Visualizzazione post con etichetta Gabriele D'Annunzio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Gabriele D'Annunzio. Mostra tutti i post

sabato 17 marzo 2018

Gabriele D'Annunzio - SOLUS AD SOLAM - Sansoni, 1941 - XIX - £ 25

Scrivo per veder chiaro in me e intorno a me. Sembra che il sole si sia oscurato e che la mia notte insonne continui senza fine. Accendo una lampada perché io vegga, perché i tuoi cari occhi veggano quando si risveglieranno. Ti rimanga almeno la testimonianza del mio amore vigilante e fedele. Se tu sei senza riposo, io sono senza riposo. Non ho dato tregua neppure per un attimo al mio dolore irrequieto. Respiro la tua follia: la mia anima è dilatata nel terrore come i tuoi occhi; guarda il buio, teme i fantasmi e le macchie.
Questo il drammatico incipit del diario del Vate, scritto tra il settembre e l'ottobre del 1908, pubblicata postuma nel 1939, dopo la morte del poeta, per iniziativa della protagonista, Giuseppina Mancini, da Lui detta Giusini, ma anche Santa Giusini o Amaranta.


                                                         

Giuseppina Giorgi Mancini (1871-1961)

Già dal titolo del diario si intuisce che la volontà del Poeta, con la pubblicazione, non è stata rispettata: Da solo a sola doveva essere un ininterroto colloquio con l'amata, ma anche questo  è vero solo in parte, se nel 1908 è lo stesso Poeta che ne parla in una lettera all'editore Treves, e nel 1913 a Luigi Albertini direttore del Corriere della Sera. Si sa, il Vate straordinario artefice del mito di se stesso, non poteva lasciare sotto silenzio la benché minima parola scritta.

La storia del rapporto amoroso con Giusini, più delle altre storie che la precedono e quelle che la seguiranno, ha tutte le caratteristiche della passione irrazionale, mania dionisiaca, invasamento ardente che irretisce e annebbia il corretto pensare; un vortice che stremava i sensi per eccesso di voluttà.

Per espugnare la virtù di questa ricca borgese, sposata con il nobile aretino Lorenzo Mancini, il Poeta impiegò un anno di corte serrata, strappandole finalmente il «grande dono» la notte dell' 11 febbraio 1907 nelle stanze della Capponcina in una «sera nebbiosa e molle» accesa da un amplesso destinato a restare leggendario e ineguagliato nella memoria di entrambi; trentun anni dopo, prossimo a morire, rievocherà quei «ricordi dolci e laceranti, la mia ultima felicità».

La Capponcina
La relazione tra i due si estingue con la follia di Giuseppina nel 1908; il diario è la sofferta ricostruzione, sebbene letteraria, degli inutili tentativi del Vate per impedirne la dolorosa conclusione, che lo porterà sull'orlo del suicidio.

Questa edizione è arricchita da una premessa a firma Jolanda De Blasi (1888-1964), che è stata la curatrice nelle cui mani Giuseppina Mancini affidò le quattrocentosessantaquattro cartelle  autografe donatele dal Vate.







venerdì 14 maggio 2010

IL PIACERE di Gabriele d'Annunzio - Oscar Mondadori 1965 - £ 350

Il piacere appare nella collana Gli Oscar nel 1965. L'ho riletto in questi giorni, avendolo già letto nell'adolescenza; il positivo di questo blog è che mi fornisce lo stimolo senza il quale non avrei  riletto molti libri letti troppo presto.

A parte alcune fastidiose, ripetute affettazioni, la lettura è godibilissima. Il linguaggio aulico è funzionale alla storia, all'epoca, all'ambiente e ai personaggi. In prima lettura, complice la giovane età, ne ero un poco infastidito, interessato, com'ero, all'intreccio, alla  storia più che alla forma. Rileggendolo a tanta distanza di tempo, ne godo lo stile, la minuziosa descrizione dei broccati che abbelliscono gli ambienti, gli arredamenti di cui racconta la storia degli artigiani esecutori, i vestiti, i profumi esalanti da brocche di cristallo di cui specifica la provenienza, di ogni oggetto, sempre di grande pregio e valore, presente sulla scena  la voce narrante ricorda in quale nobile abitazione faceva mostra di se.

Questo aspetto, della minuziosa, còlta descrizione di opere d'arte, (il dandy Andrea Sperelli ha una vera passione per Dante Gabriele Rossetti e Tamara De Lempicka) ma anche di musica raccontata come solo un poeta è in grado di fare, mi ha ricordato molto La Recherche di Proust. Anche Marcel Proust dedica molto spazio all'arte e alla musica, con divagazioni che, per alcuni versi, ricordano molto questo d'Annunzio.

Lungi da me suggerire  l'idea che il grande Proust possa essere stato in qualche modo influenzato dalla novita' costituita da Il piacere, scritto nel 1989, certo è che quelle lunghe divagazioni sull'arte e sulla musica, li avvicina moltissimo e quando i due (forse) si  incontrano, il Vate, esule a Parigi per debiti, è già un mito, mentre il giovane Marcel è un brillante frequentatore di salotti parigini ,con al suo attivo Les pleisirs et les jours, raccolta di novelle, saggi e poesie di scarso successo. A onor del vero, questo incontro non e' suffragato da nessuna prova, anzi Tom Antongini suo segretario che lo segui' a Parigi, lo esclude.

Il piacere è stato definito il manifesto dell' estetismo, corrente frivola del decadentismo. Francamente delle etichette se ne può fare a meno, si vive bene lo stesso e si gode il piacere della lettura, senza preconcetti e schemi che ne alterano il giudizio.

In alcuni momenti sembra che la protagonista vera del romanzo non sia la bella e sensuale Elena, nè la bella e mistica Maria, ma Roma in tutto il suo splendore

Anche là il sole, declinante verso Monte Mario, mandava raggi. Si udiva lo strepito delle carrozze sulla piazza di Trinità de' Monti. Pareva che, dopo la pioggia, si fosse diffusa su Roma tutta la luminosa biondezza dell'ottobre romano.
  - Aprite le imposte - disse al domestico.
E lo strepito divenne più forte; entrò l'aria tepida; le tende ondeggiarono appena.
  - Divina Roma ! - egli pensò, guardando il cielo tra le alte tende. E una curiosità irresistibile lo trasse alla finestra.
Roma appariva d'un color d'ardesia molto chiaro, con linee un po' indecise, come in una pittura dilavata, sotto un cielo di Claudio Lorenese, umido e fresco, sparso di nuvole diafane in gruppi nobilissimi, che davano ai liberi intervalli una finezza indescrivibile, come i fiori dànno al verde una grazia nuova. Nelle lontananze, nelle alture estreme l'ardesia andavasi cangiando in ametista. Lunghe e sottili zone di vapori attraversavano i cipressi del Monte Mario, come capigliature fluenti in un pettine di bronzo. Prossimi, i pini del Monte Pincio alzavano gli ombrelli dorati: Su la piazza l'obelisco di Pio VI pareva uno stelo d'àgata. Tutte le cose prendevano un'apparenza più ricca, a quella ricca luce autunnale.
  - Divina Roma !
Egli non sapeva saziarsi dello spettacolo.