giovedì 27 ottobre 2011

Alfredo Oriani - LA DISFATTA - BMM 1953 - £ 300






Alfredo Oriani, chi era costui? E' questa una domanda legittima per uno scrittore nato nel 1852 e vissuto fino al 1909. Nato da una famiglia della piccola aristocrazia di campagna, frequentò a Roma la facoltà di Legge, poi visse l'intera esistenza nella Villa del Cardello - di proprietà della famiglia - a Casolia Valsenio, in provincia di Ravenna.

La sua attività letteraria, pur spaziando dal romanzo al saggio di carattere storico e politico, da testi teatrali ad articoli di giornale, non ebbe grande considerazione dalla critica dell'epoca, fino a quando, a fascismo solidamente consolidato, Mussolini non curò personalmente la pubblicazione dell'opera omnia in 30 volumi, trasformando la sua figura in un precursore dell'ideale fascista e inventandosi nel 1924 una marcia sul Cardello per onorarne la memoria.

Scrive Benedetto Croce nel 3° vol. di Letteratura della Nuova Italia: (pag.238)
Gran parte dei suoi sogni e dei suoi ideali, di quel che v'ha di più nobile, di delicato, di tenero, l'Oriani ha messo nel romanzo La disfatta, forse il più ricco d'idee che abbia la contemporanea letteratura italiana

Mentre dai quaderni del carcere Gramsci scrive:

Alfredo Oriani. Occorre studiarlo come il rappresentante più onesto e appassionato per la grandezza nazionale-popolare italiana fra gli intellettuali italiani della vecchia generazione.
e, riferendosi all'appropriazione del fascismo della figura dell'Oriani, argutamente annota:

La fortuna di Oriani in questi ultimi tempi è più un'imbalsamazione funeraria che un'esaltazione di nuova vita del suo pensiero.
Il romanzo ha accenti di verismo impressionante, come nella descrizione dell'agonia che precede la morte del bambino, figlio tardivo dell'anziano professore De Nittis e di Bice, sua allieva e in seguito moglie.

Di notevole interesse, oltre che il linguaggio colto, la descrizione di ambienti, situazioni, rapporti umani, legati ad un mondo, idealizzato dall'Oriani sopratutto nelle figure femminili, ma che sucita in noi "moderni" un senso di nostalgia, come per un paradiso perduto.

mercoledì 19 ottobre 2011

Oreste Del Buono - UN INTERO MINUTO - Feltrinelli 1959 - £ 300


Oreste Del Buono (1923-2003) è stato un intellettuale poliedrico, che si è occupato di molti generi della comunicazione: giornalismo, fumetti, narrativa, pubblicità, direzione di collane editoriali, critica letteraria, autore radiofonico e televisivo, traduttore, sopratutto dal francese; come editor di numerose case editrici, ha fatto conoscere autori italiani e stranieri.

Queste molteplici attività non possono far dimenticare che Oreste Del Buono, nel panorama letterario del novecento, è stato un riferimento importante, facendo parte, anche se marginalmente, del Gruppo 63, che si poneva l'obiettivo di sperimentare nuove forme espressive, che facessero uscire la narrativa italiana dai logori schemi neorealistici.

In questo romanzo del 1959, Oreste Del Buono sceglie di far raccontare la storia della relazione tra Dino e Grazia allo stesso protagonista che, in un continuo serrato e acceso dialogo con se stesso, alterna il tempo presente che sta vivendo, con avvenimenti accaduti nel passato.

Interessanti le considerazioni che se ne ricavano sul mestiere di scrivere:

(...) La narrazione è tutta convenzioni: i personaggi, a esempio, già, i personaggi: si sa perfettamente, sappiamo tutti che l'unico personaggio che conti è l'autore (...)
In alcuni momenti la narrazione ricorda - punteggiatura a parte - il soliloquio di Molly Bloom nell'Ulisse di Joyce, questo è un esempio di un "lunghissimo" periodo:

