Il 1925, l'anno di pubblicazione di Ossi di seppia è un anno gravido di funesti presagi per l'Italia: Mussolini si assume la responsabilità politica dell'uccisione di Giacomo Matteotti e impone una svolta decisiva al regime dittatoriale; nel paese si verificano arresti di massa, giornali come la Stampa e il Popolo subiscono continui sequestri e sospensioni; viene pubblicato il Manifesto degli intellettuali fascisti (firmato da nomi che è imbarazzante oggi rileggere); nello stesso anno viene pubblicato il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce su sollecitazione di Giovanni Amendola, firmato da persone che oggi sarebbe giusto onorare, tra questi il giovane Eugenio Montale.
Ossi di seppia viene pubblicato, non a caso, nelle edizioni di Rivoluzione Liberale di Piero Gobetti, in un momento cruciale della vita politica e civile italiana, elemento da considerare leggendo questi versi, che affermano l'impossibilità del poeta di trasmettere certezze, ma anche l'intrensigenza etica che fu peculiare dell'ambiente gobettiano e dell'antifascismo.
Di Ossi di seppia prediligo, ma è difficile affermarlo per un così intenso libro di poesia, la sezione Mediterraneo, dove il poeta dialogando direttamente con il mare rimpiange la pochezza del suo linguaggio, che dispone solo di parole.
Non chiederci la parola che squadri da ogni latol'animo nostro informe, e a lettere di fuocolo dichiari e risplenda come un crocoperduto in mezzo a un polveroso prato.Ah l'uomo che se ne va sicuro,agli altri ed a se stesso amico,e l'ombra sua non cura che la canicolastampa sopra uno scalcinato muro!Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Di Ossi di seppia prediligo, ma è difficile affermarlo per un così intenso libro di poesia, la sezione Mediterraneo, dove il poeta dialogando direttamente con il mare rimpiange la pochezza del suo linguaggio, che dispone solo di parole.
Potessi almeno costringerin questo mio ritmo stentoqualche poco del tuo vaneggiamento;dato mi fosse accordarealle tue voci il mio balbo parlare: -io che sognava rapirtile salmastre parolein cui natura ed arte si confondono,per gridare meglio la mia malinconiadi fanciullo invecchiato che non doveva pensare.Ed invece non ho che le lettere frustedei dizionari, e l'oscuravoce che amore detta s'affioca,si fa lamentosa letteratura.Non ho che queste paroleche come donne pubblicates'offrono a chi le richiede:non ho che queste frasi stancateche potranno rubarmi anche domanigli studenti canaglie in versi veri.Ed il tuo rombo cresce, e si dilataazzurra l'ombra nuova.M'abbandonano a prova i miei pensieri.Sensi non ho; né senso. Non ho limite.
La precarietà della vita, la casualità degli accadimenti, l'insensatezza
dell'esistenza è espressa in questa angosciante lirica, dove l'orrenda discesa fino al vallo estremo prefigura la perdita del ricordo del mattino, della memoria del sole e il tintinnare delle rime che cadono dalla mente. L'unica salvezza indicata sembra essere un'ideale osmosi con il linguaggio del mare, da condividere con fraterno cuore in grado di capire.
Consiglio la lettura assidua di questo libro, farne il proprio livre de chevet, perché i significati possano disvelarsi compiutamente e rivelare tutto il loro potenziale filosofico e poetico.
In questo link è possibile prendere visione dei due Manifesti, quello fascista di Giovanni Gentile e quello antifascista di Benetto Croce, con l'elenco degli intellettuali firmatari:
http://www.maat.it/livello2/fascismo-manifesto.htm
Noi non sappiamo quale sortiremodomani, oscuro o lieto;forse il nostro camminoa non tòcche radure ci addurràdove mormori eterna acqua di giovinezza;o sarà forse un discenderefino al vallo estremo,nel buio, perso il ricordo del mattino.Ancora terre stranierefiorse ci accoglieranno: smarriremola memoria del sole, dalla menteci cadrà il tintinnare delle rime.Oh la favola onde s'esprimela nostra vita, repenteci cangerà nella cupa storia che non si racconta!Pur di una cosa ci affidi,padre, e questa è: che un poco del tuo donosia passato per sempre nelle sillabeche rechiamo con noi, api ronzanti.Lontani andremo e serberemo un'ecodella tua voce, come si ricordadel sole l'erba grigianelle corti scurite, tra le case.E un giorno queste parole senza rumoreche teco educammo nutritedi stanchezze e di silenzi,parranno a un fraterno cuoresapide di sale greco.
Consiglio la lettura assidua di questo libro, farne il proprio livre de chevet, perché i significati possano disvelarsi compiutamente e rivelare tutto il loro potenziale filosofico e poetico.
In questo link è possibile prendere visione dei due Manifesti, quello fascista di Giovanni Gentile e quello antifascista di Benetto Croce, con l'elenco degli intellettuali firmatari:
http://www.maat.it/livello2/fascismo-manifesto.htm
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