Che felice sorpresa la lettura di
questo romanzo di Ezio Sinigaglia, L’imitazione del vero. Che ininterrotto diletto seguire le vicende
di Mastro Landone nella città di Lopezia! Erano anni che la lettura di un
romanzo contemporaneo non mi divertiva e coinvolgeva come questo. Merito del
clima che si respira in questa narrazione, oscillante tra le Mille e una notte,
Decameron e Satyricon.
Ma la sorpresa più grande è
l’invenzione di un linguaggio, che è così connaturato alla storia narrata, da
rendere evidente che non vi era altro modo di raccontarla che questa, un
linguaggio che è, allo stesso tempo, favoloso eppure familiare, come un
linguaggio ancestrale, che appartiene da sempre alla nostra cultura.
Questo l'incipit:
Viveva un tempo nella città di Lopezia un artefice di grandissimo ingegno, donde la fama oltre le mura della città ed i confini medesimi del Principato volava tanto che nei più remoti angoli della Cristianità l'eco se ne coglieva. E benché questo si fosse in effetto il mestier suo, grave ingiuria gli si farebbe chiamandolo col nome di falegname; poiché si era bensì col legno che le sue mani costruivano, ma tali e così fatti prodigi da quelle mani uscivano, che nessuno nel legno da umana scienza costrutti crederli non poteva…
Della storia non parlo per non
rovinare il piacere della scoperta, che è, come ha scritto una grande critica
letteraria italiana, Mariolina Bertini, "una sollazzevole istoria del XXI
secolo"