Un uomo può vivere senza abbandono, mi dissi, certo, dovremmo intenderci sul significato di questa parola: vivere, ma lo sai benissimo, lo sai da sempre che un uomo può vivere anche senza abbandono, da sempre?, beh, da quando ho cominciato a guardare e ad ascoltare, a capire, a capire cosa? non si capisce nulla, io, almeno, non capisco nulla, e gli altri?, sono faccende loro, ma perché dovrebbero capire qualcosa?, tranne che tutto è incomprensibile, beh, questo lo capisco anch'io, io che non sono capace di abbandono, io che mi guardo, io che mi ascolto e non mi capisco, e, in definitiva, non sono neppure capace di prendermela, per questo: m'era restata quest'illusione, la più pericolosa: quello di poter essere, nonostante tutto, felice un giorno o l'altro, senza diritti e senza meriti: sotto la cenere, tanta cenere, covava la scintilla, così possono passare anni e anni, ma, se è restata sotto una scintilla, questa continua a palpitare, è pronta a divampare, attende solo il suo attimo, e l'ho lasciata finalmente divampare, l'ho fatta divampare: fatta, capito?, so perfettamente che questa storia non si regge troppo in piedi, che non può reggersi troppo in piedi: il mio personaggio inventato, il marito e padre infedele, il suo personaggio inventato, la ragazza scervellata e impulsiva, la nostra storia inventata, (.....)

L'impressione amara che se ne ricava, è una visione della vita pessimistica, dove nenche l'amore riscatta dalla solitudine a cui l'uomo è condannato, perché l'amore che fingiamo di provare per gli altri, serve solo a rafforzare l'amore per noi stessi.

martedì 18 ottobre 2011

Edmond Rostand - CIRANO DI BERGERAC Casa Editrice Bietti Milano - 1949


Il mio incontro con il "Cyrano de Bergerac" è avvenuto nella lontana adolescenza, nella classica versione di Mario Giobbe, i cui versi martelliani, ancora si aggirano nella memoria a rammentarmene la bellezza.


Rossana
Io vi parlo di fatti, da vera altezza!
Cirano
Certo, e mi uccidereste, se da codesta altura sul mio cor vi sfuggisse una parola dura!

Mario Giobbe, napoletano, a cui dobbiamo questa musicale traduzione del 1898, è stato giornalista, poeta, traduttore di classici, drammaturgo, notevole il suo Mefistofele da Goethe, in cinque atti ancora in versi martelliani, con prefazione di B.Croce.


Mario Giobbe soffriva di depressione, il suo rapporto con la realtà divenne sempre più incerta tanto da fargli prospettare la morte come unica soluzione alla sua sofferenza. Si tolse infatti la vita il 12 ottobre 1906.

Ma torniamo a Cyrano, eroe romantico e moderno insieme, nemico giurato della mediocrità e della convenienza, pronto a battersi contro cento avversari per difendere la sua libertà di giudizio ... e il suo pennacchio.

Il cinema si è spesso occupato di questo eroe. Io sono rimasto fedele alla versione di Michael Gordon del 1950, con uno strepitoso Josè Ferrer che per questa interpretazione vinse un Oscar. Altri che si sono cimentati con questa figura sono Gino Cervi, in teatro e in cinema, Modugno con una brillante commedia musicale, e poi in una canzone di Guccini e in una di Vecchioni, torna l'eroe a dimostrazione della sua attualità.

Certo, il testo teatrale in versi non è, non può essere, poesia tout court, condizionato com'è dalla sua stessa struttura narrativa, ma assicuro che la lettura, che ancora mi commuove e che consiglio vivamente, procura un grandissimo piacere.



giovedì 13 ottobre 2011

Natalia Ginzburg - LESSICO FAMIGLIARE - Einaudi 1963
















Natalia Ginzburg (1916-1991)




- Non fate malagrazie!
- Voialtri non sapete stare a tavola. Non siete gente da portare
nei loghi.
- Non fate brodegazzi! Non fate potacci!
- Sempiezze!
- Non fate negrigure!

Questi i coloriti rimbrotti che l'austero prof. Giuseppe Levi
rivolgeva ai suoi cunque turbolenti figli, quando questi si
comportavano in modo giudicato inadeguato.

La periodica rilettura di questo splendido romanzo- ma anche
biografia di una grande famiglia italiana -divertendomi, mi riempie ogni volta anche di una grande malinconia, per quel mondo scomparso.

