L'ignoranza cui allude Milan Kundera non ha niente a che fare con quella forma di conformismo che ha portato decine di migliaia di persone in libreria a comprare lo stesso romanzaccio del nuovo genere, il cosiddetto mommy-porn, spinte da un pruriginoso passaparola.
L'ignoranza a cui fa riferimento Milan Kundera è quella che determina la nostalgia (nóstos: ritorno, álgos: sofferenza), del non sapere cosa ne è della persona cara, cosa succede nel paese lontano.
Mi piace come scrive Milan Kundera, come riesce ad imbastire storie interessanti, anche trattando su quell'unico argomento che per decine di romanzi sembra averlo completamente assorbito, e cioè l'esilio, la lontananza dalla patria, l'impossibilità del ritorno, ma sempre spaziando in tutte le direzioni, con digressioni di carattere letterario, filosofico, storico o musicale.
Il romanzo racconta l'incontro casuale di Sylvie e Josef, due esuli cecoslovacchi, mentre tornano in patria, le loro storie diverse, le ragioni dell'esilio e l'impossibilità di stabilire un rapporto, anche perché dopo una lunga assenza "i loro ricordi non si somigliano".
Mi piace come scrive Milan Kundera, come riesce ad imbastire storie interessanti, anche trattando su quell'unico argomento che per decine di romanzi sembra averlo completamente assorbito, e cioè l'esilio, la lontananza dalla patria, l'impossibilità del ritorno, ma sempre spaziando in tutte le direzioni, con digressioni di carattere letterario, filosofico, storico o musicale.
L'Odissea, l'epopea fondatrice della nostalgia, è nata agli albori dell'antica cultura greca. Va sottolineato: Ulisse, il più grande avventuriero di tutti i tempi, è anche il più grande nostalgico. Partì (senza grande piacere) per la guerra di Troia e vi rimase dieci anni. Poi si affrettò a tornare alla natia Itaca, ma gli intrighi degli dèi prolungarono il suo periplo, dapprima di tre anni pieni dei più bizzarri avvenimenti, poi di altri sette, che trascorse, ostaggio e amante, presso la dea Calipso, la quale, innamorata, non lo lasciava andar via dalla sua isola.
Nel quinto canto dell'Odissea, Ulisse le dice: "So anch'io, e molto bene, che a tuo confronto la saggia Penelope per aspetto e grandezza non val niente a vederla..... Ma anche così desidero e invoco ogni giorno di tornarmene a casa, vedere il ritorno". E Omero prosegue: "Così diceva: e il sole s'immerse e venne giù l'ombra: entrando allora sotto la grotta profonda l'amore godettero, stesi vicino uno all'altra".E ancora:
Non c'è niente da fare. Omero rese gloria alla nostalgia con una corona d'alloro e stabilì in tal modo una gerarchia morale dei sentimenti. Penelope sta in cima, molto al di sopra di Calipso.
Calipso, oh Calipso! Penso spesso a lei. Ha amato Ulisse. Hanno vissuto insieme sette anni. Non sappiamo per quanto tempo Ulisse avesse condiviso il letto di Penelope, ma certo non così a lungo. Eppure tutti esaltano il dolore di Penelope e irridono alle lacrime di Calipso.
Il romanzo racconta l'incontro casuale di Sylvie e Josef, due esuli cecoslovacchi, mentre tornano in patria, le loro storie diverse, le ragioni dell'esilio e l'impossibilità di stabilire un rapporto, anche perché dopo una lunga assenza "i loro ricordi non si somigliano".
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