Che si tratti di un testo agiografico ? il dubbio sorge fin dall'inizio della lettura di questo poderoso - oltre 380 pagine - tardivo racconto degli ultimi dieci anni della vita Marcel Proust, da parte di quella Céleste,
Céleste Albaret |
governante, segretaria, ma sopratutto confidente, che gli fu accanto durante gli anni della stesura della sua opera. Ma chere Céleste, come la chiamava Proust.
I toni, come si vede, sono quelli del culto della personalità. Che Céleste fosse una giovane donna, affascinata dalla personalità di Marcel Proust, è abbastanza verosimile e comprensibile: lei una contadinotta, appena sposata, mai uscita dal suo paese, si ritrova ad essere nell'elegante Parigi, tra intellettuali e nobildonne, la guardiana della tranquillità di questo affabile signore, elegante, sensibile, delicato, erudito ma semplice, comprensivo, bisognoso di cure e attenzioni. Quanto basta per far emergere nella giovane donna quell'istinto materno, di protezione del cucciolo, quella forma di innamoramento che, escludendo la sfera sessuale, si palesa con la dedizione assoluta.
Il problema che si pone è però un altro: quanto la dedizione a Monsieur Proust possa averne influenzato il ritratto che Céleste compone in questo interessante libro di memorie.
Céleste Albaret fin dai primi giorni, dopo la morte di Proust nel 1922, fu assediata da giornalisti e studiosi, che cercavano di ottenere da lei notizie, testimonianze, ricordi. Céleste oppose sempre un netto rifiuto, considerando una forma di tradimento svelare gli aspetti privati dell'uomo che l'aveva eletta sua confidente privilegiata.
Nell'introduzione al volume, Georges Belmont, che ha raccolto la testimonianza di Céleste, chiarisce:
In un capitolo pudicamente intitolato Altri amori, Cèleste nega decisamente la presunta omosessualità di Marcel Proust, né lei né Odilon - suo marito, l'autista che lo portava in giro per Parigi - ne hanno mai avuto il sospetto. Degli amici che frequentava, Céleste scrive:
A proposito di Alfred Agostinelli, scrive:
Tornerò su questo argomento quanto prima, quando parlerò del libro di Pietro Citati La colomba pugnalata, dove ho trovato, a fianco di approfondite analisi dei rapporti famigliari, delle enfatizzazioni di alcuni fatti e personaggi che non sembrano molto verosimili.
Interessante l'aneddoto - già conosciuto - riguardante l'esibizione del quartetto Poulet nella casa di rue Hamelin, dove, solo per lui, fu eseguito il quartetto per archi di César Frank, che servivà a Proust per approfondire il personaggio e la musica di Vinteuil.
La prima parte del quartetto si può ascoltare a questo indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=B6ZUl9COvUU
Sono state scritte migliaia di pagine su Marcel Proust, molte inessenziali ai fini dell'approfondimento della sua opera, che è, e rimane, una delle più grandi costruzioni letterarie dei tempi moderni; queste di Céleste le ho trovate semplici e accativanti e danno dell'uomo Proust un'immagine più vicina a quella che se ne ricava con la lettura di A la recherche du temps perdu.
Dieci anni non sono poi tanti. Ma era Marcel Proust, e quei dieci anni da lui, con lui, sono tutta una vita, e ringrazio la sorte d'avermela data, perché una vita più bella non avrei potuto desiderarla. Ma fino a che punto lo fosse, di questo non mi rendevo conto allora. Vivevo come sempre ed ero contenta di essere lì. Quando glielo dicevo, mi puntava addosso quel suo sguardo scrutatore, punzecchiante e gentile al tempo stesso, e replicava: "Su, su, cara Celeste, star sempre qui, la notte, con un malato, deve essere molto triste". E io protestavo. Lui si divertiva, ma assai prima di me aveva capito cosa rappresentasse per me quell'esistenza. Difficile spiegarlo. Erano il suo fascino, il suo sorriso, il suo modo di parlare, con la sua piccola mano contro la guancia. Dava il tono di una canzone. Quando la vita s'è fermata per lui, s'è fermata anche per me. Ma la canzone è rimasta.
I toni, come si vede, sono quelli del culto della personalità. Che Céleste fosse una giovane donna, affascinata dalla personalità di Marcel Proust, è abbastanza verosimile e comprensibile: lei una contadinotta, appena sposata, mai uscita dal suo paese, si ritrova ad essere nell'elegante Parigi, tra intellettuali e nobildonne, la guardiana della tranquillità di questo affabile signore, elegante, sensibile, delicato, erudito ma semplice, comprensivo, bisognoso di cure e attenzioni. Quanto basta per far emergere nella giovane donna quell'istinto materno, di protezione del cucciolo, quella forma di innamoramento che, escludendo la sfera sessuale, si palesa con la dedizione assoluta.
