giovedì 4 ottobre 2012

Charles-Luis Philippe - BUBU di MONTPARNASSE - l'Unità/Einaudi 1996 (in abbinamento all'Unità)


L'attivività  forse più congeniale a Walter Veltroni - più che i vari incarichi di partito e governativi - è stata senza dubbio la direzione dello storico quotidiano l'Unità, alla cui carica  accede nel 1992, senza essere ancora giornalista.

Tra le varie iniziative per il rilancio del giornale, Veltroni punta da subito su vari gadget culturali, libri, audiocassette, videocassette di film rari e ormai introvabili, e addirittura le mitiche figurine Panini dei giocatori di calcio!

Tra le cose più interessanti nel settore editoriale, la proposta di questa collana dedicata agli Scrittori tradotti da scrittori, che il grande Giulio Einaudi realizzò per la sua casa editrice.

Vi troviamo Il processo di Kafka tradotto da Primo Levi, La signora Bovary di Flaubert tradotto da Natalia Ginsburg, La tempesta di Shakespeare tradotta in napoletano da Eduardo De Filippo - una vera chicca - L'Orestiade di Eschilo tradotto da Pasolini e, tra gli altri (in totale 12 volumi ormai introvabili), questo  inattuale e tenero Bubù di Montparnasse tradotto da Vasco Pratolini.

Vasco Pratolini, il fiorentino autore di Metello, Le ragazze di S.Frediano, Lo scialo, Cronache di poveri amanti, per la sua poetica neorealista sembra particolarmente indicato a tradurre la dolente umanità  di un sottoproletariato che vive ai margini de la Ville Lumière, in piena belle epoque. E' la stessa Parigi evocata da Marcel Proust, ma qui non ci sono i salotti eleganti di Faubourg Saint-Germain, solo i vicoli a ridosso dei grands boulevard, con le fatiscenti camere d'affitto e pensioni da quattro soldi.

La protagonista assoluta di questo breve, prezioso e tristissimo romanzo è Berthe che, giovanissima, lascia la casa paterna per andare a vivere con Maurice, detto Bubu, il classico poco di buono deciso a vivere sulle spalle della sua donna,  che pur amandola a suo modo, l'avvia alla prostituzione.

L'incontro con il  giovanissimo Pierre, sembra aprire uno spiraglio di normalità se non di felicità nella vita di Berthe, ma la scoperta di aver contratto la sifilide e di averla trasmessa a Pierre e a Bubù, getta nello sgomento i tre protagonisti.

Berthe si è appena alzata, è in camicia. Esile e gialla, le spalle strette, i piedi sporchi e la camicia grigia, sembra una creatura senza più luce. Ha gli occhi gonfi, i capelli arruffati, si muove fra il disordine della camera - anche le idee sono ammuchiate in un angolo della sua mente, insonnolite. I risvegli di mezzogiorno sono faticosi e impastoiati come la vita della sera prima, con l'amore l'alcol e il sonno che premeva. Berthe prova un senso di scoraggiamento al ricordo dei suoi risvegli di una volta, quando le idee erano così limpide che sembrava il sonno le avesse lavate. (Adesso, fratel mio, quando hai dormito non hai dimenticato nulla della tua tristezza!) L'angoscia che da ieri la possiede, l'opprime ancora, le toglie il respiro, come un mostro furente le gravitasse sul petto. (O, in verità, quelle tempie stirate, quei pomelli sbiancati, quelle labbra molli dicono chiaramente che Berthe ha poche idee e poco coraggio, dicono che la vita è cattiva a infierire duramente su ragazze come Berthe, le quali fanno il male senza misurarne la gravità).
- Sai Maurice, - dice Berthe, - deve essere come pensavo. Ieri ne ho parlato a Blanche, lei mi ha spiegato come l'aveva presa, ed è stato come è successo a me.
Egli tace.
Berthe risale di giorno in giorno con la mente fino all'origine del male, vuole individuare l'autore. Le hanno detto che occorrono quaranta giorni - e allora lei risale nella sua mente di uomo in uomo, di circostanza in circostanza, da una catinella all'altra, tutta la teoria dell'amore - e le parole e i gesti, di camera in camera. Immergendosi in quel passato vorrebbe bloccarlo con le sue mani, identificare un uomo e distruggere il giorno in cui lo ha conosciuto. Poi pensa che è inutile, che tutto è inutile; e si rassegna, affonda nei suoi tristi pensieri.
Maurice rompe il silenzio, dice:
- Io vorrei conoscere quello che ti ha attaccato codesto male per rompergli la testa.





Per chi volesse sfogliare in tutta comodità questa bella edizione del 1905 con 90 illustrazioni di Jules Grandjouan (1875-1968) anarchico, sindacalista rivoluzionario, questo è il link:

http://archive.org/stream/bubudemontparnas00philuoft#page/n11/mode/2up


Mauro Bolognini nel 1971 ne ricava un film delicato e sofferto, ambientandolo in una Milano inizi secolo che non fa rimpiangere Parigi. Ottavia Piccolo è una bellissima Berta, Massimo Ranieri è l'inetto Piero, uno sconosciuto Antonio Falsi è Bubù, il grande Jules - Giulio nel film - è un imperdibile Gigi Proietti. L'ambientazione, le scene, i costumi ci ricordano che Bolognini era architetto e aveva frequentato al Centro Sperimentale di Cinematografia corsi di scenografia.

Fedele al testo, Bolognini cambia prospetiva nel finale: anziché essere Pierre che rimprovera se stesso per la propria ignavia, e la voce di Berta che lo accusa  di non averla difesa.

Il link qui sotto consente la visione di alcune scene del film.

 http://www.youtube.com/watch?v=IXUBpQMP-sU&feature=relmfu

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