giovedì 31 dicembre 2009

UN LIBRO SALVATO

A volte i libri seguono un percorso insolito per arrivare fino a noi ed essere letti. Questo volumetto di Francesco Gabrielli, di quelli a cui vanno tagliati i quinterni per separare le pagine, si è fatto trovare vicino un cassonetto, messo li da qualcuno che stava ripulendo una casa e voleva  disfarsene, ma, per una forma di rispetto se non  verso il libro sicuramente verso il vecchio proprietario, non gettarlo tra i rifiuti, quasi sperando  che fosse trovato e salvato dall'oblio e dalla distruzione.  L'ho dunque raccolto e letto con curiosità. Già dal titolo prometteva qualcosa di insolito: L'arabista petulante. Conoscevo di fama Gabrielli come italianista, studioso del Petrarca, avevo da anni grande ammirazione per la casa editrice Ricciardi (una delle più belle e complete storie della letteratura italiana, di grande formato, che negli '60 distribuiva la Mondadori).
All'interno del libro che cominciai a sfogliare con vero interesse, trovai questo ritaglio   dove l'originario proprietario del libro decideva l'acquisto, avendone letto sul Corriere del 23 nov.1972, come annota a penna. E a fianco, a penna rossa, scrive: prenderlo e subito e poi: leggere - rivedere gli appunti  e più sotto: scrivergli - scollature. Poi evidenziati in rosso alcune frasi,  dove Carlo Laurenzi - il giornalista del Corriere - scrive: L'uomo, nella pienezza del suo ardore etico, è deluso da un mondo che non intendiamo più. La sua città natale, Roma, è caotica e affranta, sebbene "qualche inatteso spiraglio, per favori di tempi e luoghi e occasioni, ci permette di riscoprire un lampo superstite di antica bellezza". Ancora, nella colonna a fianco, il nostro misterioso chiosatore, cerchia in rosso "Dolores", che è il nome della missione fondata da fra Ginepro Serra nel 1776, l'anno stesso della dichiarazione d'indipendenza e che Gabrielli visita in San Francisco di California.
Nel capitoletto intitolato Riscoperta di Roma, laddove Gabrielli lamenta di non riconoscere la Roma di trenta o quarant'anni addietro, mentre quella più antica di fine Ottocento dice di contemplarla negli album di Silvio Negri e nei ricordi di Manfredi Porena, quest'ultima frase è cerchiata con la solita penna rossa. Il capitolo chiude così: Roma va riscoperta e riamata, in fuggevoli e spesso imprevedibili avventure. Io vi ho detto qualcuna delle mie; se a voi ne capita qualche altra simile, non mancate di comunicarmela. E il chiosatore con la penna rossa, aggiunge scettico: dice davvero? Ma che! 


Un libro trovato vicino un cassonetto, quante cose ancora può suggerirci!

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