Fate una prova: chiedete a un giovane se conosce Bacchelli. Nella migliore delle ipotesi vi dirà che è l'estensore di una legge che porta il suo nome, finalizzata ad aiutare artisti indigenti.
I più informati ricorderanno il suo monumentale Mulino del Po, romanzo scritto alla fine degli anni 30 del secolo scorso e grandioso sceneggiato televisivo del 1963 del maestro del genere Sandro Bolchi.
Ho sempre considerato Bacchelli alla stessa stregua di Manzoni, cioé un grande romanziere, come notoriamente non ne abbiamo in Italia, e ho trovato lo stesso giudizio espresso da Montanelli, nella prefazione a una vecchia edizione del Mulino del Po.
In questo intenso romanzo, Una passione coniugale, che ho riletto dopo tanti anni, ho ritrovato tutti gli elementi che me lo fecero amare nel lontano 1963, quando lo lessi in questa terza edizione: l'elegante scrittura, la complessa analisi psicologica dei personaggi, la modernità con la quale l'autore tratta un tema caro alla grande letteratura romantica, il rapporto tra l'amore e la morte.
Per dare un'idea di questo denso romanzo, ecco un brano che, per chi ha qualche dimestichezza con Proust, non faticherà a trovare alcune affinità:
Giulia era arrivata a Olmèdolo assai stanca, e aveva fatto una sana e bella dormita. Più lunga quella di Giorgio, che dormiva ancora quando Giulia appoggiata la testa sul palmo della mano destra, si mise sul fianco a guardarlo, pensando pigramente e contenta alla dolcezza del letto ritrovato dopo quei parecchi giorni di letti d'albergo. Non basta, rifletteva, che un letto sia buono, nè troppo cedevole nè troppo duro, e uguale e di giusta ampiezza. Bisogna, come la camera, che sia diventato nostro e cògnito, foggiato e penetrato di quelle innumerevoli impronte personali, che si fanno percepire dai sensi quando mancano e che lo spirito non degna di riconoscere se non quando, dopo che uno sia partito o sia morto, all'entrare nelle sue stanze intime ci s'accorge con dolore com'erano sue e come restano animate da lui.L'amore che lega i due sposi si colora, fin dalle prime pagine, di una vena drammatica quando viene diagnosticato a Giulia una leucemia che non lascia alcuna speranza. L'amore, già intenso che li lega, privato della prospettiva del futuro, diviene assoluto, disperato, morboso: gli sposi si isolano completamente per dedicarsi solo al loro rapporto, destinato a interrompersi con la morte.
Giulia controlla le modificazioni che la malattia compie sul suo corpo:
Dimenticando nel timore l'oggetto del suo timore, si buttò com'era fuori del letto, e andò a scostare la tenda davanti a uno di quegli specchi che dal tempo della sua malattia teneva sempre coperti. Lo specchio le rifletteva addosso la luce, approfondendogliela attorno, e facendo splendere i margini e le linee esterne del suo corpo. Com'era bella! Sorta in piedi aveva ritrovato lo splendore fermo della sua gioventù, che il sonno aveva ammollito. Nello specchio molato, dalla luce chiara e profonda, apparivano, quasi in una limpida acqua di gemma, le parti più donnesche del corpo di lei, che gli volgeva le spalle, dalle ombrose ascelle e dal collo, che proteso verso lo specchio spiccava agile e fresco, fino alla dolcezza arrendevole e vigorosa delle ginocchia lucide e rotonde. Lo specchio incastonava il viso come una gemma: Lei non guardava Giorgio nello specchio, nè la propria bellezza, ma levando le braccia graziose, fatte esili dalla malattia tanto da dare una stretta al cuore indicibile, non meno belle, allontanava con una mano i capelli scomposti, ala nera sulla sua fronte ben fatta e nobilmente, e con l'altra scostava fra due dita le labbra e le palpebre in quel gesto di paura puerile che le era diventato abituale da quando spesso s'era data a spiare sulle gengive e dentro le palpebre i progressi del suo funebre pallore.
I personaggi di questo indimenticabile romanzo, sono resi con una vividezza esemplare, il loro travaglio psicologico di fronte all'incombente tragedia è raccontato con la semplicità che è solo dei grandi classici.
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