C'è una dichiarazione di Kerouac, che, secondo me, è un indizio eloquente per valutare complessivamente la sua opera, dice infatti nel 1962:
« La mia opera forma un unico grosso libro come quella di Proust, soltanto che i miei ricordi sono scritti di volta in volta. A causa delle obiezioni dei miei primi editori non ho potuto servirmi degli stessi nomi di persona in ogni libro. [...] non sono che capitoli dell'intera opera ch'io chiamo La Leggenda di Duluoz[...] veduta attraverso gli occhi del povero Ti Jean (io), altrimenti noto come Jack Duluoz »
Keruoac come Proust, dunque, un'unica lunga narrazione della sua fatica di vivere. Gli editori non lo apprezzarono abbastanza e lo pubblicarono non tanto perché credevano nel valore letterario delle sue opere, quanto perché di moda il movimento beatnik che lui raccontava. Per questo la sua aspirazione di riunire tutti i suoi romanzi in un'opera unica, con gli stessi personaggi, a somiglianza della recherche proustiana, non venne realizzata.
Henry Miller ha trovato in Kerouac l'autentica incarnazione di quanto profetizzato da un suo personaggio (in Tropico del Cancro) il quale dice, a proposito del libro che intende scrivere: "Mi stenderò sul tavolo operatorio, e metterò in mostra le budella". E' esattamente quello che Kerouac compie scrivendo e vivendo, scrivendo come vive e vivendo come scrive, fino alla prevedibile fine.
Dalla prefazione che Henry Miller scrisse per l'edizione Feltrinelli di I Sotterranei del 1960, nella collana Le Comete:
Jack Kerouac ha violentato a tal punto la nostra immacolata prosa, che essa non potrà più rifarsi una verginità. Appassionato cultore della lingue, Kerouac sa come usarla. Da virtuoso nato qual è, egli si compiace di sfidare le leggi e le convenzioni dell'espressione letteraria ricorrendo ad una comunicazione rattratta scabra liberissima tra scrittore e lettore.
Questa edizione dell'Universale Economica, tradotta da un Anonimo di cui non sono riuscito a risalire all'identità, è arricchita dalla presentazione di Miller e un'Introduzione di Fernanda Pivano, che è un saggio sull'opera di Kerouac e un minuzioso esame del suo linguaggio, della struttura jazzistica del suo stile.
Scrive Fernanda Pivano:
Non è uno scrittore di idee: le sue idee si sono concentrate e manifestate nello sforzo di individuare e ricreare il costume descritto; la sua qualità non va ricercata nel pensiero, ma nell'intensità emotiva. Che dipende dalla sua lingua, dal suo linguaggio, dal suo stile jazzistico, o che dipenda semplicemente da un suo vigore espressivo, sta il fatto che la vita e le immagini evocate da Kerouac sono dense e vibranti come in pochi scrittori della storia letteraria americana.
Questo l'Incipit :
Ero una volta giovane e aggiornato e lucido e sapevo parlare di tutto con nervosa intelligenza e con chiarezza e senza far tanti retorici preamboli come faccio ora; in altre parole questa è la storia di uno sfiduciato che non è più padrone di se e insieme la storia di un egomaniaco, per costituzione e non per facezia - questo tanto per cominciare dal principio con ordine ed enucleare la verità, perché è proprio questo che voglio fare. - Cominciò una calda notte d'estate, si, con lei seduta su un parafango quando Julien Alexander che sarebbe..... Ma cominciamo dalla storia dei sotterranei di San Francisco.
E' la storia del tormentato rapporto tra l'autore, Leo Percepied, e Mardou, bellissima mezzosangue - madre nera e padre cheroke, perennemente in giro per i locali di San Francisco, dove si fa jazz, tra giovani scrittori beat, poeti e perditempo, tra sogni di redenzione e distruttive sbornie.
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