Chi frequenta questo blog avrà certamente notato che gli autori dei libri di cui parlo non fanno bella mostra di se, con decine di copie, nelle vetrine delle librerie né sui banconi centrali, dove sono concentrati i libri che vanno di moda al momento.
Di solito pésco nella libreria personale o negli scatoloni pieni di vecchi libri che mi sono stati affidati, per ragioni di spazio, da un fratello inguaribile bibliofilo.
Questo Paese d'ombre di Giuseppe Dessì, dunque, non fa eccezione.
Qualche considerazione generale.
A questo grande narratore sono intestate piazze, scuole, biblioteche e un importante premio letterario, ma dubito seriamente che sia letto dalle giovani generazioni, che è l'unico vero modo di onorare uno scrittore.
Come accade anche per i grandi classici, quelli a cavallo tra '800 e '900, li si onora ufficialmente e li si ignora nella pratica: nessuna ristampa, nessuno studio critico recente, né tesi di laurea, né recensioni.
Fortunatamente in favore della diffusione delle opere di Dessì, opera la casa editrice Illiso con le edizioni Bibliotheca Sarda che recentemente ne ha ristampato, in piccoli maneggevoli ed eleganti volumetti, tutta l'opera. Va anche ricordata l'opera della professoressa Anna Dolfi, docente di italianistica moderna e contemporanea all'Università di Firenze, che ha scritto essenziali prefazioni e introduzioni ad alcune opere di Dessì, ma anche saggi critici sulla sua poetica.
Giuseppe Dessì (1909-1977) per molto tempo riesce a conciliare la sua attività di insegnante prima e poi di Provveditore agli studi in varie città italiane, alla vera è propria sua natura che era il mestiere di scrivere, pubblicando dal 1939 al 1978 romanzi, racconti e opere teatrali.
Questo Paese d'ombre è un romanzo nel senso classico del termine, da alcuni definito tolstoiano per l'impianto storico e per lo sviluppo dei personaggi, che sono vivi e vitali, e le cui vicende narrate coinvolgono fin dalle prime pagine. Seguiamo l'avventurosa vita di Angelo Uras, nella Sardegna di inizi secolo, da povero fanciullo orfano, a ricco proprietario terriero, patriarca, geloso custode del patrimonio boschivo della sua terra, attraverso il periglioso percorso classico di tutti gli eroi della letteratura.
Mi ha colpito nella lettura di questo romanzo lo stretto rapporto che lega l'elemento umano al paesaggio naturale, e che Dessì descrive così bene:
Di solito pésco nella libreria personale o negli scatoloni pieni di vecchi libri che mi sono stati affidati, per ragioni di spazio, da un fratello inguaribile bibliofilo.
Questo Paese d'ombre di Giuseppe Dessì, dunque, non fa eccezione.
Qualche considerazione generale.
A questo grande narratore sono intestate piazze, scuole, biblioteche e un importante premio letterario, ma dubito seriamente che sia letto dalle giovani generazioni, che è l'unico vero modo di onorare uno scrittore.
Come accade anche per i grandi classici, quelli a cavallo tra '800 e '900, li si onora ufficialmente e li si ignora nella pratica: nessuna ristampa, nessuno studio critico recente, né tesi di laurea, né recensioni.
Fortunatamente in favore della diffusione delle opere di Dessì, opera la casa editrice Illiso con le edizioni Bibliotheca Sarda che recentemente ne ha ristampato, in piccoli maneggevoli ed eleganti volumetti, tutta l'opera. Va anche ricordata l'opera della professoressa Anna Dolfi, docente di italianistica moderna e contemporanea all'Università di Firenze, che ha scritto essenziali prefazioni e introduzioni ad alcune opere di Dessì, ma anche saggi critici sulla sua poetica.
Giuseppe Dessì (1909-1977) per molto tempo riesce a conciliare la sua attività di insegnante prima e poi di Provveditore agli studi in varie città italiane, alla vera è propria sua natura che era il mestiere di scrivere, pubblicando dal 1939 al 1978 romanzi, racconti e opere teatrali.
Questo Paese d'ombre è un romanzo nel senso classico del termine, da alcuni definito tolstoiano per l'impianto storico e per lo sviluppo dei personaggi, che sono vivi e vitali, e le cui vicende narrate coinvolgono fin dalle prime pagine. Seguiamo l'avventurosa vita di Angelo Uras, nella Sardegna di inizi secolo, da povero fanciullo orfano, a ricco proprietario terriero, patriarca, geloso custode del patrimonio boschivo della sua terra, attraverso il periglioso percorso classico di tutti gli eroi della letteratura.
Mi ha colpito nella lettura di questo romanzo lo stretto rapporto che lega l'elemento umano al paesaggio naturale, e che Dessì descrive così bene:
Il ragazzo camminava nell'oliveto silenzioso, e camminando contava gli olivi. A vederli dalla strada, sembravano tutti uguali; ora invece, per la prima volta, si accorgeva che erano diversi: avevano ognuno una fisionomia particolare, come persone. Se guardi da lontano la gente che affolla una piazza, o una processione che ti viene incontro, ti sembra che tutte le persone siano uguali: se invece ci vai in mezzo ti accorgi che si assomigliano, ma nella somiglianza sono diverse. Così era anche per quegli alberi di cui percepiva il silenzio, non come si percepisce il silenzio delle cose, ma come si percepisce il silenzio di persone che stanno zitte e pensano.Premio Strega 1972, con un'ampia e insolita larghezza di consensi, Paese d'ombre si colloca di diritto tra i grandi romanzi classici italiani del '900.
E' sempre un piacere leggere le riflessioni del lettore impenitente. Forse non sapeva però che un precedente romanzo di Dessì (I passeri) era stato pubblicato da mio padre (Nistri-Lischi) nel 1955. Una straordinaria scommessa editoriale, ben ricordata nel film girato da Daniele Segre: http://youtu.be/GrTolqwXCUA
RispondiEliminaGrazie Michele dell'apprezamento e della gradita informazione. Di Dessì ho nel frattempo letto Storia del Principe Lui, Eleonora d'Arborea e Racconti vecchi e nuovi, metto in programma I passeri e ho già ordinato il dvd di Daniele Segre che fin dalla visione del trailer mi ha conquistato.
RispondiEliminaIo ho 15 anni, mio padre mi ripete da circa 2 anni di leggerlo.. bè oggi l'ho fatto. ho appena finito il primo capitolo, è un libro bellissimo, mi son pentito di averlo sottovalutato..
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