martedì 24 novembre 2009

NERUDA versus LEOPARDI, ovvero i diversi infiniti




L'INFINITO (1819)
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di la da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suo di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.



LA INFINITA (1952)
Ves estas manos? Han medito
la tierra, han separado
los minerales y los cereales,
han hecho la paz y la guerra,
han derribado las distancias
de todos los mares y rios,
y sin embargo
quando te recorren
a ti, pequena,
grano de trigo, alondra,
no alcazan a abarcarte,
se cansan alcanzando
las palomas gemelas
que reposan o vuelan en tu pecho,
recorren la distancias de tu piernas,
se enrollan en la luz de tu cintura.

Para mì eres tesoro màs cargado
de inmensidad que el mar y sus racimos
y eres blanca y azul y extensa como
la tierra en la vendimia.

En ese territorio,
de tus pies a tu frente,
andando, andando, andando,
me pasaré la vida.

Due mondi agli antipodi, due modi di concepire l'uomo, la vita, l'amore, la morte.
Da una parte con Leopardi, la poetica del rifiuto (per usare una felice espressione di Dario Bellezza nella prefazione dei Canti e Prose scelte, edizione Curcio del 1988), rifiuto esercitato nei confronti sia della vita e dei suoi fantasmi, sia verso i cascami pseudo-metafisici del provincialismo culturale romantico dell'Italia letteraria dell'epoca.
Dall'altra, il concetto dell'amore che Neruda esprime è quello di una identificazione totale con il creato, sopratutto con la terra. Ogni forma della natura conduce il poeta all'amata e, al di sopra del mutevole e transitorio, si impone l'ineluttabilità di un destino d'amore. (così nella prefazione Giuseppe Bellini in Neruda Tutte le opere, Nuova Accademia, 1971)



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