domenica 31 gennaio 2010

I LIBRI DELLA MEMORIA - Seconda parte

 
Questo è il secondo dei libri che, arbitrariamente, definisco della memoria. E' un libro che, avendolo suggerito alle mie figlie adolescenti cui piacque molto, è diventato come altri, libro di culto famigliare.
Silvio D’Amico, critico e storico del teatro, iniziò a scrivere questo romanzo nel 1944, nei giorni dell’occupazione nazista di Roma, nascosto presso amici in un appartamento all’ultimo piano di palazzo Lancellotti in piazza Navona, lo stesso in cui è ambientata la vicenda del romanzo.
Nelle intenzioni dell’autore, questo romanzo doveva rappresentare il prologo di altri tre romanzi, che avrebbero dovuto seguire, in forma ciclica, Attilia e i suoi fratelli, dall’infanzia e adolescenza, all’età adulta, dal 1898 al 1939.  Il progetto non si realizzò e Le finestre di piazza Navona, rimangono le uniche pagine di carattere narrativo di Silvio D'Amico, noto per la monumentale Storia del Teatro drammatico e Enciclopedia dello Spettacolo e per aver fondato L'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica.
Forse a pochi scrittori di oggi poteva riuscire a riprodurre il colore e il senso di un’epoca, il mondo della Roma borghese sul finire del secolo scorso, con altrettanta lucidità e coerenza espressiva, com’è toccato in sorte a Silvio D’Amico, stendendo queste pagine col distacco e la fermezza di visione di chi è intimamente innamorato della propria favola al punto di staccarla da se e rappresentarla nella sua realtà oggettiva.
Ne è nato un libro d’intensa verità, che attraverso la grazia del suo nitido disegno, ripropone gli interrogativi del vivere, pressanti e senza risposta, gli stessi, in qualche modo, dei bambini Alessandri, i veri protagonisti del romanzo, che si affacciano alla vita e ne scoprono di giorno in giorno le segrete ragioni e le ombre.
Riletto dopo molti anni, è riuscito ancora ad appassionarmi. Notevole la ricostruzione di un’udienza del papa, Leone XIII, in S. Pietro gremita come uno stadio, cui i ragazzi Alessandri partecipano.



giovedì 28 gennaio 2010

ALBERTO RUIZ - SANCHEZ

Ho incontrato Alberto Ruiz-Sanchez, scrittore messicano che vive a Parigi, per caso, scorrendo un elenco di scrittori  latino-americani su  Vikipedia.  Mi ha colpito, visitando il suo blog, il linguaggio poetico e il mondo immaginifico rappresentato: la città di Mogador, la rada di Essaouira sulla costa atlantica del Marocco. I suoi libri tradotti in inglese, francese, arabo, ma non in italiano, sono diventati in quei paesi dove sono stati editi, dei libri di culto. Sul suo blog è possibile, per chi mastica un po' di castigliano, leggerne dei brevi capitoli. Speriamo che qualche editore si decida alla traduzione, anche se penso che molta della magia della lingua spagnola, alcune enfasi, tradotte, rischiano di banalizzarsi.

martedì 19 gennaio 2010

William Burroughs - IL GATTO IN NOI - Adelphi 1994 - £ 10.000







"Il gatto non offre servigi. Il gatto offre se stesso.Naturalmente vuole cura e un tetto. Non si compra l'amore con niente. Come tutte le creature pure, i gatti sono pratici."
Così William Burroughs. E' sorprendente scoprire che l'efferato cantore di saghe che si svolgono in terre di mutanti e in cui l'umanità è una sopravivenza arcaica, ha scritto uno dei più delicati e percettivi libretti che conosciamo sui gatti - anzi più precisamente, sul gatto come compagno psichico.

Gatti bianchi, gatti arancioni, gatti persiani, gatti amati, gatti di strada; gatti soprannaturali come piccoli dèi del focolare;creature con un che di felino, un che di umano e un che di ancora inimmaginabile, frutto di unioni arcane e lontanissime che l'autore si sente chiamato ad rievocare e a proteggere come un benefico Guardiano: sono questi i protagonisti a cui Barroughs dà la parola.

La sua voce diventa piana, pur mantenendo una vibrazione inquietante. E l'affinità immediata fra l'autore e questi esseri appare palese, ancor più di quella con altri suoi personaggi. Le storie, le osservazioni, hanno una naturalezza carica di intensità, forse perché in queste pagine Burroughs ha nascosto un'allegoria, visitando il suo passato come una sciarada gattesca.

