Un romanzo che non conoscevo, questo Donna in guerrra di Dacia Maraini, uscito nel 1975 per Einaudi e ambientato nel 1970, agli albori di quella stagione che sarebbe stata definita più tardi degli anni di piombo.
E' un romanzo duro, per linguaggio, situazioni, personaggi e analisi sociale. La forma scelta è quella del diario della protagonista, Vannina, insegnante in una scuola elementare nella periferia romana, in vacanza col marito Giacinto, in un'isoletta siciliana.
Il racconto che ne esce è fluido, avvincente, niente affatto frammentato dalla sua forma, la scrittura viva e immaginosa e il ritmo sempre teso.
In alcuni momenti, quando il linguaggio impastato di superstizioni delle donne dell'isola, la coinvolgono nelle storie inquietanti di quella terra, sembra di scorrere un testo di antropologia.
Poi l'incontro e il coinvolgimento con un gruppo di extraparlamentari che, in qualche modo, trascinano la sempre disponibile Vannina, nelle loro attività.
Chi ha vissuto gli anni '70, ne riconosce il linguaggio, non come ricostruito ma veritiero, nella rappresentazione dei nodi e dei problemi che agitano la vita civile nell'Italia degli anni 70: non soltanto la condizione della donna, le tensioni sociali, i ritardi nella scuola, la degradazione di Napoli e delle borgate romane, il lavoro a domicilio, la violenza delle istituzioni, la rivolta dei giovani.
Un romanzo che ha la forza e la profondità di un documento sociologico, ma che scorre con il ritmo avvincente di un thriller.
E' un romanzo duro, per linguaggio, situazioni, personaggi e analisi sociale. La forma scelta è quella del diario della protagonista, Vannina, insegnante in una scuola elementare nella periferia romana, in vacanza col marito Giacinto, in un'isoletta siciliana.
Il racconto che ne esce è fluido, avvincente, niente affatto frammentato dalla sua forma, la scrittura viva e immaginosa e il ritmo sempre teso.
In alcuni momenti, quando il linguaggio impastato di superstizioni delle donne dell'isola, la coinvolgono nelle storie inquietanti di quella terra, sembra di scorrere un testo di antropologia.
Poi l'incontro e il coinvolgimento con un gruppo di extraparlamentari che, in qualche modo, trascinano la sempre disponibile Vannina, nelle loro attività.
Chi ha vissuto gli anni '70, ne riconosce il linguaggio, non come ricostruito ma veritiero, nella rappresentazione dei nodi e dei problemi che agitano la vita civile nell'Italia degli anni 70: non soltanto la condizione della donna, le tensioni sociali, i ritardi nella scuola, la degradazione di Napoli e delle borgate romane, il lavoro a domicilio, la violenza delle istituzioni, la rivolta dei giovani.
Un romanzo che ha la forza e la profondità di un documento sociologico, ma che scorre con il ritmo avvincente di un thriller.
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