Giorni fa mi chiedevo: perché continuiamo a leggere
letteratura, nonostante ci venga ricordato tutti i giorni come la letteratura
sia definitivamente morta, defunta, seppellita? Cosa spinge, milioni di
parsone, sane di mente, intelligenti, nel pieno delle loro facoltà, ogni giorno
della loro vita, a compiere quest’atto
di necrofilia, a perpetuare questo vizio assurdo, se non l'amore che neanche la
morte (presunta) può sconfiggere?
Per dire, si ascolta, si prova, si annusa in giro, si
inseguono tracce, si fanno tentativi, poi, un giorno, per caso, il suggerimento
di un amico ti svela quello che in fondo già sapevi e che avresti dovuto fare
“Hai letto…”. “No.”
Ma come, mi dico, eri rimasto così entusiasta quando leggesti, un paio di anni fa, quella favola erotica medievale, scritta in un italiano antico, musicale così congeniale alla storia, “L’imitazione del vero” di Ezio Sinigaglia, IL LETTORE IMPENITENTE: Ezio Sinigaglia - L'IMITAZIONE DEL VERO - TerraRossa Edizioni, 2020, € 14,00 (giorgio-illettoreimpenitente.blogspot.com) da farti confessare a te stesso come l’orgoglioso principio a cui ti attenevi, di non leggere autori viventi, fosse un atto anacronistico e snob, da abbandonare per non correre il rischio del ridicolo.
Già il titolo, FIFTY-FIFTY Sant’Aram nel Regno di Marte
(2022) m’intriga subito e mi lascio risucchiare da una storia che, per il
linguaggio non ha uguali, né precedenti, se escludiamo il primo volume di
questa incredibile saga che, per ragioni legate al mio disordine mentale, ho
letto in un secondo momento, FIFTY-FIFTY, Warun e le avventure conoerotiche del 2021, c’è da dire però che, invertendo l’ordine naturale dell’opera, non ne ha risentito né la comprensione
né il divertimento.
Come ci hanno insegnato, non esistono i generi, per questo
non definirei mai questo romanzo, come mi è accaduto di leggere, omoerotico, sarebbe
considerare una sola componente di questa amalgama di elementi, sapientemente
miscelati, che lo compongono; attraversati da una costante vena divertente e
divertita, da un umorismo inusuale nella narrativa contemporanea e arricchito da
un linguaggio, che audacemente si inventa ad ogni rigo.
Quando si parla del problema dello stile, ecco Ezio Sinigaglia non ne ha uno, se ne inventa uno per ogni storia che scrive, scegliendo quello più appropriato, ed ogni volta e una piacevole sorpresa.
Questo l'incipit:
Le ultime sei-sette battute sono funestate dall'apparizione delle gengive di Manon. Memento mori. Come se non bastasse Debussy, con i suoi rintocchi sepolcrali. E, per di più, dietro le gengive di Manon, ecco affacciarsi la dentatura famelica di Smokecock. Con i suoi trascorsi di infanticida, la dottoressa sembra evocare un Children's Corner tutto speciale. Unn mucchieto di ossicini bianchi. Che cos'avranno, ambedue, da ridere tanto? Una cosa è certa: Manon ha una notizia sulla punta della lingua. Solo il demone dell'informazione la scoperchia a tal punto. Più la notizia urge, più il labbro superiore sale. E traspare lo scheletro. Proprio come le conduttrici dei telegiornali: più è grossa la catastrofe d'apertura, più salgono le sottanine, e prorompono i coscioni. La Smokecock le fa da passacarte, o da valletta. I suoi coscioni, lei, li mostra sempre con fierezza, indipendentemente dal numero dei morti. Non ha il talento porno-sadico della giornalista, la povera Smokecock. Solo il sadismo inconsapevole, indifferente, asettico dei nipotini di Esculapio.
Notevole, eh? Niente paura, il romanzo è preceduto da un utile elenco dei Personaggi principali, con i loro nomi e soprannomi.
Buona lettura.
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