Traduzione di Giuseppe Bernardi. (Settembre 1994)

lunedì 18 gennaio 2010

I LIBRI DELLA MEMORIA - Prima parte -

Sotto questo generico e impegnativo attributo, individuo alcuni romanzi, diversi tra loro, ma tutti in grado di evocare profumi, sapori e suoni di un mondo scomparso.Chi è vissuto negli anni 50-60 ne ha memoria  come di un eco  perdurante nell'aria nuova che si andava affermando, e che il boom economico, la motorizzazione di massa e quella che Pasolini chiamava profeticamente la Modificazione antropologica degli italiani, avrebbe definitivamente spazzato via.
In questo intenso romanzo di Giambattista Angioletti, Premio Strega 1949, così come in quelli di cui parlerò in seguito mi sembra di trovare, al di là di stili e forme narrative diverse, una raffigurazione accurata fin nei particolari più minuti, di quel mondo scomparso.

Ne La memoria Angioletti usa delicati colori dell'epoca, per ritrarre la Milano fine ottocento e prima della guerra del '15, dipinge una galleria volutamente convenzionale di donne di lusso in veletta e boa, di povere operaie ammalate, di gasisti in sciopero e anarchci in protesta, di carnevali borghesi col risvolto della miseria altrui. La voce narrante, che è l'adolescente protagonista, osserva con occhi incantati la realtà che lo circonda, ma vede anche con ludità le incongruenze, le meschinità del mondo adulto, le ipocrisie dei rapporti umani.

Che eravamo venuti a fare , noi sulla terra, quali dolcezze poteva serbarci il mondo?...e il mio pensiero ormai inseguiva una tristezza futura, ancora più profonda, insondabile di quella che fino a quel giorno mi aveva chiuso il cuore.   Era finito il tempo destinatomi dal cielo a una felicità che non avevo mai pienamente goduta, se non forse negli anni ormai immemorabili del viale, fra i trilli dei fischietti piumati e  il suono del silenzio nella sera. Ormai la solitudine non aveva più scampo.

Una lettura e una riflessione non banale sugli stili di vita nell'Italia post unitaria, ma anche sulla capacità  del linguaggio di evocarne la dolente umanità.

domenica 10 gennaio 2010

Ebbene si, lo confesso. Il post dedicato all'ultimo capolavoro di Bruno Vespa, non era uno scoop né una anticipazione, ma solo uno scherzo all'amico Lallo, grande estimatore del prolifico e furbacchione, storico del menga.
All'indirizzo qui sotto corrisponde un simpatico gruppo di facebook, al quale mi sono subito iscritto e che invito tutti i miei lettori a visitare:

giovedì 7 gennaio 2010

SUGGESTIONI: Edward Hopper


La prima volta che ho incontrato Edward Hopper è stato molti anni fa, in un ufficio dell'Esa a Frascati. Quattro riproduzioni a colori 30x40, stranamente familiari, come di cose non già viste, ma già vissute.
Due in particolare ricordavano le atmosfere di molte pagine di Sherwood Anderson di Winesburg, Ohio o di W. Kaulkner (che da questi è stato fortemente influenzato), la provincia americana, il piccolo portico in legno di case di campagna, il corteggiamento nelle sere d'estate, ma anche il film La lunga estate calda, con Paul Newman e Orson Welles, tratto appunto da un racconto di Faulkner.




L'altra immagine, quella del famoso interno di Bar, intitolato Nighthawks (Nottambuli) mi ha richiamato alla mente uno dei primi racconti di Gabriel Garcìa Màrquez: Ojos de perro azul, 1950(Occhi di cane azzurro, 1983)
In questo struggente racconto un uomo e una donna si incontrato tutte le notti nei loro sogni, in città e luoghi che non conoscono. Ogni volta lui le dice la stessa frase "occhi di cane azzurro" e lei la va ripetendo da sveglia nei bar e nelle strade, in città diverse, sperando di incontrarlo, ma se anche avvenisse l'incontro, lui ne è consapevole, non ricorderebbe la frase. Uno struggimento informa di sogno.