Il problema che si pone è però un altro: quanto la dedizione a Monsieur Proust possa averne influenzato il ritratto che Céleste compone in questo interessante libro di memorie.
Céleste Albaret fin dai primi giorni, dopo la morte di Proust nel 1922, fu assediata da giornalisti e studiosi, che cercavano di ottenere da lei notizie, testimonianze, ricordi. Céleste oppose sempre un netto rifiuto, considerando una forma di tradimento svelare gli aspetti privati dell'uomo che l'aveva eletta sua confidente privilegiata.
Nell'introduzione al volume, Georges Belmont, che ha raccolto la testimonianza di Céleste, chiarisce:
Se ora, a ottantadue anni, ha mutato parere è perché ha ritenuto che altri, meno scrupolosi, avessero tradito Marcel Proust, sia perché non disponevano delle sue fonti di verità, sia per eccesso di fantasia o per la tentazione di erigere a tesi le loro piccole, "interessanti" (o interessate) ipotesi.
Quanto a me, affermo che non avrei accettato di farmi l'eco di Madame Alberet se dopo alcune settimane - sui cinque mesi che durarono le nostre conversazioni - non mi fossi convinto della sua assoluta sincerità.Di tutti i fatti narrati da Céleste - molti già noti perché a queste memorie, che sono del 1973, hanno attinto tutti coloro che hanno scritto biografie di Proust, a cominciare dal nostro Pietro Citati in La colomba pugnalata - l'unica notizia sarebbe quella riguardanti le abitudini sessuali di Proust.
In un capitolo pudicamente intitolato Altri amori, Cèleste nega decisamente la presunta omosessualità di Marcel Proust, né lei né Odilon - suo marito, l'autista che lo portava in giro per Parigi - ne hanno mai avuto il sospetto. Degli amici che frequentava, Céleste scrive:
Uno solo era diverso: un giovane inglese, amico di un certo Goldsmith o Goldschmidt, il quale era ricchissimo e perseguitava Monsieur Proust con inviti a pranzo. A Monsieur Proust non piaceva andarci: mi diceva che era noioso e che perdeva tempo a frequentarlo. D'altra parte, però - ed è appunto la prova che non si faceva scrupolo a parlarmene - non mi nascondeva che Monsieur era "dalla parte di Sodoma".
A proposito di Alfred Agostinelli, scrive:
Romanzi d'ogni specie si sono imbastiti sul dolore di Monsieur Proust per quella morte e sui sentimenti che aveva, o avrebbe avuto, per Agostinelli. Alcuni cervelli, grandi o piccoli, non so dirlo, hanno perfino sentenziato che era lui, Agostinelli, almeno in parte, l'Albertine di cui il Narratore era innamorato. Il che, a mio avviso, è ridicolo. Anzitutto, Albertine esisteva molto prima di Agostinelli, sia nella mente che nei quaderni di Monsieur Proust; e poi, dal modo in cui Monsieur Proust mi parlava di lui, sono convinta che con Agostinelli le cose andarono, in seguito, come con Henri Rochat.
E così per ogni personaggio che è stato accreditato di una relazione con Monsieur Proust, la fedele Céleste trova le motivazioni per confutarne le implicazioni immorali.
Tornerò su questo argomento quanto prima, quando parlerò del libro di Pietro Citati La colomba pugnalata, dove ho trovato, a fianco di approfondite analisi dei rapporti famigliari, delle enfatizzazioni di alcuni fatti e personaggi che non sembrano molto verosimili.
Interessante l'aneddoto - già conosciuto - riguardante l'esibizione del quartetto Poulet nella casa di rue Hamelin, dove, solo per lui, fu eseguito il quartetto per archi di César Frank, che servivà a Proust per approfondire il personaggio e la musica di Vinteuil.
La prima parte del quartetto si può ascoltare a questo indirizzo:
http://www.youtube.com/watch?v=B6ZUl9COvUU
Sono state scritte migliaia di pagine su Marcel Proust, molte inessenziali ai fini dell'approfondimento della sua opera, che è, e rimane, una delle più grandi costruzioni letterarie dei tempi moderni; queste di Céleste le ho trovate semplici e accativanti e danno dell'uomo Proust un'immagine più vicina a quella che se ne ricava con la lettura di A la recherche du temps perdu.
a me è piaciuto molto proprio per lo stampo "non ufficiale" che hanno queste pagine. i dettagli, quello che mangiava, il numero di telefono. la povera vita di monsieur che non si trova nella recherche.
RispondiEliminasaluti
dd.
Grazie del commento Dida, anche a me è piaciuto moltissimo il tono familiare con cui Céleste parla di monsieur, a noi appassionati ce lo rende ancora più caro.
RispondiElimina