno messo tutti 'ncolonnati. E' venuto il comandante, s'è messo là col bacchettone suo: " Te de qua e te de là!" I bambini, 'e donn'anziane, tutte da 'na parte... già dopo n'ora n' c'erano più. (Settimio Piattelli)

Questi due volumi,  con le voci dei protagonisti trascritte mantenendo le diverse inflessioni dialettali, assemblate in un crescendo sequenziale, rappresentano la testimonianza unica della terrificante esperienza vissuta da questi cittadini italiani traditi dalla loro nazione. 

Che la lettura di quest'opera, aldilà della commozione che suscita, possa far germogliare nei cuori e nelle menti dei lettori, la sacrosanta ribellione per tutte le forme di discriminazione, e la determinazione a respingere il ripugnante negazionismo e/o revisionismo storico, anticamera di un nuovo fascismo. 

In questo link la puntata di una trasmissione televisiva del 1992 di Natalino Piras, con scene dal film Fuga da Sobibor (1987)

https://www.youtube.com/watch?v=swXQsdFKIN0&feature=youtu.be