L'influenza di Kafka e Faulkner in questi primi racconti è molto evidente. Ma questa raccolta di racconti è interessante da leggere, non solo per conoscere l'evoluzione narrativa di Màrquez, ma anche comprendere in quale momento della sua crescita ha acquisito il  linguaggio proprio e le tematiche che  lo renderanno famoso da Cent'anni di solitudine in poi. Il racconto che segna l'inizio del Màrquez che tutti conosciamo è:
Monologo di Isabel mentre vede piovere su Macondo (1955) dove per la prima volta appare il nome della fantastica citta di Macondo. Lo scroprii acquistando il libro presso la libreria in lingua spagnola di via Monserrato a Roma, era 1983 e non esisteva ancora una traduzione italiana. Mi cimentai allora nella traduzione del Monologo di Isabel. Fu un'impresa divertente,  appagante e per la prima volta mi resi conto davvero quanto arbritrario può essere l'attività di traduzione e quanto difficoltosa e utopica la cosidetta fedeltà all'originale.

lunedì 4 gennaio 2010

ON THE ROAD di Jack Kerouac


Rileggere Sulla Strada di Kerouac trent'anni dopo. La forza che il libro trasmette è sempre fortissima, ma trova un lettore stremato, non più in grado di desiderare di mettersi la strada sotto i piedi e andare, non importa dove. Colgo una forma di disperazione, nell'inconcludente andirivieni da New York a S.Francisco, che in prima lettura non avevo colto, preso come ero dallo struggimento per il viaggio.

Trent'anni dopo, scopro in Kerouac il linguaggio poetico di un artista solitario, capace di scavare nell'interiorità umana e nel mistero dell'ignoto. Anche la parola poetica cambia: non più usa a descrivere sentimenti ma, soprattutto, per decifrare sensazioni e per illuminare l'oscuro che è in noi, utilizzando un linguaggio polisemico comprensibile solo da spiriti che riescono a percepire le stesse sensazioni.

E pagine intense:

Che cos'è quella sensazione quando ci si allontana dalle persone e loro restano indietro sulla pianura finché le si vede appena come macchioline che si disperdono?.... E' il mondo troppo vasto che ci sovrasta, ed è l'addio. Ma noi puntiano avanti verso la prossima avventura sotto i cieli.

Il romanzo chiude così:

Così in America quando il sole va giù e io siedo sul vecchio diroccato molo sul fiume a guardare i lunghi, lunghissimi cieli sopra il New Jersey e avverto tutta quella terra nuda che si svolge in un'unica incredibile enorme massa fino alla Costa Occidentale, e tutta quella strada che va, tutta la gente che sogna nell'immensità di essa, e so che nello Iowa a quell'ora i bambini stanno certo piangendo nella terra in cui lasciano piangere i bambini, e che stanotte usciranno le stelle, e non sapete che Dio è l'Orsa Maggiore?, e la stella della sera deve star tramontando e spargendo il suo fioco scintillio sulla prateria, il che arriva proprio prima della notte completa che benedice la terra, oscura i fiumi, avvolge i picchi e rimbocca le ultime spiagge, e nessuno, nessuno sa quel che succederà di nessun altro se non il desolato stillicidio del diventare vecchi, allora penso a Dean Moriarty, penso persino al vecchio Dean Moriarty, il padre che mai trovammo, penso a Dean Moriarty.


Una curiosità: On the Road, venne scritto in tre settimane, su un rotolo di carta da telex lungo 36 metri che venne battuto all'asta nel 2001 per una cifra superiore ai due milioni di ollari.

Rilevante, e rivelante, è come Kerouac vede l'insieme della sua opera; nella prefazione a Big Sur (1962) Kerouac scrive:

La mia opera forma un unico grosso libro come quella di Proust; soltanto che i miei ricordi sono scritti di volta in volta e non dopo in un letto di malato. A causa delle obiezioni dei miei primi editori non ho potuto servirmi degli stessi nomi di persona in ogni libro. Sulla strada, I sotteranei, I vagabondi del Darmha, Il dottor Sax, Maggie Cassidy, Tristessa, Angeli della desolazione, Visioni di Cody e gli altri romanzi compreso questo, non sono che capitoli dell'intera opera che io chiamo La leggenda di Dulouz. Voglio, quando sarò vecchio, riunire tutti i miei libri, reinserirvi il mio Pantheon di nomi uniformi, lasciare il lungo scaffale pieno di volumi e morire felice. L'insieme forma un'enorme commedia, veduta attraverso gli occhi del povero Ti Jean (io), altrimenti noto come Jack Dulouz, il mondo della furibonda azione, della follia, e anche della dolcezza soave, veduto attraverso quel buco della chiave che è il suo occhio.

In appendice un saggio di Fernanda Pivano: La beat generation.

