venerdì 30 novembre 2012

Fernanda Pivano - COS'E' PIU' LA VIRTU' - Rusconi 1986 - £ 18.000



La biografia di Fernanda Pivano (1917-2009) è un corposo episodio della storia culturale italiana e la sua vita sembra una sceneggiatura scritta per Hollywood.

 In attesa di leggere i suoi Diari (due volumi dei Classici Bompiani del 2008 e 2010) per approfondire questa familiarità che sento nei suoi confronti, apprendo dal web che nasce a Genova da una famiglia che lei definisce vittoriana; il padre, Riccardo, è un miliardario colto e illuminato proprietario di una banca, il nonno è il fondatore della Berlitz School, la madre è la bellissima Mary Smallwood. E' compagna di classe al ginnasio di Primo Levi, nella stessa scuola frequentata da Gianni Agnelli, come supplente di italiano ha Cesare Pavese; nel 1940 si diploma al Coonservatorio di Torino in pianoforte, nel 1941 si laurea in lettere con una tesi su Moby Dick, nel 1943 si laurea in filosofia sotto la guida di Nicola Abbagnano.

 Una ragazza favorita dalla lotteria della vita, per condizioni familiari e ambientali, ma sicuramente con una forte determinazione a realizzarsi, studiando e lavorando sodo, come una volta era usuale.

Figura di rilievo nella scena culturale italiana per il suo contributo alla divulgazione della letteratura americana attraverso le sue traduzioni, saggi, articoli, antologie e opere biografiche, per la prima volta si cimenta con il romanzo, questo  Cos'è più la virtù, scintillante e lieve come un'aria d'opera e a un tempo profondamente vissuto, quasi una lunga confessione, come recita puntualmente la seconda di copertina.

Si tratta di una divertente e divertita serie di episodi - storie quasi d'amore -  nelle quali la protagonista, che somiglia come una goccia d'acqua alla narratrice, si trova coinvolta da corteggiatori, dai più raffinati ai più grossolani, che cercano in tutti i modi  di portarsela a letto.

Vincerà la virtù che è un valore appreso fin da bambina e che le lotte di emancipazione sessuale dal '68 in poi non hanno scalfito.

Dall'assidua frequentazione con i grandi e grandissimi della letteratura americana, ha ricevuto la capacità  di tessere la narrazione con dialoghi scoppientanti che rendono la lettura estremamente godibile.

Confessa la protagonista nelle ultime pagine:
Non invidio le donne belle, perché sono stata bella anch'io. Non invidio le donne ricche, perché sono stata ricca anch'io. Non invidio le donne amate, perché sono stata amata anch'io, tanto, tantissimo. Ma sapessi quanto invidio le puttane.


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