Nella casa di Torino dove viveva la famiglia Levi, la figura del professore, scienziato e direttore dell'Istituto di Anatomia Umana, giganteggiava e si imponeva in tutti i sensi, con austera severità, con il suo lessico estroso e colorito.

- Cos'ha Terni con Mario e Paola da ciuciottare? - diceva mio padre a mia madre. - Stanno sempre li in un angolo a ciuciottare. Cosa sono tutti questi fufignezzi?
I fufignezzi erano, per mio padre, i segreti: e non tollerava veder la gente assorta a parlare, e non sapere cosa si dicevano.
- Parleranno di Proust, - gli diceva mia madre.
Mia madre aveva letto Proust, e lei pure, come Terni e la Paola, lo amava moltissimo; e raccontò a mio padre che era, questo Proust, uno che voleva tanto bene alla sua mamma e alla sua nonna; e aveva l'asma, e non poteva mai dormire; e siccome non sopportava i rumori, aveva foderato di sughero le pareti della sua stanza.
Disse mio padre:
- Doveva essere un tanghero.
Antifascisti più per inclinazione morale che per scelta politica, ospitarono Filippo Turati - di cui erano buoni amici - in transito clandestino a Torino, prima della fuga a Parigi.

Natalia Levi con il marito Leone Ginzburg


Natalia Ginzburg - che ha adottato il nome del marito Leone Ginzburg (1909-1944), (morto a Regina Coeli nel 1944, torturato dai nazisti), racconta con leggerezza e ironia, ma anche estremo pudore, gli anni difficili del periodo fascista e delle leggi raziali, dando maggiore spazio alle belle frequentazioni della famiglia con i maggiori intellettuali italiani, che alle difficoltà che la famiglia dovette subire a causa del fascismo.

Un libro che si legge avidamente, e che lascia al termine, come tutti i grandi romanzi, un senso di nostalgia per quei personaggi a cui così facilmente ci si affeziona.

Premio Strega 1963.

lunedì 3 ottobre 2011

HASSELBLAD HOUSE MAGAZINE - Goteborg Svezia




L'Hasselblad House Magazine è la prestigiosa rivista fotografica della nota casa svedese si Goteborg - quattro numeri ogni anno, fuori commercio e destinata a fotografi, grafici e operatori del settore per abbonamento, edita in quattro lingue: svedese, tedesco e giapponese, cioè i tre paesi leader nel settore fotografico e inglese per tutti gli altri.


Fin dal primo impatto visivo richiama la caratteristica fondamentale della camera fotografica Hasselblad e cioè il formato quadrato, quello che meglio sfrutta le caratteristiche dell'ottica fotografica.




Ogni numero della rivista è dedicata a tre-quattro fotografi di livello internazionale, di solito con specializzazioni diverse, ma tutti rigorosamente devoti al culto del formato 6x6, e naturalmente utilizzatori del sistema Hasselblad.

AA.VV. - 40 volumi - IL CASTORO CINEMA - l'Unità/Il Castoro - 1995

C'è stato un tempo felice nel quale Walter Veltroni dirigeva l'Unità, non si inventava partiti e non spaccava coalizioni, cioè faceva una cosa che sapeva fare bene e, infatti, nell'intento di dare maggiore spazio alla cultura nel giornale che dirigeva, creò l'Unità 2, tutto dedicato alla cultura.
Finalmente! Volendo, si poteva buttare la prima parte del giornale e concentrarsi su l'Unità 2, senza politica e politichese.

Com'è noto la passione di Veltroni è il cinema, e ne scriveva ovunque fosse possibile, ricordo in particolare le sue recensioni su una rivista.



















Nel 1995, da direttore dell'Unità, fece un accordo con l'Editrice Castoro di Milano per pubblicare, fuori commercio e destinato ai soli lettori dell'Unità, la collana Il Castoro cinema, prestigiosa collana diretta da Fernando di Giammatteo.

In totale 40 agili volumetti dedicati ai più grandi registi del cinema di tutti i tempi, curati dai maggiori esperti di cinema, volumi ben strutturati, con in apertura una serie di dichiarazioni dell'autore, riprese da intervuste, un'analisi dell'opera complessiva, biografia, filmografia completa con il cast di ogni film diretto.

Un utile strumento di informazione per gli appassionati della settima arte.