A questo indirizzo si può seguire la bella, storica e struggente intervista della Pivano a un Kerouac ubriaco e infelice, come il personaggio che è la voce narrante dei suoi romanzi:
http://www.youtube.com/watch?v=snr0InN_EuU

Una bellissima recensione, che consiglio di leggere a chi fosse interessato all'argomento, è in questo sito:
http://enezvaz.wordpress.com/2009/12/01/sulla-strada-50-anni-dopo/#comment-123





domenica 3 gennaio 2010

AL MERCATINO DEI BAMBINI

E' vero che a volte sono i libri a scegliere i loro lettori.

Qualche tempo fa, uscendo da un bar, dove ero entrato per fare colazione, nel quartiere Statuario, a sud di Roma sulla via Appia, sono stato quasi costretto da tre ragazzini, due maschietti e una femminuccia, a seguirli al  mercatino che avevano allestito nei pressi del parcheggio.

 Qui hanno iniziato ad illustrare la loro mercanzia: giocattoli ancora in buono stato, fumetti, qualche libro. Capìta la mia buona disponibilità ad accontentarli, di ogni oggetto raccontavano pregi e sottolineavano il modesto costo, dicendosi nel contempo disposti anche a fare uno sconto.

La mia scelta è caduta su questo Viaggio al Centro della Terra di J.Verne tradotto da Maria Bellonci, che, oltre ad essere la fondatrice del Premio Strega è anche l'autrice di un libro che ho molto amato Rinascimento privato, che mi riservo di presentare prossimamente.

Ottenni da quei simpatici commercianti in erba il libro a € 2,50



sabato 2 gennaio 2010

UNO SCOOP: l'ultimo libro di Bruno Vespa

Dopo il successo di L'Amore e il potere, Donne di Cuori, Vincitori e Vinti, Un'Italia Diversa, L'Italia Spezzata, dove i sottotitoli facevano sempre riferimento a qualcuno e finivano immancabilmente con Berlusconi, siamo in grado di anticipare ai gentili frequentatori del blog, il prossimo successo editoriale del prolifico Bruno Vespa, già in edicole dalle prossime settimane: Storia del Peto, da Nerone a Berlusconi. 
La storia, intrigante per i suoi contenuti e per i personaggi  storici che coinvolge, abbraccia un periodo che va dal 37, anno di nascita di Nero Claudius ai giorni nostri, con un breve accenno alla fondazione di Roma, che Vespa desume da scritti di Marco Terenzio Varrone.


Non è nostra intenzione anticipare le parti salienti di quest'ultima fatica dell'erudito Vespa, per non  togliere al lettore il gusto della scoperta, ma certamente non possiamo esimerci dall'anticipare quello che secondo noi rappresenta il senso stesso dell'opera: l'assoluta continuità storica nella persistenza del fenomeno negli uomini di governo.
  
Questo, stando agli storici dell'epoca, in realtà la figura del petomane risale all'antichità, addirittura ai tempi della scoperta del fagiolo e del cavolo. Il letale ortaggio e il famoso legume, se fagocitati in parti uguali e nell'ordine del chilogrammo pro capite quotidianamente nella dieta di un umano comune, provocano trasformazioni chimiche a dir poco devastanti all'interno del suo intestino.


Una lettura davvero esaltante, una ricerca approfondita, un esempio  della grande capacità narrativa del fecondo Bruno Vespa.

venerdì 1 gennaio 2010

LIBRI & ANIMALI


Una cara amica, Tiziana, con la quale condividiamo l’amore per i gatti e la buona tavola, mi ha regalato tempo fa questo delizioso libro:

Tutti i miei pazienti sono sotto il letto di un veterinario americano Luis J.Camuti che, con l’aiuto di Marylin e Haskel Frankel, ha raccontato con grande ironia le innumerevoli avventure con i suoi pazienti a quattro zampe ma, soprattutto, con i loro incredibili, paradossali, pazzi padroni. Scrive: A questo punto penso sia chiaro che i gatti mangiano tutto quello che trovano. Sono tutt’altro che schizzinosi. Sono i loro padroni a essere degli stupidi, a cedere e a farsi sottomettere. E racconta le disavventure della facoltosa proprietaria di Bunker, un viziato siamese che mangiava solo la costosa polpa di granchio giapponese. Nessun problema prima di Pearl Harbor, dopo, con la dichiarazione di guerra al Giappone, gli approvvigionamenti diventarono più difficili e la signora ebbe i suoi problemi per accontentare il suo esigente siamese.
Ci sono anche momenti di commozione, per animali che muoiono e per quelli che, grazie alla grande dedizioni dei padroni, miracolosamente guariscono. Un libro per tutti gli amanti degli animali, i gatti in primis.